2023-12-21
L’Ue non rimborsa l’Italia che ha sbancato
Margrethe Vestager (Ansa)
Negata la richiesta di risarcimento di Pop Bari per l’ingiusto stop dell’Europa al salvataggio di Tercas nel 2014 che ha affossato il nostro credito. Motivo? «Errore commesso nell’attività di vigilanza». L’ammissione: siamo stati impoveriti per scelta politica.Errori tanti, ma nessun rimborso. Il tribunale Ue ieri ha respinto il ricorso di Popolare Bari che chiedeva il risarcimento dei danni alla Commissione per aver ingiustamente bloccato il salvataggio di Tercas quasi dieci anni fa. Ben due sentenze (2019 e 2021) hanno smontavano le decisione di Dg Comp, guidata all’epoca da Margrethe Vestager e ora scappata dalla nave Ue: non si trattava di aiuti di Stato. Eppure nonostante il lampante errore o forse la mala fede i giudici europei hanno ritenuto ieri che nessuno deve pagare. Per un fatto molto semplice. «Gli errori sono stati commessi nell’ambito delle attività di vigilanza e comunque nel tentativo di salvaguardare il mercato». Non rimane che prendere atto che l’intervento a gamba tesa contro l’istituto pugliese poi rilevato da Pop Bari era esclusivamente di natura politica e in quanto tale i governi in carica, quelli successivi, compreso l’attuale, avrebbero dovuto e dovrebbero prenderne atto. Riavvolgere il nastro di quanto è accaduto alle banche italiane e trarne più di una conclusione. Concedeteci una digressione lunga dieci anni, ma utile ad arrivare alle discussioni odierne su Mes e Unione bancaria. Nel 2013 il fondo interbancario concesse alla Popolare di Bari circa 300 milioni per il salvataggio della sua controllata Tercas. L’Antitrust Ue si oppose definendo l’intervento un «aiuto di Stato», costringendo alla restituzione della somma e avviando un circolo vizioso che è terminato nel 2015 impattando pesantemente su un’altra vicenda drammatica per il comparto bancario italiano. Cioè con la peculiare gestione del fallimento di Banca Etruria, Marche, Chieti e Ferrara, tutto a carico di obbligazionisti e azionisti. Nel 2021 il presidente di Abi, Antonio Patuelli, quando si diffuse la notizia che la Corte Ue aveva bocciato l’operato della Commissione, ebbe a dichiarare: «Il legittimo intervento del Fitd su Tercas fu solo il primo a essere predisposto e bloccato dalla precedente Commissione europea che così bloccò conseguentemente anche i successivi interventi preventivi del Fitd per i salvataggi delle “quattro banche”». Verissimo. Patuelli sempre aveva già chiesto il rimborso degli azionisti, ma nulla ha potuto per riavvolgere i fatti successivi tutti consustanziali all’approvazione da parte del nostro Parlamento del bail in. Senza il no Ue a Tercas, il sistema bancario italiano avrebbe preso una strada completamente diversa rispetto all’attuale. Non tanto per la banca e il buco che portava con sé (330 milioni di euro), o per gli effetti su Popolare di Bari o sull’impatto della gestione delle quattro banche popolari saltate nel 2015, ma per il fatto che quel niet è stato la leva che ha portato il nostro Paese ad approvare, per giunta in anticipo, il bail in. Evento unico in Europa, fatte salve le vicende di Cipro dove però i soldi bruciati erano dei magnati russi. La storia non si fa con i se. Ma alla politica tocca porsi interrogativi, e capire se quel cambio di passo rivoluzionario poteva essere intrapreso in altro modo. All’inizio del 2016, all’indomani del crac di Etruria, Carife, Banca Marche e Carichieti, il sistema bancario italiano ha dovuto infatti sborsare 1,7 miliardi di euro per rimettere le quattro banche in pista dopo averle scorporate dalla parte sporca, la bad bank per la quale era già stato speso circa 1,8 miliardi. A ottobre del 2016, stando alle offerte presenti sul tavolo di Roberto Nicastro, presidente dei quattro istituti, non si andava oltre al miliardo complessivo. Alla fine arrivò Ubi a prendere la baracca, pagando per tre istituti un euro soltanto. E portando la perdita del sistema al 100%. Di più, però, non avrebbe potuto pagare perché nel frattempo, in meno di un anno e mezzo, le banche sane, le good bank, avevano già prodotto sofferenze pari a 2,2 miliardi di euro. Rilevate dal fondo Atlante che finirà a sua volta travolto nel tentativo di salvare le due banche venete, Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Quando Etruria, la banca in cui militò il padre dell’ex ministro Maria Elena Boschi, è saltata, l’operazione di scorporo e rilancio fu fatta in tutta furia, giustificando la necessità di vendere le good bank al più presto. La pratica affidata a Bankitalia generò un calcolo delle sofferenze di poco inferiore al 18%, scatenando la corsa dei fondi esteri al mercato degli incagli e dei cosiddetti Npl (non performing loans) italiani. La percentuale di svendita dettata da quella operazione ha creato il benchmark di riferimento per le altre banche. Dando il via a un’ondata di ribassi che ha creato in poche settimane perdite stimate in circa dieci miliardi di euro. E qui sta la seconda gamba dell’omicidio perfetto. Non solo la Commissione ha preso una decisione irreversibile sul piano del mercato, ma chi doveva vigilare e garantire gli investimenti degli italiani ha di fatto imposto una svalutazione del patrimonio immobiliare detenuto dagli istituti di credito, facendo sapere a tutti gli investitori stranieri quanto poco valessero le sofferenze in pancia alle banche. I fatti del 2013 relativi a Tercas, da un lato, e quelli del 2019 relativi a Carige (un’altra sentenza dice che la Bce non avrebbe dovuto imporre il commissariamento) e quelli delle popolari venete, dall’altro, riletti oggi avrebbero potuto cambiare la storia delle piccole banche tricolore e il perimetro di garanzia dei risparmiatori italiani. Se pensiamo a Pop Vicenza e Veneto banca, ad esempio, corre l’obbligo ricordare l’atteggiamento di sudditanza e passività che nel 2017 il governo Renzi con il suo ministro Pier Carlo Padoan hanno sempre tenuto. Hanno accettato che Dg Comp dettasse non solo la linea ma imponesse tempi assurdi e inauditi. Il cui effetto è stato quello di azzerare anche ciò che poteva essere salvato. hanno travolto il fondo Atlante legato alle fondazioni bancarie azzoppando un sistema che solo adesso sta veramente alzando la testa. A Popolare di Bari resta ancora un ricorso, ma anche se vincesse sarebbe solo per questioni di diritto. Una beffa ulteriore. Se vogliamo trarre un minimo di esperienza da questi dieci anni di tempeste bancarie bisognerebbe fare de cose. Primo. Tirare una linea e dire chiaro e tondo che l’Ue ha causato una forte diminuzione del Pil italiano. Secondo. Ieri si è discusso in Aula - con il Pd sbraitante - sulle prossime date per fissare la discussione della ratifica del Mes. Ecco, le questioni Mes e Unione bancaria vanno prese per quello che sono. Un braccio di ferro politico tra Bruxelles, Francia, Germania per spostare la ricchezza da una parte all’altra dell’Europa. Se non fosse chiaro, la ricchezza in questione è la nostra.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.