2021-02-10
«Tamponi e macchinari a basso costo da Seul, ma il governo ha detto no»
Pier Luigi Stefani (Sopa/Getty Images)
Pier Luigi Stefani, imprenditore, produttore di programmi televisivi e fondatore di Videomusic: «Il commissariato ha preferito spendere di più e rifiutare le tre proposte coreane».Non una, ma tre proposte dedicate al governo italiano che arrivavano dritte dritte da Seul per tamponi molecolari, mascherine Ffp2 e linee di produzione a basso costo che avrebbero potuto portare l'Italia velocemente verso l'autosufficienza da sistemi di protezione individuali. Pier Luigi Stefani, imprenditore, produttore di programmi televisivi e fondatore di Videomusic, per le amicizie che aveva stretto in Corea del Sud, nel marzo 2020, in piena tempesta pandemica, quando i dispositivi di protezione erano costosi e difficili da reperire, aveva una soluzione. E l'aveva proposta ad Assolombarda, ad alcune Regioni e, tramite un senatore della Repubblica, Massimo Mallegni di Forza Italia (toscano come Stefani), anche al governo (come confermato dal viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri), al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, alla struttura del Commissario per l'emergenza Domenico Arcuri e alla Protezione civile. E se per le mascherine, come ha confermato anche il senatore Mallegni, la struttura del commissario non avrebbe ritenuto l'offerta vantaggiosa (70 centesimi a pezzo contro i 2 euro e 20 di quelle importate, per esempio, dalle tre società cinesi e intermediate da Mario Benotti, Andrea Tommasi e Jorge Solis, sotto inchiesta a Roma per il reato di traffico di influenze illecite), Assolombarda, che ne aveva necessità per associati e dipendenti, «ha risposto sostenendo che aveva avuto indicazione dalla Protezione civile di non poter procedere a nessun tipo di acquisto autonomamente perché era stato tutto centralizzato, caso contrario avrebbero sequestrato il materiale alla dogana». Le parole di Stefani, anche se le pronuncia con un certo aplomb, sono molto dure e fotografano la pasticciata gestione dell'approvvigionamento dei dispositivi di protezione, mettendoci sopra un carico da 90.Partiamo dai tamponi molecolari, quelli per il cosiddetto drive in, prodotto di prima necessità nel contrasto alla diffusione del coronavirus, di che proposta si trattava? «Io non sono un imprenditore del settore, ho solo avuto la possibilità, tramite conoscenze professionali in Corea, dove abbiamo un ufficio, di ottenere la disponibilità per questi prodotti, per quali non avrei preso alcuna remunerazione. Le aziende sono leader nel settore (Kirin Ltd e Wii Tech corporation), costruiscono ospedali in tutto il mondo e sono di primo piano anche nei forniture medicali. Parliamo di prodotti certificati e io ero certo della qualità del servizio, per questo mi sono mosso. E per i tamponi, kit completo, chi se ne intende mi dice che i prezzi erano straordinari. Molto al di sotto di quanto li ha pagati l'Italia. Ma anche per questa proposta inspiegabilmente non c'è stata risposta».E poi c'è la linea di produzione per le mascherine ffp2.«In 45 giorni con una nave sarebbe arrivata in Italia al costo di 300.000 euro. Parliamo di uno strumento che produce 200 ffp2 al minuto. Conti alla mano, con dieci linee di produzione, cioè con una spesa di 3 milioni di euro, l'Italia avrebbe potuto assorbire il fabbisogno di mascherine per il Paese, oltre 35 milioni di ffp2 al mese, e ce n'era addirittura per poterle esportare. Bastava un capannone, una persona alla macchina e una all'impacchettamento. Mi chiedo quanto è stato speso per dare alle aziende la contribuzione per diversificare la produzione. Bastava montare le linee di produzione che esistevano e che erano state proposte dalla Corea per risolvere il problema. Peraltro, paradosso, il tessuto viene prodotto a Lucca ed esportato in Corea e in tutto il mondo. E invece compriamo roba da ogni dove, soprattutto dalla Cina, a prezzi esorbitanti, ma non pensiamo di diventare autosufficienti. I coreani erano anche pronti a creare una joint venture con aziende locali con lo Stato italiano».Anche in questo caso non ha risposto nessuno? «È incomprensibile, oltre che inquietante. Non capisco perché non diventare autosufficienti. Sulle mascherine c'è stata una grandissima speculazione a tutti i livelli. E se per le ffp2 hanno gestito così, mi chiedo cosa è avvenuto per camici, siringhe e per tutto il resto. Io ho dato a tutti quelli che avevo contattato (Assolombarda, Regione Toscana, Regione Campania e senatore Mallegni ndr) i contatti delle società e ho detto solamente che se qualcuno aveva problemi con l'inglese avrei fatto da tramite, però solo questo, e non ho pensato in nessun modo di guadagnarci. Per questo ho passato le informazioni così come le avevo ricevute e mi aspettavo che qualcuno telefonasse all'ambasciata italiana a Seul per chiedere informazioni sull'azienda e che a seguito di questo che qualcuno si fiondasse su un aereo per firmare i contratti e predisporre la fornitura».E invece si è preferito l'approvvigionamento tramite i noti intermediari che, a quanto pare, non hanno permesso il risparmio.«È una cosa che non capirò mai. L'offerta per le istituzioni italiane è stata inviata ad Assolombarda il 14 marzo e il 19 marzo alla Regione Toscana. E prevedeva il pagamento del 10 per cento all'ordine (con lettera di credito, bloccato in banca e non riscosso fino alla verifica finale) e il resto alla consegna. Era tutto tracciato e sicuro. C'era una garanzia totale sul pagamento, oltre che sulla qualità dei dispositivi di protezione e dei macchinari. Per mettere in moto questo meccanismo, che avrebbe indubbiamente fatto risparmiare non poco, bastava una manifestazione di interesse da parte del le istituzioni italiane». Che, però, non c'è mai stata.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)