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2024-09-20
«The Penguin»: storia di un antieroe tra le rovine di Gotham City
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Un irriconoscibile Colin Farrell nei panni di «The Penguin» (Macall Polay/HBO)
La storia, in parte, è stata rivista. Pinguino, basso e tarchiato, con il naso ad uncino e la camminata strana, non è figlio di una famiglia perbene, rinnegato da genitori la cui freddezza lo ha indotto alla criminalità. In The Penguin, serie televisiva al debutto su Sky nella notte fra venerdì 20 e sabato 21 settembre, l’acerrimo nemico di Batman è altro: uno degli ultimi, cittadino senza nome di una società che lo ha spinto ai margini, inducendolo – così facendo – a trovare ristoro e conforto in una vita senza più leggi. The Penguin, nata per approfondire le origini del Pinguino, spin-off del The Batman diretto da Matt Reeves, ha scelto di piegare la narrazione ad un’esigenza contemporanea: quella di indagare – come già tanti talk show della nostra generalista – il legame (vero o presunto) fra criminalità e integrazione. Ciononostante, poi, s’è mantenuta fedele al fumetto. E, pure, al film che ne è stato tratto. The Penguin è cupa, un noir ambientato fra le strade torbide di Gotham City. Stessa città di sempre, stessa malavita. Stessa taglio del film. A cambiare, all’interno della serie televisiva, la cui versione doppiata sarà trasmessa da Sky e Now Tv a partire da domenica 29 settembre, sono i protagonisti. Batman non esiste, nel micromondo seriale. Ed è l’assenza dell’eroe, di norma fulcro del racconto, a conferire al Pinguino una centralità nuova, inedita. Oswald Cobblepot, interpretato – come in The Batman – dall’abilissimo Colin Farrell, non ha alcun contrappunto, nessuno con cui dividere le luci della ribalta. È solo, unico protagonista di una storia che tiene fede, anche e soprattutto in termini di qualità, alla pellicola di cui è spin-off.The Penguin, a quella pellicola, si allaccia subito. È passata appena una settimana, dagli eventi del film. Gotham City è ancora piegata dall’allagamento che l’ha travolta e devastata. Carmine Falcone, spietato boss della malavita locale, è morto, spalancando una voragine enorme. Voragine di cui la serie è deputata a raccontare. The Penguin, che la Dc ha deciso di collocare all’interno dei cosiddetti Elseworlds, mondi paralleli in cui ciascun personaggio è deputato a vivere di vita propria, senza legami con eroi ed antieroi del gruppo, è la cronaca di un’ascesa: quella di Pinguino, deciso ad occupare lo spazio che Falcone ha lasciato vuoto. Nel mezzo, ci sono lacrime e sangue, c’è la violenza dell’universo criminale, le sue regole. All’orizzonte, il prossimo capitolo cinematografico della saga. The Penguin, infatti, dovrebbe essere ponte fra The Batman e il futuro cinematografico della Dc Comics. E lo è. È il modo che i produttori hanno escogitato per dare lustro e profondità a personaggi che le pellicole sono destinate a tagliar fuori. Ma, parimenti, è l’inizio di una narrazione parallela: sporca, ruvida, una storia affascinante, che nulla ha da invidiare a quella dell’eroe principale, anzi.
