2022-11-12
Il «tetto» per il gas fa esplodere la faida a Bruxelles
Charles Michel e Ursula von der Leyen (Ansa)
Dopo lo scontro col Consiglio, la Commissione cede ed evoca un vago «meccanismo di correzione» entro il 24 novembre.Si registra in questi giorni a Bruxelles il primo e quasi certamente unico effetto che il tetto al prezzo del gas può provocare: far volare gli stracci tra Consiglio europeo, Stati membri e Commissione. Tutto nasce dal seminario interno di lunedì scorso a Bruxelles, nel corso del quale gli esperti della Commissione avevano dimostrato ai rappresentanti dei singoli Stati presso l’Unione europea che non esiste la possibilità di attuare un price cap al gas che rispetti le condizioni di effetto neutro sul mercato, imposte dall’articolo 23 del regolamento in discussione. Apriti cielo.Il giorno dopo è filtrata una lettera del presidente del Consiglio europeo Charles Michel indirizzata a Ursula von der Leyen, nella quale il belga metteva in mora la Commissione chiedendo che sul tetto al prezzo del gas si procedesse come indicato nell’ultimo Consiglio del 20 ottobre (quello del supposto trionfo di Mario Draghi). Nella seduta plenaria al Parlamento europeo del 9 novembre il presidente della Commissione aveva annunciato un meccanismo per ridurre la volatilità dei prezzi, tenendosi però molto sulle generali. Michel, per tutta risposta, aveva incalzato seccamente: «Calciare la lattina più in là lungo la strada non è più un’opzione». Ieri mattina circolava ancora l’ipotesi che nella riunione del 24 novembre la Commissione non avrebbe portato una proposta sul tema del price cap. Si sarebbe potuto discutere quindi solo del meccanismo per contenere la volatilità sulle piattaforme europee, oltre che del nuovo benchmark per il prezzo del Lng in Europa. Belgio, Grecia, Italia e Polonia si sono ribellate e hanno minacciato di far saltare l’intero pacchetto in discussione nel caso in cui la Commissione non avesse presentato una proposta completa sul tetto prima del 24 novembre.Così, ieri è circolata una nuova lettera della Commissione, a firma von der Leyen, indirizzata ai 27 Stati membri, in cui il presidente afferma che «la Commissione presenterà una descrizione dettagliata della proposta di un meccanismo di correzione del mercato che tenga conto delle condizioni e delle garanzie richieste dagli Stati membri, in tempo utile perché i ministri dell’Energia ne discutano alla riunione del 24 novembre».A questo punto, convenuto che «meccanismo di correzione del mercato» non suona esattamente come «price cap» (e neppure come «corridoio dinamico», qualunque cosa questo significhi), sale la curiosità intorno alla scappatoia che la Commissione escogiterà per tirarsi fuori dal grottesco pantano in cui si è infilata. Pesa, in questa come in altre vicende, la personale antipatia tra i leader dei due organi dell’Unione, che risale al celebre Sofagate in Turchia, allorquando la von der Leyen si trovò seduta su un divano mentre Michel chiacchierava amabilmente con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. I due fanno di tutto per evitare di incontrarsi, non si parlano se non attraverso atti ufficiali e i rispettivi staff sono istruiti per evitare ogni possibilità di incontro casuale. Il risultato è che i rapporti tra Commissione e Consiglio non funzionano come dovrebbero, poiché lo scambio di informazioni tra i due organi è ridotto al minimo e questo appesantisce una macchina già di per sé elefantiaca e inefficace.I quattro Paesi che ieri hanno alzato i toni difficilmente potranno bloccare l’approvazione del pacchetto sull’energia in discussione, anche se non è escluso che attorno alla loro posizione altri possano raggrupparsi. Non la Francia, che per altri motivi sulla bocca di tutti, a questo punto potrebbe sfilarsi dalla contesa. L’avversario rimane la Germania, che ha sempre giudicato negativamente la misura e che non intende certo cambiare idea. Per quanto incredibile possa sembrare, dopo mesi e mesi di discussione, a Bruxelles si è ancora all’inizio della discussione. Se prima il tema era «tetto sì, tetto no», ora è «quale tetto?». Il continente resta appeso a questa disputa di stampo patafisico (ma non all’altezza della patafisica), mentre l’economia soffre (produzione industriale italiana a settembre -1,8%), l’inflazione affligge i salari e i governi raschiano il fondo del barile in cerca di denari da destinare agli aiuti a famiglie e imprese.Il dramma dell’Unione europea è sotto gli occhi di tutti. Un’entità sovranazionale che crea un problema di ordine mondiale, disincentivando gli investimenti in idrocarburi mentre ne è ancora totalmente dipendente. Un gruppo di burocrati eletti da nessuno che decide in poche settimane di applicare sanzioni alla Russia senza calcolare il contraccolpo sull’economia europea. Un gruppo di soggetti politicamente irresponsabili che decide dall’oggi al domani di fare a meno del gas russo con gli stoccaggi vuoti e nessuna alternativa di approvvigionamento, provocando un rialzo dei prezzi superato forse solo dalla folle corsa ai bulbi di tulipano nell’Olanda del 1600 e da poche altre situazioni simili.C’è da sperare che il nuovo governo italiano sappia servirsi dell’evidente inadeguatezza delle élite europee di Bruxelles per concentrarsi su una trattativa che abbia più senso e, soprattutto, obiettivi più razionali.
Chiara Appendino (Imagoeconomica)