2019-03-23
Hanno tolto di mezzo il bimbo eroe italiano
Le furbate per distrarre Ousseynou Sy, le telefonate ai soccorritori e una bidella ustionata per proteggere gli scolari: il salvataggio sull'autobus è stata una grande e bellissima azione di squadra. Però i media buonisti elogiano, strumentalmente, il giovane Rami e non Riccardo.Primo, sono (e siamo, intendo questo giornale), molto contenti per Rami, il ragazzino-eroe, che si libera dal sequestratore e chiama aiuto. Secondo: siamo molto contenti se Rami otterrà una cittadinanza italiana, come «premio» per il suo comportamento coraggioso e tempestivo. Due bis: siamo molto contenti sia per Rami, sia per il suo papà egiziano, sia per Riccardo e il suo papà italiano, che per Adam e il suo papà di non so dove. Terzo: siccome non ci piacciono i cattivisti pregiudiziali a tutti i costi, rifuggiamo massimamente (intendo sia questo giornale che il sottoscritto), come la peste anche i buonisti queruli e accecati che si affilano in queste ore. Ed ecco il punto: da due giorni un incredibile sentimento buonista, selettivo, ottuso e cieco, ha totalmente cancellato la presenza di Riccardo, che ha un papà italiano, e la meravigliosa impresa corale di tutti bambini, di cui non conosco la nazionalità dei padri, che ha portato al salvataggio dei sequestrati dello scuolabus. E siccome ci piacciono le storie belle, e non le favole, non dimentichiamo neanche la bidella Tiziana Magarini che ha visto bruciare la sua schiena mentre il benzene avvampava, che è scesa per ultima e che ha raccontato di aver legato i ragazzi non stringendo molto le fascette intorno alle mani, per permettere loro di potersi liberare (ci sono sempre piccoli gesti che diventano la premessa di grandi progetti). Questa ribellione coordinata dei bambini, le telefonate a casa, i messaggi scritti sul vetro dell'autobus, sono frutto di un meraviglioso lavoro collettivo: cancellare la realtà di un sorprendente e lucidissimo impegno di squadra è comunque un errore, soprattutto se bisogna far posto a una favola politicamente corretta e falsa. Io (e questo giornale) sogniamo un mondo dove i bambini sono tutti bambini, senza virgolette, senza colori. E siamo convinti che Rami, Riccardo e Adam debbano essere celebrati in egual misura, insieme ai loro compagni, non come eroi fuori dall'ordinario. Uno ha pregato in arabo per distrarre l'orrido fanatico Ousseynou Sy, un altro ha liberato le mani, un terzo ha impugnato il cellulare, tutti si sono messi a fare casino per coprire le parole del loro compagno mentre chiamava i soccorsi. Rami è stato il centravanti che segna dopo una meravigliosa azione collettiva. Rami è il solista che risalta nel pieno della sincronia di un movimento d'orchestra. Rami è vincente perché c'è l'orchestra che suona insieme a lui lo spartito della ribellione intelligente. Allora vi prego, non scontornate questa meravigliosa foto di gruppo come facevano i taroccatori di Stalin, che erano abituati a cancellare uno ad uno gli eroi dell'ottobre dalle foto collettive della Rivoluzione russa. Non fate sparire Riccardo, Adam, tutta una classe, la signora Tiziana, per trasformare Rami in un simbolo scarnificato, in una bella bandiera che sventola nel nulla. Noi che siamo madri, padri, figli e nipoti, abbiamo imparato in questi anni che gli eroi nascono dentro un mondo, sono figli del caso, ma anche di una necessità storica. E che gli eroi bambini spesso sono eroi di latta, falsificati e ammaestrati, come delle foche circensi, come delle finzioni televisive. Ciò che è più sacro e bello, in questa storia, invece, è il sentimento corale che l'ha resa possibile. Non fate sparire la realtà intorno a Rami per glorificarlo come un eroe tarocco, tenete insieme questa foto di classe, che per noi oggi è tutta insieme una speranza autentica. Siamo figli, sorelle, madri e padri che spesso stanno con i cuori sospesi per per la generazione digitale, per questi ragazzi che cantano con Gabri Ponte Ma che ne sanno i Duemila, che spesso percepiamo come una generazione fragile, immatura, sedotta e sperduta nei labirinti dei mondi virtuali, con le loro gemme (carissime) di Brawl Stars, i loro crediti e i loro outfit video, i loro maledetti trappers, con le loro chat ideografate, con i loro messaggi audio mandati per pigrizia, anche se devono scrivere sì o no. Io soffro quando penso che mio figlio passa più tempo a giocare a Fortnite, come tutti i suoi coetanei (come probabilmente anche Rami, Adam e Riccardo), che a parlare con i suoi amici in carne e ossa. E so anche che si infilano in questo abisso virtuale, spesso senza porsi limiti, perché dentro la dimensione digitale si sentono tutti uguali, belli, liberi e privi di frontiere. La cosa più straordinaria che ci hanno regalato l'egiziano Rami, Adam, Riccardo, e la italianissima bidella Tiziana, è che dentro questo meraviglioso e disordinatissimo mondo che è la scuola italiana c'è ancora la stessa scintilla di luce che mercoledì gli ha permesso di essere artefici della loro salvezza, e che poi è la stessa scintilla che ha fatto crescere tutti noi, che ci ha consentito di viaggiare, di sognare, fantasticare, ma che poi ci ha fatto anche tornare a terra, e ci ha fatto crescere. A questi ragazzi, due giorni fa , ha dato la possibilità di liberarsi dalle fascette costrittive del mondo dei cattivi, di chiamare aiuto, di liberarsi dal destino di scudi umani e di vincere. Insieme. Oggi questa scintilla di ribellione insegnerà molto di più, a tutti noi. Se resta una cosa vera e corale e non se diventa una favola zuccherina, artefatta e solitaria.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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