cronache dell'invasione

Ordinaria immigrazione: botte  e rivolte
ANSA
  • Su un treno regionale lombardo un gruppo di nigeriani senza biglietto pesta a sangue un poliziotto. A Treviso uno spacciatore marocchino non viene espulso perché padre di sette figli. Ecco cosa producono le frontiere aperte.
  • Il documento dell'Ispi che vorrebbe proporre un fact checking accurato sul tema immigrazione per smentire le «bufale» sugli sbarchi fornisce un rendiconto opposto: «Ne arriveranno ancora e l'Ue non ci aiuterà».
  • Il ministero dell'Istruzione organizza un concorso che coinvolgerà più di 12.000 studenti, tra i 16 e i 18 anni, in cui i ragazzi dovranno esprimere la loro empatia verso gli immigrati. Intanto per i richiedenti asilo spuntano iniziative assurde in nome dell'integrazione, come a Firenze dove la Caritas offre ai suoi ospiti nordafricani dei corsi gratuiti di tennis.


Lo speciale contiene tre articoli.

Abusi nel campo profughi di Calais: «I volontari usano gli immigrati per il sesso»

Se i fautori dell'immigrazione incontrollata fossero onesti, per pubblicizzare il radioso avvenire multirazziale che ci aspetta non ci propinerebbero le pubblicità dei biscotti in cui il bambino bianco e quello nero si danno il cinque, ma ci farebbero vedere le immagini della Giungla di Calais. Con questo nome viene identificata l'immensa baraccopoli sorta a ridosso del tunnel per la Gran Bretagna.

Secondo i sindacati di polizia, la giungla ha già superato i 10mila abitanti che vivono fra topi e rifiuti. A giugno le associazioni umanitarie parlavano di 4500 persone. Se poi si aggiungono agli accampati di Calais quelli del campo di Grande-Synthe, presso Dunkerque, e le altre bidonville abusive in tutta la zona della costa arriviamo tranquillamente a 12mila abitanti. La maggior parte degli immigrati accampati è costituita dai cosiddetti «migranti economici», gentile eufemismo per dire che si tratta di clandestini, gente che non ha alcun titolo per essere lì o per essere accolta. Il campo è praticamente una zona di non diritto. La polizia non può penetrarvi la notte, solo un'entrata delle tante è controllata. In compenso No Borders, «attivisti», volontari e personaggi di dubbia fama entrano ed escono a piacimento. Risse colossali si succedono, come quella scoppiata nella notte tra 22 e 23 agosto, che ha visto 400 afghani contro 400 sudanesi. Alla fine c'è stato un morto e sei feriti gravi.

Mentre comincia la costruzione del muro finanziato da Londra per impedire agli immigrati di assaltare i tir per raggiungere il Regno Unito (causa di ulteriori scontri e disordini), le notizie che giungono da dentro la Giungla fanno accapponare la pelle. L'ultima parla di volontari che, con il pretesto di aiutare gli immigrati, finiscono poi per sfruttarli sessualmente. Un'inchiesta del quotidiano liberal britannico The Independent ha raccontato di come siano sempre di più le segnalazioni di ospiti della baraccopoli che raccontano di essere stati approcciati da volontari - uomini e donne - che non esitano a chiedere prestazioni sessuali in cambio di cibo, vestiti, medicinali e consulenze legali.

Fra le vittime di questo tipo di sfruttamento ci sarebbero purtroppo anche dei bambini. Il problema è venuto alla luce dopo una discussione online tra i volontari, che è stata poi cancellata per non far scoppiare uno scandalo. L'Independent ne ha però salvato degli screenshot. Vi si parla di sesso con ragazzi «sotto l'età del consenso» e di «volontari che fanno sesso con partner multipli in un solo giorno». Sembra che nella maggior parte dei casi si tratti di donne volontarie e rifugiati maschi. Se sempre più gente si domanda per quale motivo la sinistra persegua con tanto fanatismo la causa dei «profughi», in questi racconti dell'orrore si potrebbe trovare una delle possibili risposte.

