2019-11-10
Tangenti ad Ancona: cinque arresti. Sotto accusa tutto il «sistema» Pd
A sinistra Valeria Mancinelli, tre suoi assessori sono indagati (Ansa)
In carcere geometra del Comune: l'ipotesi è corruzione in cambio di favori a un giro di imprese amiche. Fra i 30 indagati, tre assessori della «giunta modello» con cui il sindaco dem voleva «contaminare l'Italia».Adesso che il pentolone contenente la lista di 16 opere pubbliche con bandi taroccati o capitolati non rispettati è stato scoperchiato, quello che tutti ad Ancona chiamavano «modello» si è trasformato di colpo in un «sistema». L'inchiesta che fa tremare il Partito democratico ed esponenti della sinistra in sella da un trentennio nel capoluogo marchigiano è stata denominata Ghost jobs, lavori fantasma. E fa a pezzi l'immagine che la sindaca Valeria Mancinelli, ex Pci approdata al Pd e premiata con il World mayor prize 2018, voleva esportare, pubblicizzandola anche in un libro sui principi di buon governo. La sfiga ha voluto che il suo assessore ai lavori pubblici, Paolo Manarini, finisse tra i nomi dei coinvolti, con accuse di abuso d'ufficio, truffa e turbativa d'asta (insieme ad altri tre uomini della giunta, Pierpaolo Sediari, vicesindaco accusato di turbativa d'asta, Stefano Foresi, assessore alla Protezione civile, e Paolo Marasca, assessore alla Cultura, entrambi accusati di omissione d'atti d'ufficio) proprio il giorno della presentazione del libro con il quale la sindaca voleva «contaminare l'Italia con il modello Ancona». È questo lo slogan che vorrebbe condurre il lettore tra le pagine intrise di propaganda. La Procura dà un'altra lettura a quelle sbandierate «buone pratiche». Le chiama «corruzione». E, un capo d'imputazione dietro l'altro, scardina il sistema Ancona e butta in galera con l'accusa di corruzione il geometra del Comune Simone Bonci, 40 anni. È una storiaccia di mazzette e ragalie varie (dalla telecamera hi tech ai lavori di ristrutturazione per il bagno di casa) quella ricostruita nelle pagine dell'ordinanza emessa dal gip del Tribunale anconetano, che nelle intercettazioni diventavano «caffè» per non dare troppo nell'occhio. In cambio c'erano i favori per un «cartello» d'imprese amiche alle quali veniva applicata un'appendice, sostiene l'accusa, di compensazioni e lavori mai eseguiti. Gli imprenditori sono finiti ai domiciliari, tutti con l'accusa di corruzione aggravata: Marco Duca, 53 anni di Cupramontana, titolare dell'impresa Duca Marco e company; il geometra Carlo Palumbi, 66 anni di Val Vomano (Teramo) e titolare della Procaccia Srl impresa edile; Francesco Tittarelli, 69 anni di Ancona, titolare della Tittarelli Francesco Sas con sede a Montesicuro; Tarcisio Molini, 65 anni, della ditta Mafalda Costruzioni Srl di Cingoli. L'indagine, partita da alcune segnalazioni della vecchia sezione di polizia giudiziaria della polizia locale (poi di colpo smantellata con trasferimenti e spostamenti interni) e da alcune denunce pubbliche dei consiglieri comunali di Forza Italia, è cominciata nell'autunno del 2018. Per gli investigatori c'è voluto davvero poco a capire che nell'ufficio del geometra Bonci si era installata una macchina per la sistematica violazione, stando a quanto sostiene l'accusa, dei principi cardine del buon andamento della pubblica amministrazione: trasparenza, economicità e correttezza. Come? «Non rispettando», scrivono i magistrati, «il principio di rotazione degli inviti e delle assegnazioni dei lavori». E così i compensi, in quel buon modello da esportare, sarebbero stati liquidati in modo diretto e sistematico sempre alla stessa rosa di ditte. I lavori, hanno scoperto gli investigatori della Squadra mobile, che hanno ereditato l'indagine della polizia locale, in gran parte non sarebbero stati eseguiti. Gli altri sono stati eseguiti in modo parziale e per un valore di gran lunga inferiore a quello del finanziamento comunale. Come per un vialetto nel centro, i cui lavori non hanno superato il collaudo (c'era anche un problema, come denuncia l'opposizione, con il certificato antimafia della ditta che li ha eseguiti). O come nel caso dei laghetti del Passetto, che in Procura ritengono emblematico. O, almeno, diventa emblematico per il contenuto delle intercettazioni. Bonci, nella sua stanza piena di microspie, sembra quasi confessare: «Sono stati fatti degli atti dove sono state pagate con altri fondi, cioè con i fondi cimiteriali è stato pagato il Passetto». E ancora: «Una parte dei lavori al Passetto da Molini erano stati liquidati con i fondi del parcheggio Traiano che non c'entra un ca' nemmeno con i cimiteri». Oppure: «Lavori non fatti al cimitero, quello è il problema». E con piglio da veggente, il geometra al termine del discorso profetizza: «Quando andremo in galera...». Ma è inutile scaricare solo su Bonci. Come ha provato a fare la sindaca parlando di «una mela marcia», dopo aver riconfermato in carica i quattro assessori indagati. «A Palazzo del Popolo», sostiene Stefano Pagliarini, cronista della testata locale Ancona Today, «in diversi sapevano, legittimavano quel sistema corruttivo o, nella migliore delle ipotesi, facevano finta di niente». Ora l'opposizione batte i pugni e presenta il conto. Il capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale Daniele Berardinelli, sentito dalla Verità, chiede una commissione d'inchiesta: «Spero che la maggioranza non si opponga. Ancona ha bisogno di chiarezza. E noi questo lo abbiamo denunciato da tempo».
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)