2019-03-05
Tarantini porta le escort in Consulta. Oggi il verdetto sulla legge Merlin
Appello del manager condannato per aver procurato le ragazze a Silvio Berlusconi. Il giudizio inciderà sul tema autodeterminazione.Che c'entra la prostituzione con il suicidio assistito? Che c'entra l'ex manager Gianpaolo Tarantini con il caso dj Fabo? C'entrano, se nel diritto di decidere del proprio corpo rientrano sia la possibilità di venderlo, sia quella di porre fine alle sue sofferenze. Prima i fatti. Ricordate Tarantini? Imprenditore barese, condannato in via definitiva per bancarotta fraudolenta. Ma, soprattutto, protagonista delle cene eleganti di Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli. Il lettone di Vladimir Putin, Patrizia D'Addario che fugge «per evitare un'orgia», le giovani escort, l'«ape regina» Sabina Began… Un giro che, nel 2009, sarebbe stato organizzato proprio da Tarantini per ottenere dal Cavaliere, allora premier, alcuni favori: candidarsi con Forza Italia alle elezioni europee e fare affari con la Protezione civile (impegnata con il sisma dell'Aquila) e con Finmeccanica. Il progetto del faccendiere, tuttavia, naufragò a causa dell'intervento della Guardia di finanza. In primo grado, Tarantini è stato condannato a 7 anni e 10 mesi per sfruttamento e induzione alla prostituzione. Ma lo scorso anno, la Corte d'appello di Bari ha sollevato una questione di costituzionalità in merito al reato contestato a Tarantini. Su questo, oggi è prevista la pronuncia della Consulta. La norma che inchioda il faccendiere, la famosa legge Merlin, punisce appunto i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. I giudici baresi, però, osservano che quella legge potrebbe essere in conflitto con il «principio della libertà di autodeterminazione sessuale», nella quale rientra anche la «scelta di offrire prestazioni sessuali verso corrispettivo». Ci sarebbe poi un cortocircuito con l'articolo 41 della Costituzione, sulla libertà d'iniziativa economica privata. Per la Corte d'appello di Bari, inoltre, la legge Merlin potrebbe violare il principio di «tassatività e determinatezza della norma incriminatrice»: il reato sarebbe troppo generico. La condotta criminosa mancherebbe pure della «necessaria offensività», giacché il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione «non arrecherebbero offesa al bene giuridico tutelato», ovvero l'autodeterminazione sessuale, che, anzi, sarebbe facilitata a esprimersi «dall'apporto di terzi». Praticamente, non solo il presunto Lenone non danneggia le escort, ma addirittura le aiuta a esercitare il diritto fondamentale di decidere autonomamente della loro sessualità. È questo lo spunto che ci permette di collegare nani e ballerine di Tarantini al suicidio assistito.Pochi mesi fa, la Corte costituzionale si è espressa sul caso di Fabiano Antoniani, il dj rimasto cieco e tetraplegico in seguito a un incidente e accompagnato dall'attivista dei Radicali, Marco Cappato, a morire in una clinica svizzera. Cappato, che si era autodenunciato, è finito alla sbarra per aiuto al suicidio. In seguito, la Corte d'assise di Milano ha sollevato il dubbio di legittimità sull'articolo 580 del codice penale, che punisce «chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione». A ottobre 2018, la Consulta ha deciso di rinviare la pronuncia di un anno, dando tempo al Parlamento di colmare il «vuoto legislativo» sul fine vita. Ma ha lasciato intendere che, in caso l'Aula non si fosse espressa, sarebbe stata proprio la Suprema corte a prendere l'iniziativa, dichiarando incostituzionale il reato di aiuto al suicidio per tutelare «altri beni costituzionalmente rilevanti». Ossia, la libertà di una persona condannata all'immobilità e, dunque, incapace di togliersi la vita, di porre fine alle proprie sofferenze con l'aiuto di un terzo. Ecco. L'aiuto di un terzo. Se non deve essere reato aiutare un malato a morire, giacché un tetraplegico può «autodeterminarsi» a non vivere più, perché è reato «aiutare» una donna, libera e consenziente, a vendere il suo corpo? L'impianto della legge Merlin è in tutto e per tutto simile all'articolo 580 del codice penale sull'aiuto al suicidio. La norma del 1958 punisce chiunque «recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione», o «ne agevoli a tal fine la prostituzione», o «induca alla prostituzione una donna». Ma se la donna vuole trarre profitto dalla propria bellezza vendendo il suo corpo - pratica che la legge non proibisce -perché chi la aiuta a esercitare questo suo diritto deve essere punito? D'altronde, come Cappato non si è fatto pagare per portare Antoniani nella clinica svizzera (quella sì che si è fatta pagare!), così Tarantini non ha intascato i «regalini» di Berlusconi alle ragazze. L'imprenditore barese sperava solo che il Cav gli garantisse una corsia preferenziale in politica e nel business. Oggi, l'Avvocatura generale dello Stato, in difesa della legge Merlin, invocherà la tutela della dignità della persona. Scortare un disperato in una clinica che fa miliardi sopprimendo i malati è compatibile con la dignità umana? Qui le cose sono due. O seguiamo fino in fondo la strada del principio di autodeterminazione e stabiliamo che Tarantini e Cappato sono due benefattori, i «terzi» che hanno aiutato delle persone a esercitare un loro diritto. Allora tutto è lecito: aborto, prostituzione, eutanasia, eliminazione non solo del malato terminale ma pure del paraplegico, non solo del paraplegico ma pure del depresso, non solo del depresso ma pure dell'anziano «improduttivo»… Oppure stabiliamo che ci sono dei limiti. Ma in tal caso, punire chi aiuta qualcuno a fare sesso a pagamento e non chi l'aiuta ad ammazzarsi, pare un pochino arbitrario. Forse, la risposta più logica è che entrambe le condotte meritano di essere punite. O, per dirla in un altro modo, che essere un radicale non è una scriminante.
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Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco