2025-06-12
In Iraq è allerta attacco alle basi americane
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Il ministro degli Interni iracheno, Othman al-Ghanmi
Dopo che l’ambasciata degli Stati Uniti di Bagdad ha diramato un avviso che ordina la partenza del personale governativo statunitense non di emergenza a causa delle crescenti tensioni regionali, parla il ministro degli Interni iracheno Othman al-Ghanmi: «Situazione molto complicata, ma stiamo cercando di garantire la sicurezza dei cittadini. Abbiamo trovato un accordo con il governo regionale del Nord a maggioranza curda per combattere insieme i terroristi che agiscono nel nostro Paese».L’ambasciata degli Stati Uniti di Bagdad ha diramato un avviso da parte del Dipartimento di Stato che ordina la partenza del personale governativo statunitense non di emergenza a causa delle crescenti tensioni regionali. Un security alert elevato a livello 4 che dichiara i cittadini statunitensi come obiettivo primario di attacchi terroristici, rapimenti e uccisioni, arrivando a vietare al personale governativo l'utilizzo dell'aeroporto internazionale della capitale irachena.Una pericolosa e continua escalation ha colpito il paese mediorientale nelle ultime settimane, da quando Donald Trump ha minacciato di colpire i siti di arricchimento di uranio dell’Iran se non proseguiranno positivamente i colloqui che vedono il sesto round in programma questo weekend in Oman. L’intelligence statunitense ha anche parlato della possibilità di un attacco da parte di Israele contro gli impianti nucleari iraniani, dopo il pesante bombardamento di Tel Aviv contro le infrastrutture yemenite degli Houthi, l’ultimo grande alleato di Teheran. La prospettiva di un attacco israeliano è stata confermata anche dal New York Times ed anche il governo della Gran Bretagna ha lanciato un avvertimento per tutto il traffico commerciale diretto in Medioriente. Il documento britannico parla di un rischio di guerra sempre più elevato con il possibile coinvolgimento del naviglio in transito nel Golfo Persico, nel Golfo di Oman e nello Stretto di Hormuz. L’Iran da parte sua avrebbe già organizzato una riunione ai massimi livelli per decidere come muoversi in caso di attacco israeliano. Il ministro della difesa iraniano ha dichiarato che in caso di conflitto «gli Stati Uniti dovranno lasciare la regione perché tutte le sue basi militari sono alla nostra portata e, senza alcuna considerazione, le prenderemo di mira nei paesi ospitanti». Una situazione sempre più incandescente e che potrebbe sconvolgere tutta l’area mediorientale. L’Iraq sembra destinato a diventare il principale terreno di scontro, vista anche l’estrema fragilità del governo guidato da Mohammed Shia' Sabbar Al Sudani che fatica a controllare il paese. Il Kurdistan iracheno è infatti spesso teatro di scontri militari fra le milizie locali dei Peshmerga e gli eserciti di Turchia ed Iran che attaccano continuamente le basi curde. Al Sudani si è trovato anche a gestire il rilascio di alcune centinaia di miliziani dello Stato Islamico di origine irachena che si trovavano nelle prigioni della Siria, rilasciati dopo il collasso del governo di Assad, che hanno ripreso il controllo delle aree di confine con la Giordania. Othman al-Ghanmi guida il ministero degli Interni di Bagdad dal 2020 e vanta un lungo passato come militare in qualità di Capo di Stato maggiore dell’esercito.«La situazione in Iraq resta molto complicata e il nostro governo sta cercando di garantire la sicurezza dei cittadini. Voglio però chiarire che non esiste un pericolo imminente per i cittadini stranieri e soprattutto per gli americani. Trovo gli avvertimenti lanciati dall’intelligence statunitense troppo allarmistici e comunque abbiamo aumentato la sorveglianza da parte delle forze dell’ordine irachene. Abbiamo trovato un accordo con il governo regionale del Nord a maggioranza curda per combattere insieme i terroristi che agiscono nel nostro paese, ma non permettiamo influenze esterne che vogliono destabilizzarci. Un discorso a parte meritano le milizie raccolte sotto il nome di Forza di Mobilitazione Popolare che sono sciite ed hanno forti legami con l’Iran. Questo gruppo è stato determinante nella lotta contro lo Stato Islamico ed oggi è inquadrato come entità indipendente, separata dall'esercito, e facente capo direttamente al primo ministro. Questo gruppo ha un’anima militare ed una politica , ma non è agli ordini di Teheran e rappresentano una risorsa del paese».La Forza di Mobilitazione Popolare, forte di oltre 200mila uomini, è invece la longa manus dell’Iran. Questo articolato gruppo di milizie nel 2024 si è rifiutato di confluire nell’esercito nazionale ed oggi rappresenta un’autentica minaccia per gli Stati Uniti in Iraq.