2020-02-18
Torna don Camillo: «Se non collaborano, politici cattolici e Chiesa spariscono»
Il cardinale Camillo Ruini dialoga con il senatore Gaetano Quagliariello in un nuovo volume: «Il risultato, purtroppo, è l'irrilevanza».Camillo Ruini - «L'unità politica dei cattolici si determinò in un preciso contesto storico, con una Chiesa che aveva una presenza capillare e un'unità interna e disciplinare che ora non c'è per nulla. La rilevanza pubblica oggi deve essere perseguita attraverso la convergenza dei cattolici sui valori fondamentali». Gaetano Quagliariello - «La suggestione di un partito cattolico periodicamente si riaffaccia: è avvenuto anche in tempi recenti, quando sembrava che fossero in preparazione a più riprese iniziative di orientamento dossettiano, apertamente appoggiate da una parte delle massime gerarchie. Fin qui i tentativi di questo tipo sono finiti prima ancora che il progetto politico prendesse forma, e anche in questo caso credo che sia stato un bene. […] Se sotto l'egida di una sensibilità oggi molto diffusa nelle alte gerarchie si fosse costituito, con una scelta anacronistica, un soggetto politico vocato alle tematiche sociali e immigrazioniste e per certi versi aperto anche ai cosiddetti “nuovi diritti", ciò avrebbe stimolato iniziative speculari nel campo opposto - quello dei cattolici più attenti alla “questione antropologica" e ai principi non negoziabili -, facendo della politica attiva un elemento di ulteriore divisione della Chiesa in un momento nel quale mi pare che di divisioni ce ne siano già abbastanza».PRINCIPI NON NEGOZIABILICR - «Un passaggio molto importante nel rapporto tra religione e politica in Italia si è consumato nel 1995, quando Giovanni Paolo II, da Palermo, chiarì che la Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, ma che ciò non legittima una “diaspora" culturale dei cattolici - un ritenere cioè ogni idea o visione della vita compatibile con la fede - e nemmeno una facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongano o non prestino sufficiente attenzione ai principi e contenuti qualificanti della dottrina sociale della Chiesa. Non dunque una scelta “partitica" ma una scelta da compiersi valutando i modi in cui vengono accolti o non accolti in concreto, nell'agire delle varie forze in campo, quei valori e contenuti antropologici, etici e sociali che sono essenziali per il bene della persona, della famiglia e della società e che fanno parte dell'insegnamento cristiano ma anche della realtà, a tutti comune, del nostro essere di uomini».GQ - «Eminenza, se il primato spetta ai contenuti, quali sono oggi i contenuti sui quali il giudizio dei cattolici dovrebbe orientarsi? Non credo che il bene comune possa essere un paniere contenente valori equivalenti tra cui scegliere a piacimento. Né mi sembra plausibile una gerarchizzazione che anteponga la questione sociale ai cosiddetti principi non negoziabili».CR - «[…] Sono il più possibile da evitare indebite selezioni tra i valori dell'etica e della dottrina sociale cristiana. Lo stesso Benedetto XVI, nei primi anni del nuovo secolo, ci ha invitato a più riprese a superare false e pericolose divisioni, o addirittura contrapposizioni tra i diversi piani dell'etica. Allo stesso tempo, bisogna prendere atto di come la questione antropologica, affiancatasi alle questioni politico-istituzionale e sociale che hanno marcato le vicende storiche dell'Occidente per oltre due secoli, sia destinata a diventare sempre più acuta e pervasiva, chiamando in causa in maniera quanto mai diretta la fede cristiana, con la concezione dell'uomo, l'etica e gli orientamenti di vita di cui essa è portatrice. […] I principi non negoziabili, insomma, sono tali perché se si viene meno rispetto a essi si compromette l'umanità della persona». GQ - «[Oggi la] Chiesa sembra aver abdicato al suo ruolo in campo antropologico al punto da mettere in discussione il legame inscindibile tra cristianesimo e diritto naturale […]».CR - «Non si può negare che da qualche anno si sia allentata la collaborazione tra i cattolici che operano in politica e il “mondo cattolico" nel suo complesso, e diciamo pure la Chiesa e la sua gerarchia. C'è chi vede in questo uno sviluppo positivo, perché verrebbero valorizzate l'autonomia e la responsabilità proprie dei laici. In realtà, però, i politici cattolici vengono a trovarsi isolati