2019-08-07
Tencent punta 6 miliardi su Vivendi. E a Macron passa l’allergia ai cinesi
Il colosso di Shenzhen acquista il 10% di Universal e si prepara a invadere il mercato Ue della musica grazie alla sponda di Vincent Bolloré. È chiaro: Parigi vede Pechino come rivale solo quando fa affari con noi.La Cina si avvicina e lo fa a suon di musica. È notizia di ieri che la cinese Tencent avvierà nell'immediato futuro negoziati con la francese Vivendi per l'acquisizione del 10% della Universal music group, oggi interamente di proprietà della società transalpina protagonista del settore media e comunicazione. A dare conto delle trattative è stata la stessa Vivendi. L'investimento è di quelli da capogiro: in termini di capitale, il valore societario totale stimato è pari a 30 miliardi di euro. Ma il colosso di Shenzhen si è portato avanti, annunciando di voler esercitare un'opzione di acquisto per un ulteriore 10. Dall'accordo tra Vivendi e Tencent dovrebbe nascere una joint venture a tutti gli effetti, con sinergie che vanno ben oltre il piano azionario e che promettono di spingersi fino alla creazione e alla programmazione dei contenuti. Le due parti, si legge nel comunicato dei francesi, sono al lavoro per individuare «aree di cooperazione commerciale strategica in parallelo». Come precisa la nota, Vivendi si mostra ora «molto interessata alla possibilità di una cooperazione rafforzata che consentirà a Umg di beneficiare delle opportunità di crescita offerte dalla digitalizzazione e dall'apertura di nuovi mercati». Grazie alla partnership definita «strategica» con Tencent, i francesi sperano di «rafforzare la promozione degli artisti Umg» ma anche «trovare e promuovere nuovi talenti in nuovi mercati».Tencent è un nome ancora poco conosciuto dalle nostre parti, ma per popolarità e dimensioni gode in Asia di un prestigio pari a quello di Google e Facebook in occidente. Il conto economico parla da solo: nel 2019 i ricavi hanno sfiorato i 40 miliardi di euro, mentre gli utili al netto delle imposte hanno superato i 10,2 miliardi. Il numero dei dipendenti (776.000 nel 2018) raggiunge la popolazione di Firenze e Bologna messe insieme. Ma la potenza di Tencent non si esaurisce nei numeri. Wechat, l'applicazione di messaggistica istantanea della quale è proprietaria (paragonabile a Whatsapp o Telegram) ha superato nel 2018 il miliardo di utenti attivi mensilmente (oggi sono 1,1 miliardi) diventando il social network in senso lato più gettonato in Cina. Basti pensare che Facebook è appena più avanti con 1,59 miliardi di utenti attivi nel secondo quadrimestre del 2019. Partita come semplice piattaforma per scambiarsi messaggi, Wechat nel tempo si è evoluta acquisendo tutta una serie di funzioni, tra le quali la possibilità di effettuare pagamenti nei negozi (un po' come Apple pay), giocare, prenotare nei ristoranti convenzionati e ordinare food delivery, ma anche accedere all'home banking, fissare una visita medica specialistica e accedere alla propria cartella giudiziaria. Una sorta di mondo digitale dal quale, a meno di non voler essere esclusi dalla pluristratificata società cinese, è sempre più difficile stare fuori. Nel tempo le relazioni con il governo di Pechino si sono fatte via via più strette. Di sicuro il monopolio della piattaforma gestita da Tencent è stato indirettamente favorito dalla stretta dell'esecutivo nei confronti delle altre applicazioni di messaggistica, come il blocco operato nei confronti di Facebook messenger nel 2009 e di Whatsapp nel 2017. D'altro canto gli analisti sono concordi nel ritenere che ormai i rapporti tra la holding e il partito comunista siano talmente stretti da considerare Tencent come un nuovo possibile «caso Huawei». E come in tutte le relazioni proficue che si rispettino, una mano lava l'altra. Proprio ieri Bloomberg ha reso noto che l'azienda è al lavoro per realizzare, a braccetto con il regime, videogiochi dai contenuti patriottici per promuovere gli ideali graditi ai dirigenti. Lo scorso marzo l'hacker olandese Victor Gevers ha rivelato che il contenuto di centinaia di milioni di conversazioni Wechat sono state condivise con le autorità cinesi. Secondo gli stessi autorevoli media oltreoceano, la rivelazione di Gevers dimostrerebbe che alla base di questa liaison c'è la chiara volontà da parte di Tencent di favorire le attività di controllo e censura operate dal governo cinese. Pur tenendo conto della singolare situazione del mercato in cui i «Bat» (acronimo utilizzato per indicare i colossi cinesi Baidu, Alibaba e Tencent) si trovano a operare, una condotta del genere non può non interessare da vicino anche l'Europa. L'operazione odierna con Vivendi prova che lo step successivo nella strategia di questi operatori è quello di espandersi sia dal punto di vista della diversificazione del business che dell'allargamento geografico. È notizia di poche settimane fa, per esempio, che Bmw collaborerà con Tencent per lo sviluppo di auto a guida autonoma in Cina. Ma l'aspetto più singolare dal punto di vista geopolitico è che quando si è trattato dell'Italia il presidente francese Emmanuel Macron non si è fatto problemi, all'indomani dell'incontro tra il presidente Xi Jinping e il premier Giuseppe Conte, a definire la Cina un «rivale sistemico», mentre d'altro canto l'Eliseo è pronto a chiudere tutti e due gli occhi quando a fare affari con Pechino sono le aziende di casa. L'unica spiegazione possibile è che per i cugini d'oltralpe la Via della seta sia a senso unico.