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Spin-off di «The Batman», dal 20 settembre su Sky la miniserie con Colin Farrell, dedicata interamente all'acerrimo nemico dell'eroe Marvel. Tra emarginazione, crimine e atmosfere noir.La storia, in parte, è stata rivista. Pinguino, basso e tarchiato, con il naso ad uncino e la camminata strana, non è figlio di una famiglia perbene, rinnegato da genitori la cui freddezza lo ha indotto alla criminalità. In The Penguin, serie televisiva al debutto su Sky nella notte fra venerdì 20 e sabato 21 settembre, l’acerrimo nemico di Batman è altro: uno degli ultimi, cittadino senza nome di una società che lo ha spinto ai margini, inducendolo – così facendo – a trovare ristoro e conforto in una vita senza più leggi. The Penguin, nata per approfondire le origini del Pinguino, spin-off del The Batman diretto da Matt Reeves, ha scelto di piegare la narrazione ad un’esigenza contemporanea: quella di indagare – come già tanti talk show della nostra generalista – il legame (vero o presunto) fra criminalità e integrazione. Ciononostante, poi, s’è mantenuta fedele al fumetto. E, pure, al film che ne è stato tratto. The Penguin è cupa, un noir ambientato fra le strade torbide di Gotham City. Stessa città di sempre, stessa malavita. Stessa taglio del film. A cambiare, all’interno della serie televisiva, la cui versione doppiata sarà trasmessa da Sky e Now Tv a partire da domenica 29 settembre, sono i protagonisti. Batman non esiste, nel micromondo seriale. Ed è l’assenza dell’eroe, di norma fulcro del racconto, a conferire al Pinguino una centralità nuova, inedita. Oswald Cobblepot, interpretato – come in The Batman – dall’abilissimo Colin Farrell, non ha alcun contrappunto, nessuno con cui dividere le luci della ribalta. È solo, unico protagonista di una storia che tiene fede, anche e soprattutto in termini di qualità, alla pellicola di cui è spin-off.The Penguin, a quella pellicola, si allaccia subito. È passata appena una settimana, dagli eventi del film. Gotham City è ancora piegata dall’allagamento che l’ha travolta e devastata. Carmine Falcone, spietato boss della malavita locale, è morto, spalancando una voragine enorme. Voragine di cui la serie è deputata a raccontare. The Penguin, che la Dc ha deciso di collocare all’interno dei cosiddetti Elseworlds, mondi paralleli in cui ciascun personaggio è deputato a vivere di vita propria, senza legami con eroi ed antieroi del gruppo, è la cronaca di un’ascesa: quella di Pinguino, deciso ad occupare lo spazio che Falcone ha lasciato vuoto. Nel mezzo, ci sono lacrime e sangue, c’è la violenza dell’universo criminale, le sue regole. All’orizzonte, il prossimo capitolo cinematografico della saga. The Penguin, infatti, dovrebbe essere ponte fra The Batman e il futuro cinematografico della Dc Comics. E lo è. È il modo che i produttori hanno escogitato per dare lustro e profondità a personaggi che le pellicole sono destinate a tagliar fuori. Ma, parimenti, è l’inizio di una narrazione parallela: sporca, ruvida, una storia affascinante, che nulla ha da invidiare a quella dell’eroe principale, anzi.
David Neres festeggia con Rasmus Hojlund dopo aver segnato il gol dell'1-0 durante la semifinale di Supercoppa italiana tra Napoli e Milan a Riyadh (Ansa)
Nella prima semifinale in Arabia Saudita i campioni d’Italia superano 2-0 i rossoneri con un gol per tempo di Neres e Hojlund. Conte: «Vincere contro un top team dà fiducia, entusiasmo e consapevolezza». Allegri: «Il Napoli ha meritato perché ha difeso molto meglio di noi. Dobbiamo migliorare la fase difensiva, è lì che nascono le difficoltà».
È il Napoli la prima finalista della Supercoppa italiana. All’Alawwal Park di Riyadh, davanti a 24.941 spettatori, i campioni d’Italia superano 2-0 il Milan al termine di una semifinale mai realmente in discussione e torneranno lunedì nello stadio dell’Al Nassr per giocarsi il primo trofeo stagionale contro la vincente di Bologna-Inter, in programma domani sera.
Decidono un gol per tempo di Neres e Hojlund, protagonisti assoluti di una gara che la squadra di Antonio Conte ha interpretato con maggiore lucidità, intensità e qualità rispetto ai rossoneri. Il pubblico saudita, arrivato a scaglioni sugli spalti come da consuetudine locale, si è acceso soprattutto per Luka Modric durante il riscaldamento, più inquadrato sugli smartphone che realmente seguito sul campo, ma alla lunga è stato il Napoli a prendersi scena e risultato. Un successo meritato per i partenopei che rispetto al Milan hanno dimostrato di avere più idee e mezzi per colpire.
Conte ha scelto la miglior formazione possibile, confermando il 3-4-2-1 con l’unica eccezione rispetto alle ultime gare di campionato che riguarda il ritorno tra i titolari di Politano al posto di Lang. Davanti la coppia McTominay-Neres ad agire alle spalle di Hojlund. Ed è stato proprio il centravanti danese uno dei protagonisti del match e della vittoria del Napoli, mettendo lo zampino in entrambi i gol e facendo impazzire in marcatura De Winter. L’ex difensore del Genoa è stato scelto da Allegri come perno della difesa a tre per sostituire l'infortunato Gabbia, un’assenza che alla fine dei conti si è rivelata più pesante del previsto. Ma se quella del difensore centrale era praticamente una scelta obbligata, il turnover applicato in mezzo al campo e sulla corsia di destra non ha restituito gli effetti desiderati. Nel solito 3-5-2 hanno trovato spazio dal primo minuto anche Jashari e Loftus-Cheek, titolari al posto di Modric e Fofana, ed Estupinan per far rifiatare Bartesaghi, uno degli uomini più in forma tra i rossoneri.