e privi del loro retroterra, mentre il mondo cattolico e la stessa gerarchia rischiano di abdicare a quello che è un loro preciso dovere, prima che un diritto; di rinunciare, cioè, a testimoniare con forza e chiarezza la verità umana e cristiana in materia di etica pubblica. Il risultato, purtroppo, è l'irrilevanza […]». NO ALLE FOLLIE DI GRETACR - «[…] Si fa strada una concezione puramente naturalistica o materialistica dell'essere umano, che sopprime ogni vera differenza qualitativa tra noi e il resto della natura. […] La grande rivendicazione di oggi riguarda la libertà di fare ciò che si vuole, rifiutando qualsiasi vincolo esterno, compresa l'autorità di Dio. Ma, mentre rivendica la libertà da vincoli esterni, la cultura contemporanea nega la libertà interna, cioè la capacità di scegliere in un senso o nell'altro, o anche di non scegliere affatto, quando siano state poste tutte le condizioni richieste per una scelta. È questa la libertà che distingue l'uomo dal resto della natura, caratterizzata dal caso e dalla necessità. Il suo fondamento non può dunque essere la natura, ma una libertà creatrice, la libertà di Dio autore dell'uomo e della natura. Se mancasse la libertà interiore, la libertà esteriore sarebbe soltanto un'illusione. […] Quando non siamo più d'accordo su cos'è l'uomo, quando viene meno lo specifico umano, si aprono le porte al nichilismo che nasce, come ha ben spiegato Federico Nietzsche, con la “morte di Dio" […]». GQ - «Eminenza, non vorrei compiere un salto concettuale troppo ardito, ma mi sembra che il discorso sulla riduzione della specificità umana evidenzi una ulteriore contraddizione del nostro tempo: proprio mentre si nega il dato naturale dell'antropologia si esalta l'ideologia ambientalista, ribaltando il nesso tra il fine e lo strumento di cui alla formula kantiana da lei citata […]».CR - «Rispettare l'ambiente è certamente importante. Altrettanto importante, tuttavia, è non farne una ideologia assolutistica. In questo senso, per quanto riguarda il nostro Paese, nutro ragioni di speranza: gli italiani hanno più volte dimostrato di essere disponibili a lasciarsi coinvolgere rispetto a talune problematiche, ma di prendere distanza nel momento in cui si scivola nelle esagerazioni e negli estremismi che finiscono per negare le stesse ragioni che si vorrebbero avanzare […]». l'ideologia gender CR - «Dico subito che il mio giudizio [sulle unioni civili] è decisamente negativo. Equiparare di fatto al matrimonio le unioni tra persone dello stesso sesso significa stravolgere parametri fondamentali, a livello biologico, psicologico, etico, che fino a pochi anni fa tutti i popoli e tutte le culture hanno rispettato. Si tratta di un problema gravissimo, in generale per l'umanità, e nel caso specifico per l'Italia. È anche un problema per la Chiesa, per il semplice motivo che la Chiesa non può disinteressarsi del bene delle persone. […] Temo che non ci sarà bisogno di attendere molto per qualche pronunciamento europeo che, a parte il nome, parifichi del tutto le unioni civili al matrimonio. Alcuni sostenitori della proposta divenuta legge hanno fin dall'inizio manifestato apertamente di puntare a questo traguardo. Si tratta di un disegno che presuppone un «diritto al figlio», ma un tale diritto non può esistere, perché il figlio è una persona e come tale non è disponibile […]». CR - «La questione dei matrimoni omosessuali rientra nel problema più vasto della concezione che abbiamo dell'uomo, cioè di cosa sia la persona umana e di come vada trattata. Un aspetto molto rilevante del nostro essere, come già accennato in precedenza, è che siamo strutturati secondo la differenza sessuale, di uomo e di donna. […] Negli ultimi decenni si è fatta strada una posizione diversa, […] è la teoria del gender, ormai diffusa a livello internazionale, nella cultura, nelle leggi e nelle istituzioni. Si tratta però di un'illusione, anche se condivisa da molti: la nostra libertà, infatti, è radicata nella realtà del nostro essere e quando va contro di essa diventa distruttiva, anzitutto di noi stessi. Ci illudiamo se riteniamo di poter cancellare la natura con una nostra decisione personale o collettiva […]».
Palazzo Justus Lipsius a Bruxelles, sede del Consiglio europeo (Ansa)
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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