2021-03-03
«Tercas si poteva salvare». Sentenza che ci lascia i cocci di bail in e crac bancari
Pier Carlo Padoan (Getty Images)
La Corte di giustizia conferma il giudizio di primo grado. È una magra consolazione: impossibile rimediare ai danni per l'Italia e alla perdita di fiducia dei cittadini.Matteo Orfini prova a dividere il governo: «Una volta Luigi Di Maio gridava in piazza "onestà"». La replica ironica del leader leghista: «Vogliono prendersi quello che non c'è».Lo speciale contiene due articoli.Per comprendere la portata potenzialmente devastante della sconfitta della Commissione sancita ieri dalla Corte di giustizia della Ue, bisogna portare indietro le lancette dell'orologio al 2010. Quando la Vigilanza di Bankitalia, dopo un'ispezione presso la Banca popolare di Bari (Bpb), ravvisò carenze nell'organizzazione, nei controlli interni e nella gestione del rischio di credito.A causa di quelle carenze, alla banca barese fu vietato espandere la propria attività. La svolta avvenne nell'autunno 2013, successivamente alla lettura della relazione di ispezione davanti al consiglio di amministrazione della Bpb, con esiti «parzialmente sfavorevoli». Gli stessi che avevano portato al divieto del 2010. Nonostante fosse ancora vigente il divieto di espandere l'attività, in quei mesi la Bpb espresse una manifestazione di interesse verso l'acquisizione di Banca Tercas, in amministrazione straordinaria dal 2012, a cui favore erogò anche a novembre 2013 un mutuo di 480 milioni, con i quali la banca abruzzese estinse una linea di credito di emergenza fornita da Banca d'Italia. Tale interesse era condizionato all'intervento del Fondo interbancario per la tutela dei depositi (Fitd) per ripianare il deficit patrimoniale di Tercas. Nei mesi successivi, la Banca d'Italia ricevette adeguate rassicurazioni circa il superamento delle carenze della banca barese, le trattative tra Bpb e Fitd approdarono alla definizione di un intervento di 330 milioni da parte di quest'ultimo, a giugno 2014 vennero rimossi i provvedimenti restrittivi e a luglio la Banca d'Italia autorizzò la Bpb ad acquisire il controllo di Tercas.Un modello di gestione delle crisi bancarie visto più volte nella storia recente del Paese: Bankitalia che «facilita» l'acquisizione di una banca in difficoltà e il Fitd che interviene per evitare il guaio peggiore costituito dal rimborso dei depositanti entro 100.000 euro.Ma nessuno aveva fatto i conti con l'«oste» di Bruxelles, alias l'onnipresente commissario Margrethe Vestager, che a febbraio 2015 aprì un'indagine per aiuti di Stato a causa della asserita natura pubblica del Fitd che si concluse a dicembre con la decisione che costrinse, a inizio 2016, la Bpb al rimborso dei 330 milioni che però le furono contestualmente versati dallo schema volontario del Fitd, messo in piedi nottetempo per superare i rilievi della Dg comp di Bruxelles. Nel frattempo l'integrazione tra le due banche era rimasta sub judice per più di un anno, con le immaginabili conseguenze sul piano operativo, come la riduzione della raccolta da clientela di Tercas di oltre un quinto nel biennio 2015-2016.Ma questo è il meno. L'impatto più rilevante della decisione della Commissione, bocciata dai giudici ieri per la seconda volta, è quello che ebbe sulla contemporanea vicenda che si concluse con la risoluzione delle quattro banche (Etruria, Marche, Chieti e Ferrara). In quel caso, il Fitd aveva già preparato le delibere per sottoscrivere l'aumento di capitale di ciascuna di quelle banche, ma la Commissione - che convinta della natura di aiuto di Stato di quelle somme, richiedeva il preventivo sacrificio degli obbligazionisti subordinati - impedì di dare esecuzione a tale piano.La discussione tra il ministro Pier Carlo Padoan e gli uffici di Bruxelles durò alcuni mesi e finì sotto la pietra tombale della ormai famosa lettera del 19 novembre 2015 firmata dai commissari Jonathan Hill e Vestager.In tale lettera si stabiliva che gli interventi di soggetti come il Fitd dovevano passare al vaglio della normativa sugli aiuti di Stato e, nel caso non fosse stata riconosciuta la loro natura privata, sarebbe stata applicabile la condizionalità prevista dalla direttiva sul bail in (Brrd) cioè, in una parola, il sacrificio di azionisti e obbligazionisti. E purtroppo la Commissione non aveva dubbi sulla natura pubblica del Fitd.Considerata la sconfitta della Commissione, e quindi la fondatezza delle tesi di chi allora voleva opporvisi, era possibile fare altrimenti? Il presidente del Fitd Salvatore Maccarone dell'epoca dichiarò che la ricapitalizzazione sarebbe rimasta sub judice e che gli accantonamenti necessari per fronteggiare il rischio di una vittoria successiva della Commissione avrebbero di fatto reso vano il beneficio dell'intervento del Fitd. Stessa tesi sostenuta anche dal ministro Padoan. Con l'apertura della procedura a febbraio 2015, la Commissione aveva vinto ancor prima di decidere. L'incredibile decisione di considerare elemento distorsivo della concorrenza la insignificante cifra di 330 milioni apportata a una modesta banca di provincia, peraltro operante nel cratere di un terremoto, si incrociò fatalmente con altre situazioni di difficoltà pronte a esplodere e le condusse inesorabilmente verso quella domenica sera del 22 novembre 2015, quando, per la prima volta nella storia della Repubblica, i piccoli risparmiatori detentori di obbligazioni subordinate appresero dell'azzeramento dei loro titoli. In quel momento fu distrutto per sempre, a opera dell'Ue, il bene più importante (non) iscritto all'attivo di una banca: la fiducia.