Il Napoli ha preso infatti fin da subito l’iniziativa, con Elmas al tiro già al 2’ e con Maignan attento a bloccare senza problemi. Il Milan ha poi avuto due ghiotte occasioni: al 5’ sugli sviluppi di una rimessa laterale Pavlovic ha tentato una rovesciata, il pallone è arrivato a Loftus-Cheek che, solo davanti a Milinkovic-Savic, ha mancato incredibilmente l’impatto; al 16' Saelemaekers ha sprecato calciando alto da buona posizione. È l’illusione rossonera, perché da quel momento sono i partenopei a comandare il gioco. Al 32' McTominay ha sfiorato il vantaggio con un destro di prima poco fuori, mentre Nkunku al 37’ ha confermato il suo momento negativo non inquadrando nemmeno la porta a conclusione di un contropiede che poteva cambiare la partita. Partita che è cambiata in maniera decisiva due minuti dopo, al 39’, quando è arrivato il gol che ha sbloccato la semifinale: da un'azione insistita di Elmas sulla sinistra, il pallone è arrivato a Hojlund il cui tiro in diagonale ha messo in difficoltà Maignan. La respinta troppo corta del portiere francese è finita sui piedi di Neres, il più rapido ad avventarsi sul pallone e a depositarlo in rete. Il Napoli è andato vicino al raddoppio già prima dell’intervallo con un altro contropiede orchestrato da Elmas e concluso da Hojlund, su cui Maignan ha dovuto compiere un mezzo miracolo.
Nella ripresa il copione non è cambiato. Rrahmani ha impegnato ancora Maignan da fuori area, poi al 64’ è arrivato il 2-0 che ha chiuso la partita: Spinazzola ha affondato a sinistra e servito Hojlund, veloce e preciso a finalizzare con freddezza, firmando così una prestazione dominante contro un De Winter in grande difficoltà. Allegri ha provato a cambiare volto alla gara passando al 4-1-4-1 con l’ingresso di Fofana e Athekame, ma il Milan non è riuscito di fatto mai a rientrare davvero in partita. Anzi. Al 73' uno scatenato Hojlund ha sfiorato la doppietta personale. Poi, al 75', il Milan ha regalato alla parte di stadio rossonera la gioia più grande di tuta la serata, ovvero l'ingresso in campo di Modric. Il croato è entrato tra gli applausi del pubblico, ma è solo una nota di colore in una serata che resta saldamente nelle mani del Napoli. Nel finale spazio anche a qualche tensione, sia in campo che in panchina. Prima le scintille tra Tomori e McTominay, ammoniti entrambi da Zufferli. Poi, in pieno recupero, un battibecco verbale tra Oriali e Allegri. E mentre scorrevano i sette minuti di recupero concessi dal direttore di gara, accompagnato dal coro dei tifosi sauditi di fede azzurra «Siamo noi, siamo noi, i campioni dell’Italia siamo noi», è arrivato il verdetto definitivo.
Nel post partita Massimiliano Allegri ha riconosciuto i meriti degli avversari: «Il Napoli ha meritato perché ha difeso molto meglio di noi. Dobbiamo migliorare la fase difensiva, è lì che nascono le difficoltà». Sull’eliminazione da Coppa Italia e Supercoppa è stato netto: «Siamo dispiaciuti, ma il nostro obiettivo resta la qualificazione in Champions, che è un salvavita per la società». Di tutt’altro tono Antonio Conte, soddisfatto della risposta della sua squadra: «Battere il Milan fa morale. Vincere contro un top team dà fiducia, entusiasmo e consapevolezza. Con energia, anche in emergenza, siamo difficili da affrontare». Parole di elogio per Hojlund: «Ha 22 anni, grandi margini di crescita e oggi è stato determinante. Sta capendo sempre di più quello che gli chiedo».
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