Lo studio è stato condotto da Acled (Armed Conflict Location and Event Data Project) un’organizzazione non governativa senza scopo di lucro statunitense specializzata nella collezione di dati, analisi e mappature dei conflitti nel mondo. I dati raccolti si fermano alla fine di novembre ma sanno dare una chiave di come questa guerra abbia dato una possibilità di risveglio a tensioni già presenti anche se apparentemente latenti.
Il fronte più evidente e più prossimo è senz’altro quello con il Libano. Dal 7 ottobre infatti Hezbollah è impegnato in uno scontro a fuoco quasi quotidiano con le forze israeliane. Sebbene le scaramucce siano rimaste di portata geografica limitata, Hezbollah ha dirottato una parte significativa delle risorse militari israeliane da Gaza al fronte settentrionale. Le forze del gruppo terrorista libanese hanno lanciato colpi di mortaio, nonché missili anticarro e terra-aria nel nord di Israele in oltre 130 episodi. Fuoco a cui naturalmente Israele ha risposto. Secondo i dati raccolti, questi scontri hanno provocato la morte di almeno 85 combattenti Hezbollah, oltre 30 civili palestinesi, sette soldati israeliani e tre civili israeliani.
Ma se il fronte con Hezbollah può essere considerato parte in qualche modo del conflitto in essere, in Iraq e Siria le dinamiche sono già diverse. Le milizie sciite in Iraq - sotto il nuovo ombrello chiamato Resistenza Islamica in Iraq - hanno condotto oltre 50 attacchi con droni e razzi contro i siti degli Stati Uniti e della Global Coalition in Iraq e Siria dal 17 ottobre, ferendo dozzine di militari americani. Gli obiettivi includevano la base aerea di Ain al-Asad, Camp Victory e la base aerea di Harir in Iraq, e le basi militari statunitensi nei giacimenti petroliferi di al-Tanf, Shadada e Omar in Siria. Per ritorsione, gli Stati Uniti hanno condotto tre attacchi aerei contro i gruppi militanti sciiti Katibat Hizbullah e Asaib Ahl al-Haq in Iraq, e 15 attacchi aerei nella Siria orientale contro strutture utilizzate dal Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane e dai militanti sostenuti dall'Iran.
Quello con lo Yemen e il Mar Rosso è il fronte che attualmente preoccupa più di tutti, perché è quello che ha maggiori riprecussioni nel mondo occidentale, considerato anche il traffico commerciale presente in quel mare. Lì sono le forze Houthi a creare problemi e già con i dati raccolti entro fine novembre se ne poteva avere contezza. Acled infatti nel suo report scriveva: “Hanno lanciato attacchi con droni e missili verso il paese in nove giorni diversi. Il 15 novembre un presunto drone Houthi ha preso di mira anche una nave da guerra della marina statunitense nel Mar Rosso. A parte due droni mal indirizzati che hanno colpito le città egiziane del Mar Rosso, le navi da guerra statunitensi e il sistema di difesa missilistica israeliano hanno finora intercettato tutti i droni e i missili Houthi. Tuttavia, altri due incidenti avvenuti nella seconda metà di novembre – il sequestro da parte degli Houthi di una nave commerciale nel Mar Rosso e il lancio di missili dallo Yemen contro una petroliera nel Golfo di Aden – sottolineano il crescente rischio per il trasporto commerciale in tutta la regione”.