Ma è tutto il meccanismo delle migrazioni che sembra ormai impazzito. Nella nostra Calais in piccolo, Ventimiglia, lo scorso weekend tre pachistani che tentavano di superare a piedi il confine con la Francia sono stati aggrediti e derubati da quattro immigrati afghani. Sembrerebbe l'inizio di una barzelletta, ma non fa ridere per niente. Mercoledì, invece, nelle acque egiziane, è naufragata un'imbarcazione con a bordo circa 600 immigrati, di cui solo 163 sono stati portati in salvo. Francia e Belgio, nel frattempo, stanno ai ferri corti perché Bruxelles rimpatria al di là del confine chi lo attraversa illegalmente (è quello che Parigi fa con noi, del resto, proprio a Ventimiglia). Con siparietti surreali, come quello dei poliziotti belgi che non si accorgono di aver passato la frontiera mentre riaccompagnano 13 migranti e che quindi vengono trattenuti dai colleghi francesi alla stregua di volgari scafisti. E anche questo è uno spunto per aspiranti barzellettieri.

Ma è caratteristico di questa situazione fuori controllo, in cui tutto sta crollando e il caos si manifesta in forme comiche e tragiche allo stesso tempo. Rientra solo nel secondo tipo, invece, la notizia secondo cui due scafisti islamici avrebbero torturato e ucciso sei cristiani che avrebbero dovuto portarli sulle coste spagnole. Il fatto, per il quale ora è in corso un processo, risale al dicembre del 2014. All'epoca, su un gommone salpato da Nador, si consumò un piccolo ma emblematico caso di scontro di civiltà. I due scafisti camerunensi, infatti, si sarebbero convinti che le tempeste fossero provocate dalle preghiere dei migranti cristiani. Più gli immigrati spaventati dalle avverse condizioni climatiche si rivolgevano a Gesù, più, secondo i negrieri, il tempo peggiorava ulteriormente. Da qui le torture e il successivo annegamento degli infedeli. Chi favorisce le grandi migrazioni e ne gioisce per il loro carattere «arricchente», sta sostenendo tutto questo. Speriamo che vi sia ancora abbastanza tempo per poterglielo un domani rinfacciare.

Se Alessandro Manzoni riscrivesse oggi I Promessi Sposi, probabilmente non creerebbe il personaggio dell'avvocato che soprannominò Azzecca-garbugli. Ma quello, ben più attuale, dell'avvocato Azzecca-migranti. In dialetto napoletano «azzeccare» vuol dire anche «incollare». Infatti, l'avvocato Azzecca-migranti, quasi un «razzista» al contrario, sembra avere repulsione professionale per gli italiani e attrazione solo per gli stranieri. Vorrebbe che in Italia ne arrivassero sempre di più, su transatlantici anziché barche, e tramite Internet si mette a completa disposizione, fornisce minuziosi consigli su come fare per ottenere asilo (e cittadinanza e ricongiungimento e così via) con le buone o con le cattive dello sfruttamento di ogni cavillo a disposizione.

Forse l'avvocato Azzecca-migranti è un esterofilo? Magari una versione forense della Boldrini? Piuttosto un Robin Hood in giacca e cravatta al servizio delle masse che marciano verso lo Stivale? O un enorme innamorato del concetto di «no frontiere» che, se i suoi ricorsi saranno rigettati, tutti quei migranti li nasconderà a casa sua e anche gratis? Sì, come no...

L'avvocato Azzecca-migranti è lo stacanovista e principale attore del «ricorsificio» migrante contemporaneo, ovvero la produttivissima fabbrica di ricorsi contro il diniego dell'asilo politico - il principale cavallo di Troia usato dai migranti per restare nel nostro Paese - da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

Nel solo 2015 ci sono stati 41.730 dinieghi su 71.345 richieste di asilo. Il diniego non è nemmeno la parola definitiva. Il migrante può fare ricorso, e - chiaro - lo fa sempre... Se rigettato, il migrante fa ricorso al grado successivo. Se ancora rigettato, idem come prima. Il ricorsificio sta facendo esplodere Tribunali, Corti di Appello e Cassazione e incolla il migrante, già riconosciuto non avente diritto, al suolo italiano per anni.

