Da quattro anni in Russia è ripresa la persecuzione sistematica dei Testimoni di Geova, considerati "estremisti" dalle autorità, anche se Putin non si è mai ufficialmente espresso contro la libertà di culto vigente nella Federazione. Ad oggi sono decine gli incarcerati e centinaia le irruzioni delle forze speciali. Un video ne ricostruisce i raid, da tempo ormai quotidiani.
Da quattro anni in Russia è ripresa la persecuzione sistematica dei Testimoni di Geova, considerati "estremisti" dalle autorità, anche se Putin non si è mai ufficialmente espresso contro la libertà di culto vigente nella Federazione. Ad oggi sono decine gli incarcerati e centinaia le irruzioni delle forze speciali. Un video ne ricostruisce i raid, da tempo ormai quotidiani.L' ordine restrittivo emanato dalla Corte Suprema di Mosca risale all'aprile 2017. Ma negli ultimi mesi l'escalation di repressione e persecuzione dei Testimoni di Geova nel territorio della Federazione Russa si è drammaticamente impennata. Decine di fedeli si trovano attualmente in reclusione, altre centinaia sono in attesa di processo. L'accusa è sempre la stessa, ossia "attività estremistica". Accusa singolare per un gruppo religioso che ha tra i suoi fondamenti la propaganda della pace mondiale. Eppure i raid casa per casa da parte delle forze dell'ordine locali ma anche delle forze speciali dell' FSB (erede del KGB) sono sempre più numerosi e violenti, come dichiarato da Human Rights Watch. Nel solo 2019 le irruzioni nelle abitazioni o nei luoghi di culto dei Testimoni di Geova russi hanno sfiorato il numero di 500. L'anno successivo in una sola giornata, il 13 luglio 2020, ci sono state 110 irruzioni da parte delle forze federali, nonostante l'emergenza coronavirus. Le informazioni sulle motivazioni della decisione della Corte Suprema sono poche e sembrano basare l'accusa di estremismo a carico dei Testimoni di Geova (secondo l'articolo 282 del codice penale russo che li equipara ai militanti dello Stato Islamico) sulla teoria secondo la quale i suoi membri considererebbero il proprio culto come la "vera" religione, escludendo tutte le altre in una nazione dove formalmente è osservata la libertà di culto, come affermato anche recentemente dal presidente Vladimir Putin. Anche la pratica di evitare contatti con i "disassociati", ossia con chi si è allontanato dalle regole dell'osservanza del culto, è stata indicata dalle autorità di Mosca come elemento di fanatismo e estremismo religioso. Del resto basta rileggere rapidamente la storia dei Testimoni di Geova per avere ben presente quanto questa confessione abbia convissuto con la persecuzione sin dalle proprie origini. Nati negli Stati Uniti come gruppo di "Studenti Biblici" dopo la fondazione nel 1870 da parte del reverendo Charles Taze Russell, il movimento cristiano millenarista e teocratico crebbe progressivamente in tutto il Nord America per poi espandersi anche in Europa. Proprio l'interpretazione dei testi sacri è all'origine delle discordie con la Chiesa ufficiale che risiedono principalmente nella diversa interpretazione della figura di Gesù e nel non riconoscimento del dogma della Trinità. Un altro motivo all'origine delle persecuzioni è rappresentato dal distacco dei propri membri dal mondo terreno (e quindi dalla partecipazione alla questioni politiche e militari) in quanto ritenuto un luogo corrotto e distaccato da Dio, terreno del peccato del genere umano. Tra i primi Paesi al mondo ad emanare leggi restrittive nei confronti dei Testimoni di Geova fu il democraticissimo Canada allo scoppio della Grande Guerra, in quanto tra le regole del culto vi era il rifiuto della guerra e quindi della proscrizione militare. Attraverso il mancato riconoscimento del culto, la Corte canadese fu in grado di non riconoscerne lo status di obiettori di coscienza, vietando di conseguenza ogni manifestazione pubblica e allontanando anche per gli anni successivi al conflitto i figli delle famiglie dei Testimoni dalle scuole pubbliche, spesso ricorrendo ad adozioni forzate. Tristemente nota è anche la persecuzione dei Testimoni di Geova nella Germania del Terzo Reich, proprio per le basi pacifiste ed il distacco dal mondo terreno che portarono i membri a non riconoscere il regime nazista e al manifesto rifiuto del saluto a Hitler e dell'arruolamento nella Wehrmacht. Già dal 1935, due anni dopo la salita al potere del nazismo, migliaia di Testimoni di Geova furono deportati nei campi di concentramento (in particolare in quello di Buchenwald) dai quali oltre 1.200 non uscirono vivi. La Russia sovietica dell'era staliniana rappresentò un continuum con le persecuzioni del Terzo Reich. L' Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, bandita dallo Stato ogni forma di culto religioso, perseguitò in particolare modo i Testimoni di Geova, nonostante fossero un numero esiguo rispetto alle altre confessioni. Molti membri finirono deportati in Siberia, così come i dissidenti politici, per mano del KGB. Naturalmente la repressione non si fermò nel territorio dell'Unione Sovietica, ma interessò anche i paesi satellite di Mosca. Fu soltanto con l'avvento della perestrojka di Gorbaciov che anticipò il crollo dell'Urss nel 1988, che i Testimoni di Geova poterono godere della libertà di culto, fino all'addensarsi delle prime nubi tra il 2013 e il 2015 quando le autorità federali russe cominciarono con l' oscuramento del portale web internazionale dei testimoni di Geova, jw.org.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.