2020-12-13
Tormento del colore e bellezza della luce. Le sfide di Monet il pittore giardiniere
Il maestro dell'Impressionismo ha ritratto alberi per l'intero arco della vita. Oltre duecento le sue opere con piante e fiori.Ogni volta che torno a Parigi mi cucio mezza giornata per tornare all'Orangerie. Appartiene a quella che potrei definire un'abitudine deliziosa, sublime, attraversare i giardini delle Tuileries, voluti come sappiamo dalla nostra Caterina dei Medici, nel 1564 e successivamente ridisegnati e ampliati. La visita al Louvre, che sta da una parte dei giardini, occupa quantomeno un'intera e faticosa giornata. Si passeggia strascicando le suole e si getta il naso all'insù, investigando le cabine della ruota panoramica. Quindi ci si avvia all'edificio basso e allungato delle Orangerie, un tempo citroniera, ospizio delle piante sensibili al gelo dell'inverno dei giardini del Palazzo delle Tuileries, devastato da un incendio nel 1871 e alfine abbattuto.All'Orangerie, in due suggestive sale ovali, sono esposti i dipinti del ciclo delle Nymphéas, ninfee, realizzate da un anziano Claude Monet (1840-1926) fra il 1920 e il 1923, esposti al pubblico dal maggio 1927. Il ciclo inizia molto prima, esattamente nel 1883 quando Monet acquista un'abitazione nelle campagne francesi, nel piccolo comune di Giverny, dove fa installare degli stagni artificiali che adorna di ninfee e di altre piante, quali salici piangenti, rose, glicini, iris e, che nel corso del tempo, finiscono per abbandonare i propri rami ondulanti sulle acque. Lo spettacolo del cambio di luce e d'intensità dei colori è il fuoco della pittura degli impressionisti e ovviamente dello stesso Monet, che tenterà di catturarne la magia in diverse opere, sebbene ne resti spesso insoddisfatto. Iniziando ad uscire dagli studi e migrando nelle campagne assieme ai cavalletti e ai colori in tubetto, invenzione quest'ultima tanto elementare quanto insostituibile, poiché ha concesso agli impressionisti quell'agio che per le precedenti generazioni di artisti era scarsamente praticabile, se non addirittura impensabile. Quando si mette piede nella prima delle due sale ovali dell'Orangerie sembra davvero impossibile, inattuale, che il pittore dalla lunga barba bianca potesse nutrire dubbi sulla qualità del proprio lavoro. Eppure, così attestano cronache e testimonianze. A noi resta la gioia di poterci tornare ogni volta che allunghiamo il passo alla capitale francese.Lo studioso Ralph Skea, nel saggio Monet's Trees (Gli alberi di Monet, editore Thames & Hudson) scrive: «Monet, come molti dei suoi compagni impressionisti, si è sentito chiamato a dipingere i paesaggi fuori porta [en plein air], e nei suoi dipinti di alberi ha usato questo metodo di catturare gli effetti fugaci di luce e condizioni climatiche sul foliage e sulle ramificazioni […] Ogni stagione e le condizioni atmosferiche dominanti portavano nuove opportunità - e sfide - a Monet e la sua ricerca di rappresentare il cambiamento di colori dei boschi, dei campi e dei giardini dove ha scelto di posizionare il cavalletto.» Sebbene Monet ci abbia lasciato molte scene urbane - basti ricordare le tele parigine, londinesi e veneziane, i ritratti, le cattedrali, le stazioni ferroviarie, la Senna, le colazioni sull'erba - egli ha ritratto alberi per l'intero arco della vita; esistono infatti oltre duecento opere che ritraggono alberi, piante, fiori e giardini. Già negli anni Cinquanta inizia a dipingere gli scenari della campagna, dedicandosi ad esempio alle bordure colorate di lillà, o alle forme e alla brillantezza delle sfumature delle vegetazioni dei pioppi, colti sulla riva dell'Epte, tributario della Senna, in un celebre ciclo di ventiquattro opere.Monet si cimenta con le proporzioni secolari della Foresta di Fontainbleau, uno «standard» del pittore moderno francese, che visita a metà degli anni Sessanta, dove ritrae i viali del passeggiatore solitario e i grandi alberi, fra i quali due dendro-ritratti della colossale quercia di Bodmer, nome di un artista svizzero ottocentesco, Karl Bodmer, fra i primi a rappresentarla.Nel 1874 Monet affitta una piccola imbarcazione, dentro la quale allestisce uno studio essenziale, percorrendo per diversi giorni la Senna, osservando quindi la natura dal di dentro, e lasciandocene alcuni schizzi e dipinti. Ma il suo occhi e la sua mano colgono campi di papaveri, l'amatissima costa mediterranea, fra Antibes e la Liguria, i platani che riverberano nelle acque di Argenteuil, i rami snudati in autunno, i salici, le masse arboree avvolte nei blu e nei violacei dell'alba, gli arbusti scossi dal vento, le folte pinete incendiate al tramonto; i campi di fieno sotto cieli vastissimi e tersi, i frutteti, le rose, i glicini e le edere arrampicate sulle facciate delle residenze campestri, i fiori legnosi delle agavi americane. Ossute e scolpite sagome arboree imprigionate nei paesaggi innevati dell'inverno, fra contadini, carretti, tetti, nebbie e campanili solitari. E poi si ritorna alle cascate di foglie e colori che trionfano nell'Eden di Giverny, colti nel variare delle stagioni.In Italia Monet ha dipinto a Bordighera. Vi sono stato svariate volte, anzitutto per ammirare i giardini esotici delle ville signorili, i grandi esemplari di ficus, gli ulivi, le araucarie e le palme. Gli abitanti ancora oggi ricordano con orgoglio la visita di Monet che restò a Villa Moreno, proprietà di un diplomatico, mercante e appassionato collezionista di piante. L'abitazione era circondata da un vasto e lussureggiante giardino, ottanta ettari, che Monet ha dipinto e del quale ci ha lasciato testimonianza scritta: «Un giardino come questo è indescrivibile, è magia pura, tutte le piante del mondo crescono là nella terra e senza sembrar curate; è un groviglio di palme di ogni varietà, di ogni specie di aranci e mandarini.» Alla morte del proprietario la residenza viene venduta e smembrata ed oggi restano piccoli frammenti in ville private. A Villa Schiva, ad esempio, cresce un pino delle Canarie alto trentasei metri, monumentale, piantato nel 1830 e superstite di quel giardino. A Villa Mariani, casa del pittore Pompeo Mariani (1857-1927), riconvertita a museo, c'è un dipinto, Studi di ulivi (1884), realizzato da Monet proprio a Bordighera. Monet ha ritratto anche le grandi palme delle Canarie che decorano la costa italiana, così famosa al tempo e amatissima dal turista britannico, non a caso fra Alassio e Ventimiglia si fecero costruire residenze di svago diversi facoltosi uomini d'affari europei, fra i quali i fratelli Hanbury, Thomas e Daniel, che a La Mortola, sul confine italo-francese, acquistarono una semi abbandonata Villa Orengo che diventerà, nel giro di pochi decenni, uno dei giardini botanici più visitati del continente.