Green pass dal 20 ottobre per accedere agli scuolabus per gli studenti di età superiore a 12 anni. E - cosa che ha del surreale - i minori di 12 anni che potranno accedere al mezzo che li porta in classe solo se i genitori hanno il lasciapassare verde. Non si tratta di un'ulteriore applicazione estensiva del green pass varata dal governo, ma della decisione, che travalica le restrizioni nazionali, del sindaco di Ornavasso, comune di meno di 3.500 abitanti della Val d'Ossola. Non tutti i ragazzi del comune piemontese dovranno però sottostare alla regola imposta dal sindaco Filippo Cigala Fulgosi, eletto con una lista civica. Infatti l'ordinanza specifica che la limitazione riguarda «l'accesso al servizio di scuolabus in favore dei minori residenti nella frazione di Migiandone e nel comune di Anzola d'Ossola».
Secondo le cronache locali il provvedimento ricadrebbe su 21 studenti, residenti nelle due località indicate, ma che, almeno stando al testo dell'ordinanza (la numero 26 del 10 settembre) che non cita nessuna motivazione specifica rispetto a quei luoghi, non risultano essere oggetto di particolari focolai di contagio Covid. Dal 20 ottobre, dunque i ragazzi abitanti nelle due località potranno entrare regolarmente a scuola senza green pass, salire su un autobus del trasporto pubblico, ma non usufruire dello scuolabus. L'ordinanza pubblicata prevedeva addirittura l'entrata in vigore 4 giorni fa, il 20 settembre, ma dopo le proteste, il primo cittadino invece di revocare l'ordinanza ha tirato dritto: «Ci siamo accorti che la data indicata di lunedì 20 settembre è sbagliata, doveva essere indicata quella del 20 ottobre. Detto ciò il concetto resta immutato. Il nostro obiettivo non era però quello di creare problemi ai genitori, ma di tutelare la salute pubblica dei bambini che prendono lo scuolabus e dell'autista del mezzo. Il servizio scuolabus non è a pagamento ma è un servizio gratuito che offriamo ai residenti».
Infatti sull'albo pretorio comunale è comparsa una seconda ordinanza che rettifica la data, posticipandola al 20 ottobre prossimo, ma senza aggiungere alcuna motivazione specifica alla restrizione. Che ad oggi è stata collegata solo genericamente alla salute pubblica e, piuttosto curiosamente, alla gratuità del servizio. Saltando dalle scuole dell'obbligo all'università e dal Piemonte al Veneto, emerge invece la resa dello stesso governo alle difficoltà create dalla politica dell'obbligo della certificazione usato come strategia principale nella lotta alla pandemia. A Padova un gruppo di studenti protesta sostenendo, in una lettera per il rettore, che il diritto allo studio «è appena stato subordinato alla indebita comunicazione di dati sensibili e sanitari non solo per accedere all'Università, ma addirittura per usufruire del sito Uniweb, indispensabile per iscriversi ai corsi, visualizzare gli avvisi dei docenti, scegliere il piano studi e molto altro».
Ma cosa accade esattamente all'ateneo patavino? Un «protocollo di contenimento del virus Sars-cov2», 26 pagine aggiornate al 14 settembre, recepisce le normative nazionali che impongono il possesso della certificazione anti covid per accedere alle università, valide sia per gli studenti che per il personale. Secondo il decreto governativo varato ad agosto da Palazzo Chigi, i controlli sul lasciapassare nelle scuole e nelle università devono essere effettuati con le stesse modalità in uso in bar e ristoranti, ma con una deroga: «Con riferimento al rispetto delle prescrizioni da parte degli studenti universitari, le verifiche di cui al presente comma sono svolte a campione con le modalità individuate dalle università». All'Università di Padova viene richiesto agli studenti di munirsi di una «dichiarazione per l'accesso alle strutture universitarie», che «viene compilata obbligatoriamente all'interno della procedura informatica di iscrizione all'ateneo o all'interno della piattaforma Uniweb». Come vengono trattati i dati relativi al possesso del green pass all'interno del sistema informatico? Vengono comunicati all'università come denuncia la lettera firmata «Studenti contro il green pass» o servono solo alla compilazione della dichiarazione? Giriamo il quesito, principalmente informatico, all'ateneo. Quello che invece è senza possibilità interpretazione è la frase, anch'essa contenuta nel protocollo: «La certificazione verde COVID-19 è verificata a campione». Una facoltà, come abbiamo visto, concessa dal decreto di agosto. Con buona pace dei ristoratori, personale scolastico, organizzatori di eventi e di tutte le altre categorie che si devono assumere la responsabilità di controllare ogni green pass.