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/tercas-si-poteva-salvare-sentenza-che-ci-lascia-i-cocci-di-bail-in-e-crac-bancari-2650863115.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ora-risarcimenti-ai-risparmiatori" data-post-id="2650863115" data-published-at="1614716387" data-use-pagination="False"> «Ora risarcimenti ai risparmiatori» Il presidente dell'Abi, Antonio Patuelli, ha espresso grande soddisfazione per la sentenza definitiva della Corte di giustizia dell'Unione europea secondo cui l'intervento del Fondo interbancario per il salvataggio di Banca Tercas, datato 2014, non può essere considerato aiuto di Stato. I magistrati europei hanno infatti definito un «errore di diritto» quello fatto dalla precedente Commissione. Patuelli, si legge in una nota, ha rilevato che la «Corte di giustizia europea ha dichiarato legittimo l'intervento del Fitd su Tercas, il primo a essere predisposto e bloccato dalla precedente Commissione europea che così bloccò conseguentemente anche i seguenti interventi preventivi del Fitd per i salvataggi delle “quattro banche", a cominciare dalla Cassa di risparmio di Ferrara che lo aveva anche approvato in sede di assemblea». Vista la sentenza, ora il numero uno della Associazione bancaria italiana chiede che i risparmiatori e le banche coinvolte vengano «adeguatamente e tempestivamente risarcite per i gravi danni subiti per l'errore di diritto compiuto dalla precedente Commissione europea». Tutto iniziò nel 2013 quando la Popolare di Bari decise di manifestare l'interesse di procedere con un aumento di capitale di Banca Tercas, che era in regime di amministrazione straordinaria. Questa manifestazione d'interesse era però subordinata alla condizione per cui il deficit patrimoniale di Tercas dovesse essere interamente coperto dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. La scelta venne però contestata dalla Commissione Ue. «La sentenza della Corte di giustizia europea chiude il caso dei presunti aiuti di Stato nella vicenda Tercas, aprendo un importante tema politico» hanno commentato ieri il senatore della Lega Alberto Bagnai e l'eurodeputato Marco Zanni, «La Corte stabilisce che il Fondo interbancario di tutela dei depositi, essendo finanziato da banche private e non alimentato con soldi pubblici, sarebbe potuto intervenire a sostegno della banca in crisi e quindi dei loro risparmiatori senza che questo configurasse un aiuto di Stato. La decisione del commissario europeo alla concorrenza, Margrethe Vestager, di non autorizzare questo intervento, una decisione che provocò gravissimi danni, viene definitivamente riconosciuta come errata», spiegano. «Si pongono ora due importanti problemi. Il primo», continuano Bagnai e Zanni, «è evidentemente quello del risarcimento del danno subito dall'istituto per colpa di un provvedimento ingiusto. Perché la funzione giurisdizionale abbia un senso, occorre che al riconoscimento di un danno segua la liquidazione di un risarcimento a carico dell'entità che ha inflitto il danno: la Commissione europea. Si pone poi un problema politico: l'atteggiamento interventista della commissaria Vestager e quello passivo del ministro Padoan portarono, sempre nel 2015, alla risoluzione anticipata delle quattro banche (Etruria, Marche, Carife, Carichieti), che avrebbero potuto essere salvate anche loro coi soldi del Fondo interbancario». Sul tema è intervenuta anche Federcasse, l'associazione nazionale delle 250 banche di credito cooperativo, casse rurali e casse Raiffeisen italiane. «La sentenza», spiega il presidente di Federcasse e del Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo, Augusto dell'Erba, «ribadisce de facto l'importanza e la insostituibilità dei fondi di tutela dei depositi nella fase sia di prevenzione sia di gestione delle crisi bancarie. Per quanto attiene al credito cooperativo, ricordo che il Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo negli anni ha svolto una funzione essenziale di presidio di difesa del risparmio. Le limitate situazioni di criticità delle Bcc italiane sono difatti sempre state risolte internamente senza alcuna ricaduta sulle finanze pubbliche e senza che alcun risparmiatore subisse danni». Resta quindi ora da capire chi pagherà i danni per una decisione che, a dir poco, si rivelò sbagliata e che ha comportato enormi problemi non solo ai risparmiatori, ma anche al Fondo interbancario di tutela dei depositi, alla Banca d'Italia e al Paese. Come ministro del Tesoro, Daniele Franco dovrà tirare le fila per lo Stato, ma anche per Via Nazionale e per il Fitd. C'è da credere, però, che non sarà una battaglia facile, né di breve durata.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)