2025-01-10
Toni bassi di Mosca sulla Groenlandia. Il messaggio di Trump è già arrivato
Donald e Melania Trump (Ansa)
Le «sparate» del tycoon erano un avvertimento ai Paesi ostili, a quanto pare andato a segno. E mentre in Ue c’è chi si strappa i capelli, la Meloni non si fa coinvolgere dall’isteria: «Donald parlava ad altri player globali».Le parole di Donald Trump hanno già sortito degli effetti. Ieri, su queste colonne, spiegavamo il senso geopolitico del fatto che il tycoon, martedì, non abbia escluso l’uso della forza per ottenere il controllo del Canale di Panama e della Groenlandia. Ben lungi dall’essere la boutade di uno svitato, quell’affermazione aveva un obiettivo ben preciso: iniziare a ripristinare la capacità di deterrenza statunitense, azzoppata da quattro anni di amministrazione Biden. Trump, in altre parole, ha lanciato un avvertimento indiretto a Cina, Russia e Iran, dicendo loro: «Fate attenzione, sono disposto a tutto». Ed ecco che, specialmente sulla Groenlandia, Trump qualcosa è già riuscito a smuovere sia per quanto riguarda gli avversari sia per quel che concerne gli alleati.Intervenendo sulla questione, ieri Mosca si è mostrata stranamente cauta. «L’Artico è una zona di nostro interesse nazionale e strategico», ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, commentando le affermazioni di Trump sulla Groenlandia. «Stiamo monitorando molto attentamente questo sviluppo piuttosto drammatico della situazione, che, grazie a Dio, è finora al livello di dichiarazioni. Siamo interessati a preservare la pace e la stabilità in questa zona e siamo pronti a collaborare con tutte le parti interessate per raggiungere questa pace e questa stabilità», ha proseguito. Ricordiamo che, oltre a essere ricca di materie prime, la Groenlandia costituisce una porta d’accesso privilegiata all’Artico: quello stesso Artico rispetto a cui il Pentagono, un mese fa, ha denunciato una cooperazione militare sempre più stretta tra Mosca e Pechino. Senza dimenticare che, nel 2023, la Groenlandia - isola che si autogoverna, pur dipendendo dalla Danimarca - aveva aperto un ufficio di rappresentanza in Cina. Non a caso, il Global Times, organo d’informazione legato al Partito comunista cinese, ha enfatizzato l’irritazione dei democratici americani e di alcuni europei per le parole del tycoon. Insomma, un primo obiettivo è stato raggiunto: Pechino e Mosca sono state messe in guardia. Trump vuole essere percepito come imprevedibile e, quindi, pericoloso, per mettere gli avversari sotto pressione. Ebbene, le parole assai caute di Peskov suggeriscono che il tycoon potrebbe essere riuscito nell’intento.E arriviamo al rapporto del presidente americano in pectore con gli alleati europei. Anche qui, qualcosa è riuscito a smuovere. Da una parte, Francia e Germania si sono mostrate significativamente irritate nei confronti del tycoon. «Dobbiamo rispettare l’integrità territoriale e la sovranità della Groenlandia», ha aggiunto, ieri, l’Alto rappresentante europeo per gli Affari esteri, Kaja Kallas. Dall’altra parte, però, non tutta l’Ue ha risposto irrigidendosi. Il ministro degli Esteri danese, Lars Lokke Rasmussen, ha replicato a Trump, dicendo che Copenaghen è «aperta» a dialogare con Washington per rafforzare la cooperazione nell’Artico. Questo vuol dire che il presidente americano in pectore sta riuscendo a convincere la Danimarca a collaborare in modo più significativo con gli Usa in una regione strategica che fa gola a Mosca e Pechino. In secondo luogo, ieri Giorgia Meloni ha interpretato correttamente le parole di Trump su Groenlandia e Panama, evitando così critiche fuori fuoco al tycoon. «Le dichiarazioni di Trump sono più un messaggio ad alcuni altri grandi player globali, piuttosto che rivendicazioni ostili verso quei Paesi», ha detto.Le reazioni della Meloni e di Rasmussen dimostrano che una parte dell’Ue ha compreso la logica soggiacente alle dichiarazioni di Trump. Il suo obiettivo è il ripristino della deterrenza statunitense, all’interno di un quadro internazionale in cui, piaccia o meno, sta tornando in auge la politica di potenza. L’Ue deve scegliere: o seguire Trump nel ripristino della deterrenza occidentale o restare nella solita, pericolosa irrilevanza. Quanto emerge, lo abbiamo visto, è che, come sovente accade, i Paesi europei stanno andando in ordine sparso. E il governo italiano sta giustamente