2019-11-09
«Taranto è già morta tante volte ed è rinata. Sempre peggiore»
Lo scrittore Angelo Mellone che nel suo ultimo libro ha profetizzato la chiusura dell'ex Ilva: «Senza la fabbrica qui sarà una catastrofe».Siamo alla fine? «Spero di no, ma la situazione è gravissima. Per un tarantino è impensabile che si spengano i forni. Ci saremo: fino alla fine». Angelo Mellone, capostruttura di Rai 1, giornalista, scrittore, autore e conduttore è tornato da un mese in libreria con un romanzo che sembra un reportage delle contraddizioni dell'Italia contemporanea da una posizione di minoranza: quella di chi ha una cultura di destra. Fino alla fine (Mondadori, 515 pagine, 21 euro), mentre Ancelor mittal annuncia la chiusura dell'ex Ilva, appare una profezia. «Non ho poteri divinatori. Avevo bisogno per ambientare il romanzo di una situazione di conflitto e ho scelto di raccontare quella che conosco meglio: Taranto. Il valore profetico che viene attribuito al libro è dato dal racconto analitico e proiettivo dei dati di fatto. È stato sufficiente leggere in trasparenza la realtà per descrivere in anticipo ciò che stava per succedere. L'ho scritto sulla quarta di copertina: questo libro è basato su fatti che non sono ancora accaduti».Il libro ha un sottotitolo, «Romanzo di una catastrofe». Siamo alla catastrofe?«Se la fabbrica chiude sì. Rispondo con una frase di uno dei protagonisti: troppe volte ho visto morire questa città. Ogni volta è rinata sempre peggio. Non serve ammazzarla un'altra volta, l'alba del giorno dopo sarebbe peggiore del tramonto. Ho anche la sensazione che non si abbia fuori da Taranto l'idea di che cos'è la fabbrica: sono 15 milioni di metri quadri, il treno nastri è lungo più di un chilometro, ora ci lavorano in 10.000 più l'indotto, ma ci sono stati tempi in cui lì dentro lavoravano 35.000 persone».La vita di suo padre è stata segnata da quella fabbrica, perché lei l'ha difesa?«Perché per tanti tarantini come me quella non è né l'Ilva, né la Mittal, per noi è sempre il Siderurgico e il Siderurgico è un mondo. È stato un welfare vero, se vuoi è stato anche la retorica della Befana per i figli dei dipendenti e delle collane di romanzi regalate agli operai a Natale; il Siderurgico ha cambiato la vita di centinaia di migliaia di persone. Se la domanda è: si può produrre acciaio pulito? La risposta è sì. Se la domanda è: va migliorata la fabbrica? La risposta è sì. Ma la risposta non può mai essere: si chiude. Non ha senso, non ce lo possiamo permettere. Oltretutto si sono spesi centinaia di milioni di euro per coprire il parco minerario, si sono già fatti investimenti molto consistenti. Il Siderurgico è la più importante acciaieria d'Europa. L'Italia non può rinunciare a quella produzione». Nel libro ci sono almeno quattro profezie. La prima è un governo tecnico di centrosinistra appoggiato dall'Europa e da un partitino di destra. La seconda è che s'immagina che il Siderurgico chiuda.«Gli avvenimenti sono narrati nel 2022. Avevo bisogno di spostare di tre anni lo scenario temporale perché i fatti non ancora accaduti potessero essere davvero tali. Però la città con la grande fabbrica che doveva essere lo sfondo del libro sta diventando la vera protagonista. C'è anche un'altra profezia che riguarda il quadro politico. L'Italia finisce in mano a un governo tecnico di centrosinistra dove però c'è un partitino di destra neonato. E nel frattempo si organizza un Blocco nazionale per contrastarlo, mi pare che qualcuno abbia lanciato l'idea della Coalizione degli italiani. Non siamo molto distanti. Nel libro uno dei protagonisti è Claudio, un viceministro del partitino di destra inviato a risolvere il caso Taranto. Nonostante abbia avuto un padre morto per via del Siderurgico vuol fare di tutto per salvare la fabbrica. E come avversario ha Chiodo, un camerata che ha militato con lui nel Msi che, improvvisamente abbacinato da una fake news che parla di 600 bambini nati deformi, organizza un gruppo ecologista e vuole far chiudere lo stabilimento. Questo è uno dei tradimenti che animano il libro».Nel romanzo ci sono tantissimi personaggi, c'è anche molta televisione. E molta narrazione o forse nostalgia della destra politica. È il mondo di Angelo Mellone?«Sì, e Claudio pensa più o meno come me. Il libro è scritto come una sceneggiatura e già sto pensando di portarlo in immagini. Ci sono tante delle dinamiche politiche che ho conosciuto, ma soprattutto c'è una critica alla contemporaneità. Mi sono molto occupato di quello che si chiama effetto wrestling, ovvero la virtualità che nega la realtà. Credo che nella vicenda del Siderurgico ci sia molto effetto wrestling».Nel libro c'è anche una sorta d'impeto ecologista. Non è strano che nasca a destra?«Fa parte delle fake news che alla destra politica non appartenga una coscienza ecologista». Com'è nata l'idea?«È la prosecuzione di Nessuna croce manca, il mio precedente romanzo, che si sviluppa negli anni Ottanta. I protagonisti si ritrovano a Taranto dove fanno ritorno a 50 anni passati. I valori della comune militanza politica, l'amicizia vengono travolti in una città incattivita dove la contrapposizione tra chi difende la fabbrica e chi la considera un mostro alimenta una tensione fortissima».Come finirà a Taranto?«Rispondo con un dialogo del libro. Claudio: “E tu pensi davvero che se il Siderurgico abbassa le saracinesche andiamo in paradiso e arriveranno investitori, cultura, turisti, casinò, vino e figa? Lo pensi davvero? Mi spiegate dove troviamo 20.000 posti di lavoro? Per fare cosa? Quale sarebbe il modello produttivo?". Chiodo: “Per un periodo lo Stato dovrebbe pagare…"».