2020-11-10
Tarfusser: «Spreco di risorse contro di me»
Svanita l'assurda accusa per aver accettato un passaggio di un chilometro su un'auto dell'Arma, l'ex giudice dell'Aja attacca i colleghi, poiché il procedimento lo ha tagliato fuori da nomine di peso. Le stesse intaccate dal cosiddetto sistema Palamara. L'inchiesta della Procura di Bolzano è durata più di due anni e mezzo tra accertamenti, controlli telefonici, perquisizioni, sequestri e interrogatori. Ha prodotto cinque faldoni pieni zeppi di documenti, un totale di quasi 11.000 pagine, e a un certo punto è stata addirittura «secretata», cioè posta sotto particolare vincolo di segreto. S'indagava su un'organizzazione eversiva? Su un pericoloso criminale seriale? Su un trafficante internazionale di droga? No. Su un alto magistrato e su un suo presunto peculato per cui la stessa Procura, lo scorso 18 settembre, è stata costretta a chiedere l'archiviazione giustificandola con la «particolare tenuità» del fatto: e cioè l'aver percorso appena un chilometro in un'auto di servizio, guidata da un amico carabiniere, per andare a mangiare una pizza assieme. Tanto strana e diseconomica è stata, l'inchiesta, che l'indagato a sua volta s'è opposto all'archiviazione chiedendo il proscioglimento pieno. E in una memoria ha fornito la sua (sconvolgente) spiegazione della vicenda: «Il vero obiettivo dell'indagine», scrive, «è stato quello di danneggiarmi, di sporcare la mia carriera, di minare la mia credibilità». L'accusa, inevitabilmente, riporta alla mente l'osceno mercato delle promozioni in magistratura e gli scambi di favori scoperti grazie alle intercettazioni disposte dalla magistratura perugina sullo smartphone di Luca Palamara, l'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, nonché leader della corrente di Unicost. Ed è un'accusa grave, lanciata da una fonte autorevole. Perché l'indagato è Cuno Tarfusser, 66 anni, oggi sostituto procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano, dal 2001 al 2009 procuratore di Bolzano e poi passato alla Corte penale internazionale dell'Aja, di cui è stato l'unico giudice italiano e il vicepresidente fino al novembre 2019. Tarfusser è noto anche perché la sua gestione della Procura di Bolzano viene ricordata come un vero gioiello: l'efficienza era balzata alle stelle, mentre la spesa dell'ufficio era stata addirittura ridotta di due terzi. I giornali e il ministero della Giustizia avevano gridato al miracolo, e tre successivi Guardasigilli avevano dichiarato che la «formula Tarfusser» andava applicata a tutte e 140 le Procure d'Italia. Con un curriculum del genere, al suo ritorno in Italia nel 2019 Tarfusser in teoria avrebbe potuto ambire a qualsiasi ufficio. Il suo problema, però, è che non ha mai fatto parte di una corrente. Il difetto era brutalmente emerso già nel 2015, quando il pensionamento di Edmondo Bruti Liberati, storico leader di Magistratura democratica, aveva lasciato scoperto il posto di procuratore a Milano. Anche Tarfusser aveva fatto domanda, dall'Olanda, ma non era stato né convocato né ascoltato. La storia si ripete nel 2019. Dall'Aja, l'1 febbraio, Tarfusser si candida a succedere a Giuseppe Pignatone, il procuratore di Roma che di lì a poco dovrà andare in pensione. Con lui si fanno avanti 12 magistrati, dal procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, a quello di Firenze, Giuseppe Creazzo, e ovviamente partono mille manovre. Intanto Tarfusser si candida anche come procuratore generale a Brescia e Genova, altri due posti in quel momento liberi. Ma i giochi, come ha dimostrato lo scandalo Palamara, spesso si giocano altrove. E con mezzi diversi dal curriculum. Sta di fatto che, con un'impressionante coincidenza di date, dopo un anno d'indagini a carico d'ignoti, il peculato dell'auto dei carabinieri di Bolzano trova i suoi presunti responsabili proprio il primo febbraio 2019 ed è così che il nome di Tarfusser emerge dalle nebbie investigative. «Sono certo che, a partire dalla mia iscrizione a registro delle notizie di reato l'1 febbraio 2019, i miei indagatori hanno provveduto a informare dell'indagine il Consiglio superiore della magistratura, il ministro della Giustizia e il procuratore generale della Cassazione». Quella segnalazione, pur trattandosi di un reato «di particolare tenuità», ma probabilmente inesistente, basta a bloccare tutto.Difatti ogni promozione, almeno finora, è sfumata. Oggi Tarfusser accusa i suoi accusatori, il sostituto procuratore Igor Secco e il procuratore di Bolzano Giancarlo Bramante, di una «trance investigativa», alla ricerca di reati «a tutti i costi», e di aver «speso inutilmente un'enormità di risorse umane e finanziarie per inutilmente cercare ciò che non si sarebbe mai trovato». L'indagato respinge con sdegno l'accusa stessa di peculato: la corte di Cassazione, nel settembre 2019, ha stabilito che il reato non sia configurabile «nell'uso episodico di un'auto di servizio, quando la condotta non abbia leso la funzionalità della pubblica amministrazione e non abbia causato un danno patrimoniale apprezzabile». Tarfusser protesta infine perché in due anni e mezzo d'indagine non è mai stato interrogato, nemmeno una volta: l'avessero fatto, avrebbe potuto dire agli inquirenti che nei suoi quasi 11 anni e mezzo trascorsi all'Aja, e con un ritorno a Bolzano in media una volta al mese, per un totale quindi di 250-270 viaggi, non ha mai utilizzato una vettura di servizio, ma ha sempre preso la sua automobile o una navetta da e per la stazione e quindi il treno per andare in Olanda oppure per tornare a casa. Ovviamente, compiendo tutti quei viaggi sempre e soltanto a sue spese. Perché Tarfusser, che pure avrebbe potuto facilmente ottenerla, non ha mai chiesto la scorta e l'auto di servizio.