evitando di accodarsi alla linea franco-tedesca: lo dimostrano sia le parole della Meloni ieri su Trump e sia le trattative con SpaceX per Starlink. Non è d’altronde un mistero che il tycoon prediliga l’approccio bilaterale. Mettersi quindi in scia a Parigi e Berlino non avrebbe alcun senso. Roma, anche grazie alla sponda politica tra la Meloni e Trump sancita di recente a Mar-a-Lago, ha le carte in regola per inserirsi nella nuova strategia di deterrenza americana. Un elemento che potrebbe aiutarci a contare di più nella Nato e a svolgere un ruolo primario nel Mediterraneo allargato: un’area che, tra il Nord Africa e il Sahel, è a sua volta interessata dalle preoccupanti influenze russe e cinesi. Quello che va delineandosi è quindi un atlantismo conservatore, pragmatico, realista, spregiudicato e, proprio per questo, adatto all’epoca tumultuosa che stiamo vivendo.I tempi della diplomazia sdentata sono finiti. Se la politica di potenza è tornata alla ribalta, si può solo prenderne atto. E agire di conseguenza. Questo Trump lo ha capito. E infatti, con le sue parole su Panama e Groenlandia, il presidente americano in pectore guarda molto più lontano. Il ripristino della deterrenza non va inserito soltanto nella sua sempre più chiara riedizione della dottrina Monroe, ma verrà probabilmente usato anche come leva su vari dossier: a partire, probabilmente, dalle trattative diplomatiche sulla crisi ucraina. Trump non sta picconando l’ordine internazionale uscito dalla fine della Guerra Fredda: quell’ordine è da tempo sfidato da potenze revisioniste e Joe Biden, tra assenza di leadership e calcoli errati, non ha fatto che indebolirlo sempre di più. O l’Occidente entra in questa nuova logica o è destinato a perire. Le divisioni in seno all’Ue non sono una buona notizia. Ma, per fortuna, l’Italia ha scelto di stare dalla parte giusta.
Jeffrey Epstein e Donald Trump (Ansa)
L'ad di SIMEST Regina Corradini D'Arienzo
La società del Gruppo Cdp rafforza il proprio impegno sui temi Esg e conferma anche la certificazione sulla parità di genere per il 2025.
SIMEST, la società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha ottenuto l’attestazione internazionale Human Resource Management Diversity and Inclusion – ISO 30415, riconoscimento che certifica l’impegno dell’azienda nella promozione di un ambiente di lavoro fondato sui principi di diversità, equità e inclusione.
Il riconoscimento, rilasciato da Bureau Veritas Italia, arriva al termine di un percorso volto a integrare i valori DE&I nei processi aziendali e nella cultura organizzativa. La valutazione ha riguardato l’intera gestione delle risorse umane — dal reclutamento alla formazione — includendo aspetti come benessere, accessibilità, pari opportunità e trasparenza nei percorsi di crescita. Sono stati inoltre esaminati altri ambiti, tra cui la gestione degli acquisti, l’erogazione dei servizi e la relazione con gli stakeholder.
L’attestazione ISO 30415 rappresenta un passo ulteriore nel percorso di sostenibilità e responsabilità sociale di SIMEST, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite, in particolare quelli relativi alla parità di genere e alla promozione di condizioni di lavoro eque e dignitose.
A questo traguardo si affianca la conferma, anche per il 2025, della certificazione UNI/PdR 125:2022, che attesta l’efficacia delle politiche aziendali in tema di parità di genere, con riferimento a governance, crescita professionale, equilibrio vita-lavoro e tutela della genitorialità.
Valeria Borrelli, direttrice Persone e organizzazione di SIMEST, ha dichiarato: «Crediamo fortemente che le persone siano la nostra più grande risorsa e che la pluralità di esperienze e competenze sia la chiave per generare valore e innovazione. Questi riconoscimenti confermano l’impegno quotidiano della nostra comunità aziendale nel promuovere un ambiente inclusivo, rispettoso e aperto alle diversità. Ma il nostro percorso non si ferma: continueremo a coltivare una cultura fondata sull’ascolto e sull’apertura, affinché ciascuno possa contribuire alla crescita dell’organizzazione con la propria unicità».
Con questo risultato, SIMEST consolida il proprio posizionamento tra le aziende italiane più attive sui temi Esg, confermando una strategia orientata a una cultura del lavoro sostenibile, equa e inclusiva.
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