2020-12-28
Tempo di datteri, il frutto «prezzemolo» che arricchisce tutte le tavole di Natale
È il giusto completamento delle abbuffate: aiuta la digestione, combatte il colesterolo «cattivo» e ha un effetto antiglicemico.C'è qualcosa che, sulle tavole natalizie, nei cesti natalizi, giammai manca (e, probabilmente, giammai mancherà). È il dattero, che neanche una volta sfugge alla comparsata tardo dicembrina, non perché ne andiamo follemente ghiotti e non perché sia per noi un frutto profondamente identitario come è per altri, ma semplicemente perché per Natale giunge in tutti i supermercati tanta frutta secca assente in altri periodi dell'anno, come i fichi secchi, questi sì italianissimi, e, appunto, i datteri secchi che tutti abbiamo presente. Pressati nella confezione rettangolare bianca, imbibiti e rivestiti di sciroppo di glucosio che li lucida a specchio, con la classica forchettina di plastica color avana chiaro: Benedetto, il fondatore della Noberasco, fu il primo a confezionare i datteri all'inizio del secolo scorso, quando ancora si vendevano sfusi, accompagnandoli nella confezione «Marsigliese» con una ballerina stilizzata a mo' di forchettina ispirata a una danseuse dell'epoca della quale si era innamorato.Anno dopo anno, i datteri sono sempre lì ad attenderci. La ragione è presto detta. È tipico delle delle feste natalizie preparare pranzi eleganti e abbondanti come in nessun'altra festività dell'anno, con mille antipasti, più primi come secondi e un ventaglio senza fine di possibilità di piluccamento post prandiali e post panettone & pandoro, che vanno dai torroni d'ogni gusto alla frutta secca. La volontà di portare in tavola più frutta secca possibile, perché anche per il finale la tavola sia ricchissima, è anche il motivo per cui nel periodo del presepe e dell'abete addobbato ne troviamo di tutti i tipi, nei negozi, datteri compresi. Da una parte questo strano destino italiano di «prezzemolo» del Natale garantisce al dattero mediorientale e nordafricano (li importiamo da lì) un'esistenza nel nostro territorio. Ma è un lampo così tanto legato alle cibarie per la celebrazione della nascita di Gesù che, dall'altra parte, impedisce al dattero di essere davvero conosciuto come frutto e come alimento dal mangiatore nostrano. Per esempio, non tanti sanno che esiste anche il dattero secco, sì, ma asciutto, in quanto privo di sciroppo di glucosio (e conservanti), proprio come i nostri fichi secchi artigianali o casalinghi (molti seccano i fichi in casa). caramella naturaleIl dattero è una bacca, cioè un tipo di frutto carnoso. Quello che chiamiamo nòcciolo è il suo seme, lungo circa 2,5 centimetri e spesso circa 8 millimetri, immerso nell'endocarpo. Talvolta li troviamo denocciolati, talaltra con tutto il nocciolo: in entrambi i casi ne assaporiamo solo gli altri due strati, cioè mesocarpo (polpa) ed epicarpo (buccia). La nostra bacca è una sorta di caramella naturale, di forma oblunga e di lunghezza tra i 4 e 6 centimetri, con una polpa molto dolce e carnosa, dal tipico colore marrone chiaro e la buccia marrone scuro, mentre da freschi sono di colore rosso acceso. Il dattero appena colto è molto delicato da trasportare e anche per tale ragione esso è prodotto, commercializzato e consumato soprattutto essiccato, trattamento che gli fa perdere circa il 50% di acqua. È difficilissimo trovare datteri freschi in Italia anche perché noi non li coltiviamo. Quelli che troviamo nei nostri negozi sono, in genere, di provenienza tunisina e non hanno la fama della superba qualità: sono considerati migliori quelli di Israele, più grossi e più morbidi. Nello Stivale la pianta del dattero è presente solo con funzione ornamentale (è diffusissima in