Insieme con gli albergatori, l'avvocato Azzecca-migranti è una di quelle figure professionali che, grazie all'invasione migratoria, hanno visto il parco clienti lievitare da cifre prossime allo zero ad altre assai gagliarde, in un battibaleno. Un miracolo economico che in confronto il boom degli Anni Cinquanta appare una quisquilia. Figura trasversale, l'avvocato Azzecca-migranti può essere un giovane legale alle prime armi o il canuto membro di uno studio ormai votato al diritto dell'immigrazione. In entrambi i casi, questo personaggio avvocatizio sta alla giurisprudenza come la sarta cinese che cuce solo orli di pantaloni per pochi euro sta alla sartoria. Il singolo compenso non è altissimo e il lavoro non richiede il dna di genio, ma i migranti, come i pantaloni, sono tanti. Il punto fondamentale, poi, che rende il ricorsificio una doppia beffa, è che c'è un pantalone anche nei ricorsi: è Pantalone con la maiuscola, quello di «Tanto paga Pantalone». È, cioè, lo Stato Italiano, che tramite il gratuito patrocinio foraggia di tasca sua (nostra) la parcella che spetta al legale per ogni ricorso presentato in tutti e tre i gradi di giudizio. Anche l'italiano può usufruire del gratuito patrocinio se presenta un reddito annuo inferiore a 11.528,41 euro, però la differenza tra italiani e migranti è che i primi rientrano in quella forchetta reddituale per eccezione, gli ultimi per regola... Diceva provocando Ettore Petrolini: «Bisogna prendere il denaro dove si trova, presso i poveri. Hanno poco, ma sono in tanti». L'avvocato Azzecca-migranti ha aggiornato la triste massima: i migranti dichiarano redditi nulli, sono tanti e in più il loro conto allo studio legale lo paga lo Stato.

La situazione è ormai talmente abnorme ed assurda (15.008 ricorsi in Tribunale solo nei primi cinque mesi di quest'anno) che lo stesso governo sta ipotizzando di riformare la prassi giuridica del diritto d'asilo. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha proposto, giusto ad agosto, di «sospendere la possibilità di appello contro la decisione del Tribunale». Se la Prefettura, tramite la Commissione territoriale protezione internazionale, dice no e anche il Tribunale dice no, fine. Un ricorso è meglio di tre, ma per smontare la beffa bisognerebbe vietarli tutti.

Nel frattempo l'avvocato Azzecca-migranti continua a sfornare ricorsi, tranquillo protagonista, anche, di «scelte di marketing» sinceramente stupefacenti. Siamo andati ad esaminare siti Internet e pagine social dei vari Azzecca-migranti e ci sono caduti gli occhi. Dimenticate il sobrio e borioso burocratismo del professionista legale divorzista, tributarista, civilista, penalista...

L'avvocato Azzecca-Migranti aizza e titilla lo straniero: sul sito di un divorzista non leggerete mai allusioni a un'eventuale schifezza dell'istituto del matrimonio; su quello di un penalista non troverete l'invito ad una vita spericolata in barba all'onestà. Ma su quelli della categoria Azzecca-migranti potrete leggere l'orgoglio di difendere lo straniero reo anche in sede penale. O imbufalite reprimende dirette al Ministero dell'Interno che impiega «vari anni» per rispondere alle richieste di cittadinanza, con annesse analitiche spiegazioni su come metterlo al muro ricorrendo al Tar (sia per obbligare il Ministero a decidere sia in caso di diniego). Ricorso pubblicizzato testualmente come «prendere la corsia preferenziale» o «varco che si apre all'improvviso». Alla fine, l'invito a chiamare per una consulenza. Gratuita, va senza dirlo, tanto se il migrante diventa cliente paga tutto Pantalone...

Abbiamo navigato in questo sottobosco web dove lampeggiano come lucciole numeri di cellulari per fissare appuntamenti. In cerca famelica di clienti migranti, gli avvocati elencano con solennità «le nostre promesse», un tempo esclusiva dei venditori di aspirapolveri porta a porta o dei politici: «incontri conoscitivi senza impegno», «massima trasparenza sui costi» e ovviamente «gratuito patrocinio agli aventi diritto».

Ma il bello viene quando gli Azzecca-migranti entrano nel dettaglio. C'è un avvocato che sul suo profilo Facebook scrive: «Sanatoria 2009, il reato di inosservanza dell'ordine di allontanamento non è più ostativo». Tradotto dal legalese, significa: cari amici migranti, vi hanno ordinato di andarvene dal Paese e voi ve ne siete fregati? Bravi. Ora vi spiego come fare per passarla liscia. Ancora: «Rinnovo permesso di soggiorno, le precedenti condanne non sono ostative se vi sono legami familiari». Capito? Cari immigrati, avevate ottenuto il permesso di soggiorno ma nel frattempo vi siete beccati qualche condanna? E che problema c'è?

