
Jean-Paul Delevoye, padre della contestatissima riforma, dà le dimissioni dopo la scoperta di tredici attività private non dichiarate. Intanto il Paese è bloccato da settimane e all'orizzonte si profila un Natale tra scioperi e proteste che alzerebbe di molto la tensione.Ennesima tegola su Emmanuel Macron. L'architetto della sua contestatissima riforma pensionistica, Jean-Paul Delevoye, ha rassegnato ieri le proprie dimissioni: negli ultimi giorni, era finito al centro di numerose polemiche, a causa di tredici attività private che aveva omesso di dichiarare all'Haute Autorité pour la transparence de la vie publique e per aver proseguito a ricoprire incarichi retribuiti dopo essere entrato nel governo, contravvenendo in questo modo all'articolo 23 della Costituzione francese. Ad attaccarlo erano stati soprattutto i sindacati e i partiti di opposizione. Mediatore della Repubblica ai tempi delle presidenze neogolliste di Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy, era successivamente approdato al movimento macroniano En Marche per poi assumere il ruolo di alto commissario alle pensioni due anni fa. Dall'Eliseo hanno fatto sapere che il passo indietro di Delevoye sarebbe frutto di una scelta personale e che il commissario verrà «sostituito al più presto»: l'idea sarebbe quella di arrivare a una nuova nomina già entro domani. Tuttavia, come sottolineato da Le Monde, non è detto che l'avvicendamento si rivelerà esattamente facile. Non solo perché, all'interno del governo, non comparirebbero al momento figure ferrate in materia pensionistica. Ma anche perché questa stessa materia è sempre più al centro delle polemiche, a causa della riforma del settore promossa dal primo ministro, Édouard Philippe, e di cui proprio Delevoye risultava il principale regista. Il rischio - ragionano all'Eliseo- è che lo scandalo e le conseguenti dimissioni del commissario possano produrre adesso delle ripercussioni negative sulla stessa riforma. Un progetto profondamente impopolare che, ormai da due settimane, ha scatenato durissime proteste, in grado di paralizzare gran parte del Paese. Nella sostanza, la proposta del governo - esposta ufficialmente dallo stesso Philippe la scorsa settimana - consiste nella creazione di un impianto pensionistico a punti e soprattutto nell'abolizione dei «regimi speciali»: abolizione che ha l'obiettivo di creare un unico sistema, nel nome di una razionalizzazione complessiva. Si tratta di uno scenario, che non è tuttavia stato granché digerito, soprattutto da alcune categorie, come quella delle forze dell'ordine e dei ferrovieri. Ad essere sul piede di guerra risulta in particolare il settore dei trasporti: in tutta la Francia sono pochissimi i treni e le metropolitane in servizio, con conseguenti disagi di vastissima portata. Basti pensare che, nella mattinata di ieri, si sono verificati oltre seicento chilometri di code e ingorghi sulle strade dell'Ile-de-France. Tutto questo, mentre la distanza tra il governo e i sindacati resta per il momento difficilmente colmabile. Non a caso, è stata convocata una nuova manifestazione per oggi, con l'obiettivo di continuare a tenere in scacco l'intero Paese anche nel corso del periodo natalizio. Un'eventualità che il governo teme non poco. «Non credo che i francesi accetterebbero che alcuni possano privarli di questo momento», ha infatti dichiarato il premier. Ed è proprio la questione natalizia che potrebbe entrare a gamba tesa nello scontro sulle pensioni. Secondo un sondaggio commissionato da Le Figaro, il 55% dei francesi riterrebbe «inaccettabile» una continuazione dello sciopero dei trasporti nel periodo di Natale, mentre un 37% sosterrebbe che questa opzione sia «legittima». A fronte di tale situazione, il governo sta cercando di muoversi su due linee complementari. Da una parte, sta tentando di rompere il fronte sindacale, lanciando segnali di distensione verso le sigle meno agguerrite. Dall'altra, è possibile che Philippe voglia far leva proprio sulla possibilità che la protesta diventi impopolare nel periodo natalizio. Questa strategia machiavellica dovrà tuttavia fare i conti con la capacità di resistenza che i manifestanti francesi storicamente hanno spesso mostrato di possedere. E non è affatto detto che, in occasione delle festività, le tensioni sociali diminuiranno. Pensiamo del resto al fatto che, l'anno scorso, in questo periodo ebbero comunque luogo proteste da parte del movimento dei gilet gialli: proteste che sono poi proseguite anche nel corso del 2019. Inoltre, non va dimenticato che, in Francia, la questione pensionistica costituisca un dossier non poco spinoso. Sotto questo aspetto, bisogna ricordare il precedente storico del premier Alain Juppé che, nell'autunno del 1995, tentò una riforma pensionistica, poi naufragata a causa di uno sciopero a oltranza. Insomma, la situazione rischia di rimanere molto tesa. E un simile caos interno non costituisce una buona notizia per Macron, che sta cercando di rilanciare il proprio ruolo a livello internazionale: non solo con la proposta di un esercito europeo ma anche spingendo per la linea dura in tema di trattative con Londra in vista della Brexit. Il progetto della grandeur macroniana rischia quindi di fondarsi sulla sabbia. E, in questo senso, la riforma pensionistica rappresenta una prova decisiva per il destino politico dell'attuale inquilino dell'Eliseo.
(Getty Images)
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