Sicilia, ne sono pieni i giardini di Palermo) e a impedirne la volontà produttiva agricola nazionale contribuisce residualmente il noto punteruolo rosso, un coleottero curculionide originario dell'Asia resistente, in pratica, a tutto, che da noi infesta le palme. Principalmente, invece, influisce il fatto che la palma da dattero potrebbe forse fruttificare solo all'estremo Sud della nostra nazione, perché, pur sopravvivendo in climi più freschi, ha rigorosamente bisogno di temperature vicine ai 40 gradi per la corretta maturazione dei frutti. Durante il fascismo, si attuò la coltivazione autarchica italiana del dattero: la si effettuava nella regione del Fezzan (italianizzata in Fasania) che, insieme con altri parti dell'attuale Libia, all'epoca era nostra colonia. Benito Mussolini vi fece immigrare molti coloni italiani. Abbiamo detto palma: il dattero è infatti la bacca della palma da datteri (Phoenix dactylifera), un arbusto che spesso è scambiato per un albero, essendo gigantesco. Il nome «dattero» deriva dal greco antico dáktylos, cioè «dito»: la sua forma ricorda una falange e le popolazioni arabe e musulmane lo considerano frutto originato dalla stessa materia dell'uomo, in quanto credono che Allah abbia creato l'albero da datteri con la creta avanzata dopo aver generato Adamo. Tradizionalmente, durante il periodo del ramadan, i musulmani ogni sera rompono il digiuno iniziato all'alba con un bicchiere di latte e un dattero. Originaria dell'Asia minore, nota da circa 5.000 anni, la palma da dattero appartiene alla famiglia delle Arecaceae, può raggiungere i 30 metri di altezza, comincia a fruttificare in quantità rilevante a partire dall'ottavo anno di età, raggiunge la piena maturità al trentesimo e inizia a deperire verso gli 80-100 anni. Esistono più di 1.000 varietà di datteri e, pensate, nel 2005 una palma da dattero che poi è stata giustamente, diremmo, chiamata Matusalemme è germogliata da un seme vecchio di 2.000 anni. La produzione di datteri varia dai 100 ai 200 frutti per racemo, il grappolo, che arriva a pesare circa 12 chili. Ogni albero produce una media annuale di 100 chili di datteri. Caratteristica delle oasi desertiche, la palma da dattero è diffusa nelle regioni calde e aride, soprattutto in Medio Oriente, India, Nord Africa, Canarie e nella parte Sud degli Stati Uniti: lungo il ventinovesimo parallelo si dispongono le migliori zone per la sua coltivazione e corrono alcune rotte storiche delle vie carovaniere che commerciavano datteri. il «pane del deserto»Le cultivar più diffuse sono Medjool, Deklet noor, Ameri, Deri, Halawi e Zahidi, Berhi, Hiann. È molto importante la varietà «da amido», dalla quale si ricava il cosiddetto «pane del deserto», un fondamentale alimento per i beduini. Le varietà di dattero coltivate si raggruppano in tre categorie: a frutto morbido, semimorbido e duro. Le varietà a frutto morbido hanno meno produttività, sono quelle sovente consumate fresche e costano di più; quelle a frutto duro sono molto resistenti e produttive e sono usate per la produzione di farina o dei dolci tipici dell'area araba, quelli semiduri sono destinati all'essiccazione e seccati, costituiscono oltre il 95% dei datteri secchi in commercio. Il Corano menziona molte volte il dattero, che è decisamente un frutto iconico nella cultura araba e musulmana. Però, anche i Romani usavano il dattero per aromatizzare il vino e lo consideravano un simbolo di vittoria, di trionfo e di onore (come i Greci), in virtù del fatto che la palma, seppur appesantita dai racemi carichi, non si spezza. Pare che l'imperatore Augusto amasse così tanto questi frutti da mangiarne moltissimi e che la prima palma cresciuta a Roma sia originata da un