Ancora più incredibile la frase che segue: «Foglio di via per danneggiamento di vetture, di per sé non è sintomo di pericolosità sociale». Chi di noi non ha mai distrutto alcune automobili a pugni o calci o testate solo per fare esercizio fisico fuori dalla palestra?

E gustatevi quest'altra, sempre tratta dal profilo Facebook di un legale: «Rinnovo permesso di soggiorno, l'irreperibilità dello straniero non significa disinteresse per la domanda». Ma certo, il migrante fa domanda, poi si dà alla macchia, ma il suo non è disinteresse. Sarà timidezza? Chissà, ma tanto grazie ad Azzecca-migranti non ci saranno problemi a dimostrare l'indimostrabile.

Seguendo la logica, verrebbe da dire che chi sfascia auto, chi sparisce dai radar, chi accumula condanne penali sarebbe meglio non tenerselo ancora in casa. Ma all'avvocato Azzecca-migranti il bene del Paese deve importare meno di quello delle sue tasche, evidentemente...

Secondo l'ultima ricerca della Fondazione Leone Moressa le richieste di asilo in Europa sono aumentate del 328% negli ultimi sei anni. E l'Italia detiene la medaglia d'argento di seconda meta più ambita, dopo la Germania. Gli Azzecca-migranti di tutto il Paese ringraziano.

Quando mi si chiede di cosa voglio parlare esattamente quando utilizzo l'espressione «Grande Sostituzione», o quella di «cambiamento di popolo e di civiltà», mi chiedo sempre se la domanda sia un trabocchetto (abbastanza spesso lo è) o se colui che la pone sia cieco e sordo. Non vedo altra possibilità.

La Grande Sostituzione, in effetti, non è un concetto, non è una «teoria», è la realtà di tutti i giorni. Su un certo territorio c'era un popolo, formato da secoli di storia comune; e nello spazio di una sola generazione ce n'è un altro o diversi altri. Per convincersene basta scendere in strada, nel metrò, nei corridoi delle scuole, nella vita reale. Basta aprire gli occhi. Basta, soprattutto, credere ai propri occhi, osare vedere ciò che si vede, ciò che si vive, ciò che si soffre. «Credete ai vostri occhi», ecco il mio messaggio. Non affidatevi ai giornalisti, agli uomini politici, ancor meno ai sociologi e alle loro presunte statistiche con cui vi spiegano ciò che accade. Costoro vi hanno mentito per quarant'anni. Vi hanno mentito sulla scuola, in cui «il livello qualitativo si innalzava», secondo loro, e che oggi è un cumulo di rovine. Vi hanno mentito sulla delinquenza, che stava diminuendo, a sentir loro, e che comunque non aveva niente a che vedere con l'immigrazione. Vi stanno mentendo ancora sul cambiamento di popolo. E se per miracolo smetteranno di mentirvi, sarà per dirvi: «Si, è vero, avete ragione, ma oggi è troppo tardi».

Ebbene, no, non è troppo tardi. La seconda metà del XX secolo ha visto dozzine di popoli sollevarsi contro coloro che li avevano conquistati e che li opprimevano, ritrovare la loro libertà, la loro dignità e la loro indipendenza. Vedete, in questi giorni, in occasione della sua morte, non si fa che parlare di Nelson Mandela, l'ultimo campione della lotta anticolonialista. Egli ha liberato i suoi da una minoranza coloniale installata nel Paese da diversi secoli, opprimente, certo, fatale alla libertà e all'eguaglianza, ma che con il proprio lavoro e il proprio spirito di impresa aveva apportato al Paese una prosperità e delle strutture statali senza paragoni con ciò che passava il convento altrove nel continente africano, e le cui vestigia, ogni giorno più deboli, sono loro ancora molto utili. Noi abbiamo un compito più semplice. I nostri colonizzatori non ci colonizzano del tutto, se colonizzare è anche valorizzare. Non dobbiamo loro la prosperità globale della nazione: al contrario, essi sono largamente responsabili del suo disastro e del disordine che colpisce i conti pubblici.