- A settembre i pulmini per gli studenti potranno viaggiare al massimo della capienza, ma non oltre i 15 minuti. E se il mezzo rimanesse bloccato nel traffico? Per treni locali e bus spunta l'ipotesi dei divisori tra i passeggeri.
- Ripartenza in disordine in Germania. Guai per la prima della classe: ogni Lander ha adottato protocolli e date diversi per l'inizio dell'anno. Il primo è stato Meclemburgo, ma due istituti hanno già chiuso.
Lo speciale comprende due articoli.
Il ritorno in classe è sempre più un reality show, oltre al termometro servirà il cronometro. Dopo avere inventato le aule grandi come campi di calcio e i banchi con le ruote, il ministero dell'Istruzione non ha voluto far mancare il suo originale contributo anche ai trasporti. E ha iniziato la settimana di ferragosto con il botto: gli scuolabus potranno viaggiare con la capienza massima consentita, ma solo a condizione che «la permanenza degli alunni nel mezzo non sia superiore ai 15 minuti». Una disposizione che rivela una precondizione: della task force di cervelli impegnati a partorire una simile idea fanno certamente parte esperti di Morterone, Racalmuto e Acqualagna, ma nessuno di Roma Milano o Torino, dove basterebbe il più piccolo intoppo stradale per triplicare i tempi (per esempio un monopattino finito in una buca o una manifestazione dei cari, simpatici centri sociali) e costringere il conducente a far scendere tutti in mezzo alla strada o ritenersi passibile di denuncia.
La cervellotica idea, in linea con le precedenti trovate da circo del ministero magistralmente retto dall'acrobata Lucia Azzolina, è stata messa nero su bianco per evitare l'ennesimo niet dei cosiddetti esperti dell'Istituto superiore di sanità guidato con mano ferma dal non virologo (è un pediatra) Franco Locatelli; un gruppo di talebani del virus cinese, i veri difensori dei pieni poteri ottenuti dal premier Giuseppe Conte senza neppure chiederli. Cosi, invece di essere risolti, i problemi per gli alunni e le famiglie italiane si moltiplicano e la ripresa settembrina della scuola appare giorno dopo giorno un luna park dove le trovate più estemporanee fanno autoscontro fra loro. E dove il più saggio della compagnia sembra l'orso di peluche pronto per essere regalato al primo studente che riuscirà a entrare in classe.
Mentre gli esperti guidati dal Movimento 5 stelle si sbizzarriscono, gli alleati del Pd procedono in un totale e autoflagellato silenzio. Per loro lo smacco è notevole, per questo spingono per un rimpasto e per mandare a casa proprio la pin up che balla sulla cattedra. Da sempre fautori della «cultura del pensiero unico», mai stanchi di assumere insegnanti a centinaia di migliaia e di ripetere che una società di cittadini responsabili comincia dalla scuola, si ritrovano a dover firmare e poi votare leggi che sembrano uscite da un cartone dei Simpson. Poche idee ma confuse, nessuna progettualità, ipotesi da cannabis libera contro le quali perfino l'opposizione sembra allargare le braccia. Ieri Matteo Salvini, in un'intervista, ha sottolineato: «Quando a settembre la Azzolina non riuscirà a far ripartire le scuole come si deve, avremo in piazza contro il governo perfino le mamme. Quella donna è una calamità naturale, anziché stabilizzare i precari ha promosso se stessa preside. Cose da terzo mondo».
Quindici minuti di scuolabus, non uno di più: solo così si potranno usare i mezzi senza distanziamento sociale. La regola ha già messo sul piede di guerra i sindacati di Scuola e Trasporti che intuiscono il pericolo: al primo bambino positivo al Covid-19, il genitore farà causa all'istituto e il preside si rivarrà sull'autista del bus, il quale potrebbe sempre portare in tribunale il Comune che ha impedito al mezzo di arrivare a destinazione sotto i 15 minuti. Un record sul giro che neppure Charles Leclerc sarebbe in grado di abbattere alle otto di mattina nel centro di Roma o sulla cerchia dei Navigli dopo le ciclabili inventate da Beppe Sala per dare un segno di presenza in vita durante il lockdown.
E infatti, Regioni, Upi e Anci predisporranno un tavolo con il ministero del'Istruzione dove proporre la modifica degli orari scolastici.
Mentre, per quanto riguarda treni regionali e bus, sul tavolo dell'incontro tra le Regioni, altri Enti locali e il governo, sarebbe stato ipotizzato l'inserimento di pannelli divisori laterali tra i posti a sedere, così da poter derogare alle limitazioni alla capienza.
Ricapitolando, tutti con le mascherine sullo scuolabus (a eccezione dei bambini disabili e di coloro che hanno meno di sei anni). Questo è scritto nell'ultimo dpcm firmato Conte, riguardante esplicitamente «le linee guida per il trasporto scolastico dedicato». Il resto è un incubo, nel decreto ci sono anche disposizioni misteriose come la deroga alla distanza di un metro «nel caso in cui sia possibile l'allineamento verticale degli alunni su posti singoli e sia escluso il posizionamento cosiddetto faccia a faccia». Bizantinismi, fumisterie in linea con la gestione della cosa pubblica da parte del Conte 2, parole messe in fila apposta per sollevare da ogni responsabilità chi dovrebbe assumersele.
La babele costringerà le Regioni, ancora una volta, a fare da sole. Ad arrangiarsi. A rimboccarsi le maniche per tradurre in concretezza e fattibilità le linee guida che portano direttamente fuori strada. Così la Regione Emilia Romagna, a gestione piddina, è la prima a dover sconfessare palazzo Chigi interpretando e inventando soluzioni alternative. Proprio ieri l'ufficio scolastico regionale ha annunciato di «avere avuto dal governo un budget di 60 milioni di euro e di essere impegnata a capire come impiegarli al meglio». Il nodo del trasporto scolastico è tutto da sciogliere perché il sistema regge, come spiega l'assessore Paola Salomoni «solo se i mezzi possono viaggiare con l'80% della capienza dei passeggeri». La Regione ha già preso un'iniziativa in autonomia: i test sierologici verranno fatti a tutto il personale, sia statale che delle scuole paritarie. E sarà gratuito. Verrà settembre, arriverà lo Scuolabus più pazzo del mondo a prendere i vostri figli. Se osserverete bene scoprirete che a guidarlo, con il rossetto da discoteca, sarà lady Azzolina.
Ripartenza in disordine in Germania
Giovedì scorso hanno riaperto anche le scuole di Amburgo, ispirandosi al modello Meclemburgo, ma senza un protocollo ben definito.
Partenza non delle migliori, insomma, alle quali hanno fatto seguito ieri quelle delle scuole degli stati federali di Brandeburgo, Schleswig – Holstein e Berlino, dove hanno riaperto anche materne e asili nido. Gli studenti della capitale dovranno portare la mascherina nei corridoi, nelle sale comuni e nei bagni, ma non nelle aule e nei cortili. Via libera alle ore di educazione fisica e di musica, ma senza poter cantare nella stessa stanza.
Storia diversa invece, paradossalmente, per il Land del Brandeburgo (che circonda la capitale tedesca). Qui gli alunni non avranno l'obbligo di mascherina e si farà ricorso ancora molto alla didattica a distanza. Domani toccherà alla Renania Settentrionale – Vestfalia, il land più popoloso e con più contagi, dove infatti è previsto l'obbligo di mascherina in qualsiasi ambiente nelle scuole secondarie e professionali, che vale anche per gli insegnanti quando non siano a più di 1,5 metri di distanza dagli alunni. Solo alle elementari è prevista una deroga: gli alunni potranno togliersi la protezione, ma solamente una volta seduti al loro banco. Partenze e regole diverse anche in Assia e Renania – Palatinato (17 agosto). Gli ultimi a ritornare a scuola saranno i bavaresi (8 settembre) e i ragazzi Baden-Württemberg (14 settembre). In entrambi i Lander sarà previsto l'obbligo di mascherina, non si sa ancora se anche in aula.