seme gettato dalla sua mensa. Il dattero significa molto anche per i cristiani: le foglie sono simbolo di pace e ricordano l'entrata di Gesù in Gerusalemme che celebriamo, appunto, la Domenica delle Palme, quando ci si scambiano rami di palme e, laddove non ci siano, di olivo benedetti. Nella Bibbia, nel Cantico dei Cantici, nel capitolo Nella sposa tutto è bellezza e armonia Salomone dice: «La tua statura è slanciata come una palma / e i tuoi seni sembrano grappoli. / Ho detto: “Salirò sulla palma, / coglierò i grappoli di datteri". / Siano per me i tuoi seni come grappoli d'uva / e il tuo respiro come profumo di mele». è anche un ricostituenteI datteri erano l'ingrediente principale, con - tra altro - mandorle, zenzero, pepe, macis, cannella, ruta e finocchio, di un rimedio di farmacopea marittima occidentale di nome diaphoenix, un elettuario, cioè un preparato antico, in forma di polveri o polpe vegetali impastate con miele per coprirne il sapore. Nell'Encyclopedie Diderot spiegava che nella dose di un'oncia aveva effetto purgante e che, in generale, si prescriveva in caso di apoplessia e letargia, per la sua qualità di immediato rinvigorente. L'impatto del dattero sulla salute è molto interessante anche se consumato in purezza. Per 100 grammi di datteri secchi, che corrispondono a circa 10 datteri, abbiamo 253 calorie, il 94% sono carboidrati, il 4% proteine e il 2% lipidi. Essendo secco, il dattero non ha moltissima acqua: 17,3 grammi di acqua su 100, poi 2,7 grammi di proteine, 0,6 di lipidi, 63,1 di zuccheri solubili e 8,7 di fibra, di cui 1,24 grammi di fibra solubile e 7,49 di fibra insolubile. Le fibre solubili e insolubili dei datteri aiutano a digerire, a ridurre il colesterolo «cattivo» cioè Ldl, favoriscono il transito intestinale (in grande quantità possono avere effetto lassativo) e proteggono dal cancro al colon. Grazie alle fibre insolubili e al contenuto di zuccheri a lento rilascio, il dattero secco asciutto o fresco può avere effetto antiglicemico. I datteri contengono anche tannini. Somministrati per via topica come per via orale, hanno effetto antibatterico e antifungino. Per sola via orale hanno effetto antidiarroico e per sola via topica hanno un effetto vasocostrittore e rigenerante della pelle affetta da piccole ferite e ustioni e sono utili anche nella dermatite. Abbiamo poi 5 grammi di vitamina A, che protegge vista, mucose e pelle e difende da tumori al polmone e alla cavità orale. Di rilievo è anche il contenuto di carotenoidi: betacarotene (89 grammi), luteina e zeaxantina (23 grammi), che contrastano la degenerazione maculare senile e potrebbero proteggere da patologie tumorali varie (dalla prostata al seno, passando per endometrio, polmone e pancreas). Il dattero si può considerare un multivitaminico e multiminerale pocket: la triade delle vitamine del gruppo B, la 1, la 2 e la 3, tiamina, riboflavina e niacina, aiutano a convertire il glucosio in energia e sono considerate le vitamine energizzanti per eccellenza. Tra i sali minerali ricordiamo 750 milligrammi di potassio e 54 milligrammi di magnesio: il primo è essenziale per la contrazione dei muscoli incluso quello del cuore e il buon funzionamento del sistema nervoso e del metabolismo, l'ultimo è necessario, tra altro, per la sintesi delle proteine e il funzionamento corretto dei muscoli e dei nervi. A prescindere dalle feste, potete fare dei datteri uno spezzafame salutare: ne bastano 4 per avere una merendina rimineralizzante, vitaminizzante ed energetica da 100 calorie. Beveteci sempre un bicchiere di acqua insieme, per sfruttare al meglio le fibre.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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