2025-03-16
Tassa Von Truppen: 20 miliardi
Ursula von der Leyen (Getty Images)
Le dichiarazioni di Ursula sugli 800 miliardi per il riarmo si sono già tradotte in rialzi immediati dei rendimenti dei titoli di Stato. Il maggior costo delle emissioni, se restasse così, negli anni sarebbe un salasso per il Tesoro. E una svalutazione dei risparmi.Loro rifanno lo stesso corteo, noi rifacciamo lo stesso titolo: «Hanno la faccia come il c...». La citazione è urticante ma filologicamente inattaccabile, opera di Michele Serra nel 1991 quando faceva il rivoluzionario di redazione e dirigeva Cuore. Allora, prima della deriva da grigio sociologo fazzista (a proposito, Fabio Fazio dov’è?), almeno faceva ridere. Quel volto dell’intellighenzia collettiva riplasmato a fondoschiena è l’unico punto in comune della piazza eterogenea, contraddittoria, convocata a Roma per l’ultimo show in calendario: «Per un’Europa libera e forte». Il carnevale del Pensiero unico in tempo di quaresima.L’happening è simile in tutto e per tutto ai minestroni di dicembre organizzati dalla Cgil, alle manifestazioni pro Pal prenatalizie, alle sfilate contro il governo di Giorgia Meloni, contro le forze dell’ordine e per l’affermazione del sol dell’avvenire transgender. Bandiere diverse (là quelle rosse e arcobaleno, qui quelle di Bruxelles, dell’Ucraina, della Georgia) ma un comune denominatore identico: la celebrazione del Pd di Elly Schlein e dei suoi vassalli. Lo si intuisce subito dalla colonna sonora a Piazza del Popolo: si parte con L’inno alla gioia di Friedrich Schiller e si arriva a Bella ciao. Vent’anni dopo i girotondi di Nanni Moretti siamo sempre lì, dalle parti del socialismo irreale che si trasforma in sinfonia radical chic. Con Serra che sillaba dal palco «Siamo un popolo», con lo stesso tono con cui Piero Fassino diceva «Abbiamo una banca». Siamo sempre lì, mentre i militanti piddini inneggiano alla segretaria e lei gongola: «Una splendida piazza di partecipazione per l’Europa che vogliamo costruire: federale, unita, che affronta le sue sfide». La più impellente però sarebbe quella che utilizza gli 800 miliardi dei fondi di coesione per produrre missili, cacciabombardieri e carri armati contro i due nemici reali dei 30.000 scarsi in piazza: Vladimir Putin e più ancora Donald Trump. Infatti il pupazzo con una fetta di polenta in testa e un mazzo di banconote in bocca è il più sbertucciato dall’allegra sinistra in corteo. Tutti in trincea, dietro la baronessa anseatica Ursula von der Leyen con l’elmetto di Hermès. Ci sono anche i capi di stato maggiore Riccardo Magi e Matteo Renzi, gli assaltatori Carlo Calenda e Angelo Bonelli. Non hanno ben capito cosa li accomuni - come Alberto Sordi e Vittorio Gassman ne La grande guerra - ma fingono di marciare con gli stessi calli negli scarponi. Calenda è strepitoso: «L’Europa deve riarmarsi, la forza e la libertà stanno insieme. Oggi l’Europa o è potenza oppure non esiste. Nessuno di noi ha intenzione di lasciare la piazza ai “pacifinti”». Non sa che accanto a lui sfilano campioni di «pacifintismo» come i cappellani militari della Comunità di Sant’Egidio e i nipotini dell’Anpi. Infatti il presidente, Gianfranco Pagliarulo, ha ben altri obiettivi: «L’Europa deve ricostruire il welfare, che scomparirà se davvero si destinassero 800 miliardi alle armi». Deve avere sbagliato corteo. Nel gruppo spicca il carrista Nicola Fratoianni, che ha lasciato la Tesla da 47.000 euro in garage. Tutto questo ha un che di comico, infatti Giuseppe Conte si è defilato con un sussulto di realismo: «La vostra è una reazione isterica. Sfilare significa essere semplicemente favorevoli al riarmo».Il Serra Pride è uno spaccato della gauche caviar romana televisivo-cinematografara in purezza; non sono ammessi i «ceti subalterni» (copyright Gad Lerner). Capalbio e Nuvole in attesa che tuoni il cannone. Non poteva essere che il conte granatiere Paolo Gentiloni ad annunciarlo: «La manifestazione mi riempie di gioia. La coincidenza tra Trump e l’invasione russa hanno smosso le cose. Dopo la caduta del Muro di Berlino si è cominciato a parlare di difesa europea, 30 anni di slide, di dibattiti. Niente». Lui ne sa qualcosa perché nell’ambiente è soprannominato Er Moviola.In Piazza del Popolo non c’è l’Europa del lavoro preoccupata dalla devastante transizione green e dai dazi americani; non c’è quella dei valori cristiani fondativi, ormai derubricati a scomodo dettaglio; non c’è quella della ripresa economica dopo anni di stagnazione. C’è il vitreo ologramma dell’Unione immaginato dal generone. Con numerosi «cuori inquieti a stipendio fisso», come li definiva Carlo Emilio Gadda, ad alternarsi sul palco. Roberto Vecchioni per fare finalmente outing politico: «Ai giovani dico, siete voi che dovete rimediare alle cazzate che abbiamo fatto noi». Antonio Scurati per ricordare che i quattro M sono ancora in vendita: «Ripudiare la guerra non significa essere inermi. Ho passato anni a raccontare il fascismo e le guerre, questo mi ha insegnato che la lotta è diversa dalla guerra, essere contro la guerra non significa rinunciare a lottare». Jovanotti senza neppure sapere perché: «Il mio desiderio è che l’Europa guardi molto di più al Sud, considerandolo una componente fondamentale della propria vitalità, meraviglia, ricchezza di identità diverse». Mentre si avvolgono nelle bandiere Gianrico Carofiglio, Corrado Augias, Corrado Formigli, Claudio Bisio, Lella Costa, Liliana Segre e Pif, diventa preoccupante un’assenza: Fabio Fazio dov’è? Quando Mauro Pagani intona Creuza de ma’ il Concertone del Primo Maggio è cosa fatta. Il Serra Pride stinge nel tramonto romano, tutti contenti tranne una: Pina Picierno. La vice del Parlamento Ue e promotrice politica dell’happening non se l’è filata nessuno. Poco male, contano gli ideali dell’Europa «libera e forte» che vengono opportunamente trasferiti in terrazza per lo spritz dai campioni del cerchiobottismo cosmico. Per essere davvero forte l’Europa dovrebbe liberarsi. Ma da loro.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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