Questa settimana sarà dunque fondamentale per capire come meglio ripartire, anche a fronte di una forte riaccelerazione del virus (la scorsa settimana l'istituto Koch ha registrato per tre giorni consecutivi punte di oltre 1.000 nuove casi.
Cifre che però non hanno fatto pensare a un dietrofront sulle riaperture, essendo stato l'impatto del lockdown molto pesante sull'andamento dell'anno scolastico.
Che in questi giorni è ricominciato nella confusione e nelle critiche al ministro Karlizcek per l'assenza di una pianificazione precisa, da parte di genitori, insegnanti e ministri dell'Istruzione degli Stati federali (che sulla scuola hanno competenza diretta).
A 35 giorni dal suono della campanella i presidi lanciano l'allarme: «10.000 scolaresche non hanno un luogo nel quale studiare». Mancano gli scuolabus. Mercoledì l'esito dell'appalto per i banchi e 3 settimane per costruirli. Eppure Lucia Azzolina è serena.
A 35 giorni dalla campanella mancano 10.000 aule, soprattutto nelle grandi città, non ci sono ancora i banchi monoposto e le scuole sono state lasciate pure in ristrettezze economiche. Queste, a oggi, sono le certezze. Poi si sa che il numero di studenti che dovrà fare lezione in luoghi alternativi si aggira attorno ai 400.000, ovvero il 5 per cento del totale. Che ci sarà un help desk per rendere più semplice il collegamento tra le scuole e il ministero. E che la somministrazione dei test sierologici al personale docente e Ata non sarà una passeggiata. Nonostante le incertezze facciano pendere la bilancia del ministro Lucia Azzolina verso le criticità piuttosto che verso le buone pratiche, dal ministero confermano spavaldi che si ripartirà il 14. Punto. I presidi però ieri hanno lanciato l'allarme: sono circa 20.000 le aule che dovranno essere allestite in spazi alternativi agli istituti. Per oltre il 50 per cento di queste non sono ancora stati trovati gli spazi. Le difficoltà si riscontrano a macchia di leopardo, ma si concentrano di più nelle grandi città come Roma. Le stime diffuse dall'Associazione nazionale presidi non sono incoraggianti.
«Compatibilmente con le risorse disponibili, prevediamo presto la pubblicazione di avvisi pubblici in diversi Comuni, per il reperimento di spazi alternativi dove poter allestire le aule», afferma Cristina Giachi, responsabile Scuola dell'Anci. Ed ecco dove finiranno gli studenti: «Oltre a musei, cinema e centri congressi, potrebbero partecipare agli avvisi pubblici anche hotel, Bed & breakfast e perfino appartamenti singoli». E c'è ancora un nodo da sciogliere: i banchi. Dal ministero dell'Istruzione fanno sapere che la consegna dei banchi monoposto, quelli definiti a prova di Covid, avverrà entro il 7 settembre in ogni plesso scolastico. La gara europea, che ha innescato non poche polemiche per la scelta dei banchi a rotelle, verrà aggiudicata il 12 agosto. La scelta delle scuole, nonostante la forte sponsorizzazione per le rotelle da parte dell'ex sottosegretario Salvatore Giuliano, è stata comunque per i banchi tradizionali.
La Azzolina fa lo slalom tra le criticità e sulla scuola dell'infanzia dice addirittura che «non c'è nessun impedimento». E che «è del tutto possibile anticipare l'avvio delle lezioni rispetto alla data del 14 settembre». Ovviamente le Regioni possono farlo, perché rientra tra le loro competenze. Sempre che sia possibile avviare il monitoraggio sierologico. Nel Lazio, Regione amministrata da Nicola Zingaretti, per esempio, si è aperto un delicato contenzioso fra i dirigenti scolastici e l'assessorato regionale della Sanità.
