2020-05-21
«Taiwan non si è fidata dell’Oms. Per questo ha arginato l’epidemia»
Andrea Sing-Ying Lee (Comune di Venezia)
L'ambasciatore di Taipei a Roma Andrea Sing-Ying Lee: «A gennaio abbiamo avvertito l'agenzia del pericolo, ma non è servito a nulla. È stato un errore escluderci dall'assemblea: nell'organizzazione Pechino ha troppo peso politico».Andrea Sing-Ying Lee è ambasciatore in Italia di Taiwan. Paese dai rapporti storicamente tesi con Pechino, pur essendo vicinissimo all'epicentro della pandemia, a oggi conta 440 infezioni da coronavirus, 401 guariti e solo 7 morti.Ambasciatore, come avete fatto ad arginare il coronavirus? Il «trucco» è stato non fidarvi di quello che dicevano i cinesi?«Non si è trattato di non fidarsi, ma di aver agito sulla base di una realtà che conosciamo bene». Cioè?«Verso al fine del 2019, medici di Taiwan hanno letto su forum professionali online gli interventi di alcuni medici cinesi, i quali parlavano dell'esistenza di questo nuovo virus». E cosa hanno fatto?«Hanno informato il governo di Taiwan. Nonostante dalla Cina provenissero rassicurazioni e dichiarazioni che tutto era sotto controllo, il governo taiwanese ha deciso lo stesso di correre ai ripari». In che modo?«Sin dagli inizi di gennaio, ha attivato un controllo rafforzato delle frontiere e misure di quarantena all'ingresso già collaudate in passato, basate sul presupposto che si stesse effettivamente verificando la trasmissione da uomo a uomo. A partire dalla quarantena per tutti i passeggeri con sintomi di polmonite provenienti da Wuhan, già dal 2 gennaio».L'Oms, invece, ha preso per buoni tutti i dati di Pechino e ha diffuso la dichiarazione di pandemia solo l'11 marzo. Tutto si spiega alla luce dei legami tra il suo capo, Tedros Adhanom Ghebreyesus, e il regime cinese?«Il legame che lo unisce a Pechino è noto. Nel 2017 Tedros è diventato direttore generale dell'Oms grazie al supporto della Cina, la quale nel tempo ha anche effettuato molti investimenti nel suo Paese d'origine, l'Etiopia. È normale che in un tale rapporto di amicizia, foss'anche in buona fede, Tedros abbia voluto credere alle dichiarazioni e alle rassicurazioni di Pechino».A Taiwan, l'ingresso come osservatore nell'Oms è impedito dal veto cinese. L'ha colpita vedere Bruce Aylward, capo della missione congiunta Oms-Cina sul Covid-19, fingere di non capire la domanda di una giornalista sul dossier taiwanese?«Naturalmente sono cose che non fanno piacere. Il modo in cui Bruce Aylward ha evitato l'intervista è stato un chiaro segno dell'imbarazzo in cui si trova in questo momento l'Oms».Voi avevate chiesto di essere ammessi all'assemblea del 18 maggio, con il sostegno di molti Paesi, tra cui gli Usa, il Canada, l'Australia e il Giappone. Richiesta respinta.«Non invitare Taiwan non è stata una scelta saggia. Taiwan ha dimostrato di essere tra i migliori Paesi al mondo nella gestione di questa pandemia. I dati sui contagi e sui decessi lo confermano. Taiwan, grazie alla sua esperienza, può essere d'aiuto. Lasciare fuori Taiwan significa anteporre la politica alla salute dei cittadini di tutto il mondo e dimostra che il peso politico della Cina all'interno dell'Organizzazione mondiale della sanità è consistente».Apprezzate, comunque, la richiesta, avanzata da oltre 100 Paesi, di un'inchiesta indipendente sulle origini dell'epidemia? «Taiwan è un Paese democratico e in democrazia la ricerca della verità è una garanzia di libertà e di sicurezza dei cittadini che si pongono domande. Apprezziamo dunque la volontà di fare chiarezza sulle origini di questa epidemia, nei confronti della quale l'Oms e la Cina hanno delle responsabilità». Lei che idea si è fatto?«L'esistenza del virus è stata scoperta al termine del 2019, ma è stata ufficializzata solo a fine gennaio 2020. Un mese che avrebbe potuto cambiare le sorti del pianeta e soprattutto limitare i danni sanitari ed economici globali che ci troviamo ad affrontare».Si dice che, in Italia, uno degli errori della Regione più colpita, la Lombardia, sia stato di fidarsi dei protocolli dell'Oms, trasmessi dal governo. Il Veneto, invece, ha seguito il vostro modello: tamponi a tappeto per individuare gli asintomatici.«Il fatto che Taiwan non si sia fidato dell'Oms, in questo specifico caso, è stato vantaggioso. Ci siamo mossi in piena indipendenza, senza dover tener conto di specifiche indicazioni e basandoci esclusivamente sulla nostra esperienza e sulle nostre conoscenze. Abbiamo provato in un primo momento a coinvolgere l'Oms, inviando le nostre considerazioni e le nostre richieste».Davvero?«Sì, ma non è servito a nulla. Lì abbiamo inteso che forse sarebbe stato meglio proseguire per conto nostro. E il tempo ci ha dato ragione».Xi Jinping dice che accusare la Cina in questo momento è controproducente: bisogna restare uniti nella lotta al Covid-19. La stupisce che Giuseppe Conte, in una recente intervista, abbia espresso praticamente la stessa posizione?«Tutti i governi auspicano e invocano l'unità del Paese di fronte a crisi di grande portata. Anche a Taiwan accade lo stesso. Si può tuttavia discutere sul modo in cui viene richiesta questa unità».Che intende?«Ad esempio, non si dovrebbe mettere a tacere il dissenso o impedire che si faccia chiarezza. Ma questo non mi sembra essere il caso dell'Italia, dove esiste sempre un dibattito democratico vivo, anche per quanto concerne l'allineamento in politica estera».L'arrivo dei medici cinesi in Italia è stato sfruttato dal regime a fini propagandistici. Jack Ma, fondatore di Alibaba, sta usando la cosiddetta diplomazia delle mascherine in Africa. La preoccupa?«Non mi ritengo preoccupato. La solidarietà è un elemento importante della diplomazia e delle relazioni internazionali, e anche Taiwan si è messa in moto per aiutare con l'invio di mascherine e di strumenti sanitari i Paesi che ne avevano bisogno, tra cui la stessa Italia. Tuttavia, è sempre opportuno tenere gli occhi aperti ed evitare che la propaganda prenda il sopravvento, o si rischia di alimentare eventuali secondi fini».Fino al vaccino, dovremo convivere con il virus. Cosa consiglia all'Italia, sulla base della sua esperienza, per evitare una seconda ondata?«Consiglio agli amici italiani di osservare maggiormente quello che oggi viene definito il modello Taiwan, che coniuga l'uso di tecnologie e senso civico per il monitoraggio dell'epidemia al mantenimento delle libertà democratiche fondamentali». Tracciamento e privacy possono coesistere?«A Taiwan abbiamo dimostrato che elementi apparentemente contrastanti come la libertà e il controllo sanitario possono convivere senza che uno venga oscurato dall'altro. Il nostro Paese ha maturato molta esperienza e tecnologia nella gestione delle pandemie e delle epidemie, a causa di eventi simili accaduti in passato, come la diffusione della Sars nel 2003. Siamo lieti di condividere la nostra esperienza con il mondo».