2025-11-19
Provano a occultare le trame del Colle
Sergio Mattarella e Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Garofani, consigliere di Mattarella, davanti a politici, funzionari e sportivi ha parlato della necessità di dare «provvidenziali scossoni» per evitare la vittoria del centrodestra. Bignami gliene ha chiesto conto ma invece della giustificazione dell’ex pd è arrivato un comunicato del Quirinale che vaneggia: «Attacco ridicolo». Ma qui di ridicolo c’è solo il tentativo di mettere il bavaglio al nostro giornale.C’è un tentativo di mettere a tacere le manovre che lassù sul Colle qualcuno ordisce per impedire che non solo Giorgia Meloni concluda la legislatura, ma si candidi al bis. Come è noto, a sinistra sono molto preoccupati perché, dopo 14 anni, nel 2029 scadrà il mandato di Sergio Mattarella. E se la maggioranza del Parlamento sarà ancora quella attuale, a decidere il nuovo capo dello Stato non saranno Renzi, Schlein, Franceschini, Gentiloni e compagni, come in passato. Dunque, c’è chi al Quirinale non solo auspica la formazione di una grande lista civica da opporre al centrodestra, ma spera in un «provvidenziale scossone» che fermi la corsa di Giorgia Meloni. Non si tratta di un pensiero sussurrato nelle segrete stanze, ma di un piano vero e proprio, che qualcuno neppure nasconde, ma di cui parla in pubblico, senza alcun ritegno.Ieri abbiamo fatto il nome di un consigliere del presidente della Repubblica, ovvero Francesco Saverio Garofani, ex parlamentare del Pd per tre legislature e oggi uno dei principali collaboratori di Mattarella con l’incarico di occuparsi di Difesa (è lui che ha apparecchiato il Consiglio supremo che lunedì scorso ha discusso di Ucraina). Le frasi che abbiamo riferito erano tra virgolette e ci saremmo aspettati che già in mattinata l’ex direttore del democristianissimo Popolo ed ex vicepresidente della commissione Difesa della Camera chiarisse la sua posizione. Invece no: curiosamente, sui fatti da noi denunciati è calato il silenzio. Zitto Garofani, zitti anche la maggior parte dei siti di informazione, nonostante fino a mezzogiorno le principali notizie della giornata fossero limitate al bonus elettrodomestici, alla morte delle gemelle Kessler il giorno prima e all’incidente stradale di Milano di domenica. Ma verso l’ora di pranzo ecco spuntare una dichiarazione di Galeazzo Bignami, capogruppo a Montecitorio di Fratelli d’Italia. L’onorevole chiede che le persone citate, «che ricoprono il ruolo di consiglieri del Quirinale, smentiscano senza indugio, in ossequio al rispetto che si deve per l’importante ruolo coperto». Insomma, Garofani deve parlare. Ma invece del consigliere, l’unico citato nel nostro articolo e il solo che dovrebbe aprir bocca, è arrivato un comunicato del Colle in cui si manifesta stupore per le dichiarazioni del capogruppo di Fratelli d’Italia, «che sembrano dar credito all’ennesimo attacco alla presidenza della Repubblica, costruito sconfinando nel ridicolo». Nota che ovviamente merita una risposta. Cominciamo col dire che qui di ridicolo c’è solo il tentativo di mettere il bavaglio al nostro giornale. Non ci siamo piegati in passato ad altri attacchi di chi voleva silenziarci e non ci piegheremo certo oggi. Detto questo, tutto il resto è molto serio.Punto primo. Non si capisce come il Quirinale possa smentire dichiarazioni che sono state rese fuori dal Quirinale. Chi c’era la sera in cui Garofani auspicava un provvidenziale scossone che fermasse la corsa di Giorgia Meloni? Il portavoce di Mattarella che ha firmato la dichiarazione di ieri? Oppure sotto il tavolo c’erano i corazzieri, pronti a registrare le parole del consigliere del capo dello Stato? Non mi risulta che in quella sede vi fossero né l’uno né gli altri. Punto secondo. Il discorso di Garofani è stato chiaro. Mentre i camerieri servivano piatti a base di pesce, tutti, anche chi non lo poteva vedere, hanno sentito le sue parole. C’erano politici, funzionari di Stato, personaggi dello sport. E il consigliere della Difesa teneva banco.Punto terzo. Ovviamente, prima ancora che l’onorevole Bignami sollecitasse una smentita (non del Quirinale, ma di Garofani), è scattata la caccia alla talpa. Esercizio inutile, perché non è certo individuando l’autore della soffiata che si potrà mettere a tacere la faccenda.Punto quarto. I corazzieri di complemento, ovvero gli esponenti del Pd, si sono subito schierati a difesa del Colle. Ma più che preoccuparsi di difendere il Quirinale dovrebbero occuparsi di salvare le proprie poltrone. Se è vero quello che dice Garofani (ed è vero), nessuno di loro, da Schlein a Braga, da Davide Faraone a Riccardo Magi è in grado di fermare Meloni e dunque urge ricorrere a un «provvidenziale scossone». In pratica, il consigliere certifica che sono buoni a nulla.Punto quinto. Nella mia carriera ho avuto spesso a che fare con vari presidenti della Repubblica, da Oscar Luigi Scalfaro a Giorgio Napolitano e qualche volta sono persino stato accusato di vilipendio al capo dello Stato (tranquilli, sono stato assolto). Non sapevo però che la tutela costituzionale nei confronti dell’uomo del Colle si estendesse anche ai suoi consiglieri, per i quali evidentemente vige secondo il Pd e certa stampa il reato di lesa maestà. Ultimo punto. Le stesse isteriche reazioni della sinistra e dei guardiani dell’informazione le ho viste in passato, quando sul Giornale che allora dirigevo rivelai una faccenda che riguardava il portavoce di Prodi. Si sa com’è finita.
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