Nelle ultime ore l'Associazione presidi del Lazio ha inviato una nota alla Regione sottolineando che «il protocollo sottoscritto dal ministro e dalle organizzazioni sindacali prevede che i test non siano svolti in locali scolastici» e chiedendo quindi che la disposizione «venga rigorosamente osservata». La Regione ha chiesto ai dirigenti scolastici di individuare uno o più addetti per la trasmissione dei dati all'assessorato alla Sanità e per definire il calendario delle somministrazioni. Ma si tratta di carichi di lavoro che implicano dei passaggi a livello di contrattazione integrativa di istituto. E la situazione rischia di complicarsi. Anche perché i tempi stringono. E c'è anche la rogna della riorganizzazione del trasporto scolastico. Altra faccenda che preoccupa non poco i sindaci.
È Antonio Decaro, presidente dell'Anci e sindaco di Bari, a sottolineare che «i tempi sono stretti. Sui mezzi che accompagnano i bambini deve essere garantito il distanziamento. Sugli scuolabus, quest'anno, potranno salire la metà dei bambini dello scorso anno, la capienza inevitabilmente sarà ridotta». Per assicurare il servizio, spiega, «dovremmo fare più corse e quindi avere più autisti, spendere di più per il carburante. Per questo sono necessarie maggiori risorse. E questo è un problema che si pone per il trasporto urbano e per quello extraurbano che è di competenza delle Regioni». Oggi la questione arriverà sul tavolo del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia.
L'ultimo grattacapo, per nulla secondario, è legato alle graduatorie per le supplenze: sono 753.750. E a dimostrazione che la fame di scuola è diffusa tanto al Sud quanto al Nord, in Lombardia sono state presentate 104.781 domande, in Campania 84.857. Gruppi di precari hanno denunciato il cambio dei criteri e dei punteggi in corsa. Il sistema digitale, poi, ha mostrato più di un bug, tra i quali uno molto grave, che si è riscontrato fino all'ultimo giorno utile: non memorizzava i dati. I ricorsi di massa saranno scontati. La pubblicazione delle graduatorie è attesa per il primo giorno di settembre e le assegnazioni dei posti entro il 14.
Sul ritardo di arruolamento grava anche la scelta di aver rinviato un concorso straordinario. E si è ricominciato a pasticciare, soprattutto con la ripartizione dei fondi. La Calabria, per esempio, con il 3,6 per cento degli studenti, ha ottenuto 30,6 milioni di euro (necessari per pagare gli insegnanti supplenti), l'Emilia Romagna, che conta il doppio degli alunni, ha ricevuto quasi 7 milioni in meno. La Lombardia, con il 15,7 per cento degli alunni totali, ha ricevuto 37,8 milioni, quasi 7 milioni in meno della Campania (la regione più premiata con 44,3 milioni), che pure ha solo l'11,2 per cento degli studenti. Per la gioia di Vincenzo De Luca. La Azzolina ha liquidato la questione così: «Ci sono territori in difficoltà che hanno più bisogno». Ma a essere in difficoltà è l'intero sistema scuola.
Primo, sono (e siamo, intendo questo giornale), molto contenti per Rami, il ragazzino-eroe, che si libera dal sequestratore e chiama aiuto.
Secondo: siamo molto contenti se Rami otterrà una cittadinanza italiana, come «premio» per il suo comportamento coraggioso e tempestivo. Due bis: siamo molto contenti sia per Rami, sia per il suo papà egiziano, sia per Riccardo e il suo papà italiano, che per Adam e il suo papà di non so dove.
Terzo: siccome non ci piacciono i cattivisti pregiudiziali a tutti i costi, rifuggiamo massimamente (intendo sia questo giornale che il sottoscritto), come la peste anche i buonisti queruli e accecati che si affilano in queste ore. Ed ecco il punto: da due giorni un incredibile sentimento buonista, selettivo, ottuso e cieco, ha totalmente cancellato la presenza di Riccardo, che ha un papà italiano, e la meravigliosa impresa corale di tutti bambini, di cui non conosco la nazionalità dei padri, che ha portato al salvataggio dei sequestrati dello scuolabus. E siccome ci piacciono le storie belle, e non le favole, non dimentichiamo neanche la bidella Tiziana Magarini che ha visto bruciare la sua schiena mentre il benzene avvampava, che è scesa per ultima e che ha raccontato di aver legato i ragazzi non stringendo molto le fascette intorno alle mani, per permettere loro di potersi liberare (ci sono sempre piccoli gesti che diventano la premessa di grandi progetti). Questa ribellione coordinata dei bambini, le telefonate a casa, i messaggi scritti sul vetro dell'autobus, sono frutto di un meraviglioso lavoro collettivo: cancellare la realtà di un sorprendente e lucidissimo impegno di squadra è comunque un errore, soprattutto se bisogna far posto a una favola politicamente corretta e falsa.
