Proseguono i tentativi di Bruxelles per aumentare la pressione sulla Russia: il diciannovesimo pacchetto di sanzioni dell’Ue contro Mosca è andato in porto dopo che la Slovacchia ha rimosso il veto.
Celebrando le misure contro la Russia, il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che Bruxelles «per la prima volta» si occupa «del cuore dell’economia di guerra» russa, ovvero il gas. A non pensarla in questi termini è Mosca, con la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ritiene che il pacchetto dell’Ue sia autodistruttivo. Oltre a non avere «le necessarie riserve di idrocarburi», ha ricordato che servirà molta più energia per attuare «i piani di digitalizzazione e di introduzione dell’Ia» nell’Ue. Tra l’altro, a reagire al pacchetto di sanzioni è stato lo stesso presidente russo, Vladimir Putin, che ha commentato sarcasticamente: «Il fatto che abbiano cancellato le nostre forniture di toilette costerà loro molto. In realtà penso che sarebbero state utili nella situazione attuale».
Tra le misure approvate, l’elemento principale riguarda il divieto di importazione di gas naturale liquefatto (Gnl) proveniente dalla Russia. Nel pacchetto è previsto anche l’inasprimento delle misure contro Rosneft e Gazprom neft e l’aggiunta di altre 117 navi della flotta ombra russa nella blacklist.
A essere presi di mira sono anche i Paesi terzi che continuano a fare affari con Mosca, tra cui società con sede in Cina, a Hong Kong e negli Emirati Arabi Uniti. Sul fronte finanziario, il divieto di transazione viene applicato a cinque nuove banche russe, ma anche a istituti e a banche di Paesi terzi. La stretta poi coinvolge le carte di pagamento e il sistema di pagamento rapido russo. Una delle novità principali riguarda lo stop alle criptovalute: sono vietate le operazioni con la stablecoin A745.
In materia commerciale, nella lista nera sono state aggiunte 45 nuove aziende «che forniscono supporto diretto o indiretto al complesso militare-industriale russo o che sono coinvolte nell’elusione delle sanzioni». Diciassette di queste si trovano in Paesi terzi, ovvero in Cina, in India, in Thailandia e a Hong Kong. Tra i target di Bruxelles sono poi inclusi i diplomatici russi: saranno tenuti a informare in anticipo gli Stati membri qualora decidessero di muoversi dentro Schengen.
Ma ieri anche la questione degli asset russi congelati è stata al centro del dibattito dell’Ue. I leader europei, tranne l’Ungheria, sarebbero disposti ad affidare alla Commissione europea il mandato politico con l’obiettivo di elaborare una proposta legale da presentare a dicembre. L’indiscrezione è arrivata dopo che il premier belga, Bart De Wever, nella mattinata, ha esposto tre richieste per dare il via libera. Ovvero «la mutualizzazione del rischio», la garanzia che «se i soldi devono essere restituiti, ogni Stato membro contribuisca» e che «ogni Paese che ha immobilizzato i beni si muova» insieme al Belgio. De Wever ha peraltro ricordato che «nemmeno durante la seconda guerra mondiale» sono stati «toccati i beni immobilizzati». A intervenire in merito è stato anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: ha spiegato che è «a favore in linea di principio», ma bisogna «verificare se ci sono le condizioni giuridiche per poterlo fare». Chi ha esortato Bruxelles «a prendere una decisione il prima possibile» è il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Il leader di Kiev ha avuto a Bruxelles un bilaterale anche con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: hanno affrontato la protezione del «settore energetico» ucraino dato che «l’Italia dispone delle competenze e delle attrezzature necessarie», ha detto Zelensky. Che ha poi aggiunto di aver parlato con Meloni «dell’utilizzo dei beni russi congelati».