Io (e questo giornale) sogniamo un mondo dove i bambini sono tutti bambini, senza virgolette, senza colori. E siamo convinti che Rami, Riccardo e Adam debbano essere celebrati in egual misura, insieme ai loro compagni, non come eroi fuori dall'ordinario. Uno ha pregato in arabo per distrarre l'orrido fanatico Ousseynou Sy, un altro ha liberato le mani, un terzo ha impugnato il cellulare, tutti si sono messi a fare casino per coprire le parole del loro compagno mentre chiamava i soccorsi. Rami è stato il centravanti che segna dopo una meravigliosa azione collettiva. Rami è il solista che risalta nel pieno della sincronia di un movimento d'orchestra. Rami è vincente perché c'è l'orchestra che suona insieme a lui lo spartito della ribellione intelligente.
Allora vi prego, non scontornate questa meravigliosa foto di gruppo come facevano i taroccatori di Stalin, che erano abituati a cancellare uno ad uno gli eroi dell'ottobre dalle foto collettive della Rivoluzione russa. Non fate sparire Riccardo, Adam, tutta una classe, la signora Tiziana, per trasformare Rami in un simbolo scarnificato, in una bella bandiera che sventola nel nulla. Noi che siamo madri, padri, figli e nipoti, abbiamo imparato in questi anni che gli eroi nascono dentro un mondo, sono figli del caso, ma anche di una necessità storica. E che gli eroi bambini spesso sono eroi di latta, falsificati e ammaestrati, come delle foche circensi, come delle finzioni televisive. Ciò che è più sacro e bello, in questa storia, invece, è il sentimento corale che l'ha resa possibile. Non fate sparire la realtà intorno a Rami per glorificarlo come un eroe tarocco, tenete insieme questa foto di classe, che per noi oggi è tutta insieme una speranza autentica. Siamo figli, sorelle, madri e padri che spesso stanno con i cuori sospesi per per la generazione digitale, per questi ragazzi che cantano con Gabri Ponte Ma che ne sanno i Duemila, che spesso percepiamo come una generazione fragile, immatura, sedotta e sperduta nei labirinti dei mondi virtuali, con le loro gemme (carissime) di Brawl Stars, i loro crediti e i loro outfit video, i loro maledetti trappers, con le loro chat ideografate, con i loro messaggi audio mandati per pigrizia, anche se devono scrivere sì o no.
Io soffro quando penso che mio figlio passa più tempo a giocare a Fortnite, come tutti i suoi coetanei (come probabilmente anche Rami, Adam e Riccardo), che a parlare con i suoi amici in carne e ossa. E so anche che si infilano in questo abisso virtuale, spesso senza porsi limiti, perché dentro la dimensione digitale si sentono tutti uguali, belli, liberi e privi di frontiere. La cosa più straordinaria che ci hanno regalato l'egiziano Rami, Adam, Riccardo, e la italianissima bidella Tiziana, è che dentro questo meraviglioso e disordinatissimo mondo che è la scuola italiana c'è ancora la stessa scintilla di luce che mercoledì gli ha permesso di essere artefici della loro salvezza, e che poi è la stessa scintilla che ha fatto crescere tutti noi, che ci ha consentito di viaggiare, di sognare, fantasticare, ma che poi ci ha fatto anche tornare a terra, e ci ha fatto crescere.
A questi ragazzi, due giorni fa , ha dato la possibilità di liberarsi dalle fascette costrittive del mondo dei cattivi, di chiamare aiuto, di liberarsi dal destino di scudi umani e di vincere. Insieme. Oggi questa scintilla di ribellione insegnerà molto di più, a tutti noi. Se resta una cosa vera e corale e non se diventa una favola zuccherina, artefatta e solitaria.