Essi non mantengono l'ordine appoggiandosi su una severa polizia: al contrario, è tra loro che vengono reclutati la maggior parte degli autori del disordine, dai piccoli furbi della vita quotidiana, che pensano che pagare la metro e contribuire al suo mantenimento sia cosa buona solo per gli indigeni, o per i cani, i sotto-cani (*), fino ai grandi responsabili dell'insicurezza.

Perché dovremmo tremare? Il nostro avversario non è più micidiale di quello di Mandela e degli altri eroi della battaglia anti-colonialista, a cui ci dobbiamo ispirare, poiché è il nostro turno di proteggere il nostro popolo dall'occupazione straniera. Certo è numeroso, questo avversario, sempre più numeroso ogni anno che passa, con il suo contingente infinito di nuovi arrivati, da una parte, e le sue nascite innumerevoli, dall'altra, le quali fanno dire a demografi ciechi, o traditori, o entrambe le cose insieme, incoscienti, che la demografia in Francia va a meraviglia mentre essa non fa che accentuare giorno dopo giorno il cambiamento di popolo e dunque, necessariamente, di civiltà: perché solo una concezione molto bassa dell'uomo e dei popoli può credere che con altri uomini, altre donne, altri popoli, nutriti da altre culture, altre religioni, altre lingue, si possa continuare ad avere la stessa storia, a essere la stessa nazione, a godere della stessa civiltà. La Francia può integrare degli individui, l'ha sempre fatto. Essa non può, se vuole restare se stessa, integrare altri popoli.

L'Algeria appena decolonizzata ha ritenuto che il 10% della popolazione del suo territorio non appartenesse al suo popolo, non fosse compatibile con la sua libertà e indipendenza. Il mondo intero ha compreso molto bene tutto ciò, all'epoca. Esso pensava la stessa cosa della nuova nazione. La posizione dell'Algeria sembrava evidente e legittima alla Terra intera. E questi milioni di europei e di ebrei giudicati inassimilabili sono stati gettati a mare in qualche settimana. E nessuno nel mondo è stato scioccato dalla brutalità inaudita con la quale è stata condotta tale operazione. Ricordate lo slogan «la valigia o la forca»? Il cielo mi è testimone, io non auspico nulla di simile.

Sono presidente di un partito che porta la non-violenza nel suo stesso nome, l'in-nocenza, la non-nocenza, la non-nocività, la volontà di non nuocere. La violenza, la nocenza, non sono dal nostro lato. L'antirazzismo al potere, che è l'altro nome del partito sostituzionista, quello dei partigiani e degli artefici del cambiamento di popolo, ci fa carico di tutti i peccati della Terra; e invece non attacchiamo nessuno, noi, non bruciamo le auto, non scippiamo la borsa alle vecchie signore, non controlliamo il traffico di droga, non abbiamo fatto di Marsiglia la capitale dell'iper-violenza, non lapidiamo pompieri e medici, non facciamo regnare la paura sulle metropolitane e i treni notturni, non abbiamo, sin qui, forzato nessuno a cambiare strada o città.

La regola non scritta dei sostituzionisti, i campioni della Grande Sostituzione, è non solamente il loro eterno e caricaturale «due pesi e due misure», che essi applicano sistematicamente a ogni situazione; è anche il mondo al contrario, in cui gli offesi diventano gli offendenti, gli aggrediti diventano gli aggressori, gli umiliati, derubati, attaccati, sfruttati, importunati in ogni modo possibile diventano i razzisti e gli xenofobi.

E allora, rimettiamolo a posto, questo mondo capovolto dai nostri sostituendi e dai loro amici sostituzionisti, che d'altro canto saranno presto sostituiti a loro volta, quando avranno terminato di giocare il loro ruolo storico di strumenti del disastro e i conquistatori non avranno più bisogno di loro. È d'altronde ciò che si osserva in tutte le grandi città d'Europa, che cadono le une dopo le altre e dove si svelano ogni giorno più apertamente i partiti confessionali e comunitaristi, dopo essersi sbarazzati dei loro mentori socialisti o sostituzionisti (è spesso la stessa cosa). Non è la prima volta che il popolo francese deve battersi per la sua indipendenza e libertà, per rifiutare una conquista di cui è fatto oggetto. Io chiamo tutte le mie energie alla costituzione di una forza che dica «no» al cambiamento di popolo e di civiltà.

(*) Gioco di parole intraducibile fra sous-chiens e souchiens, termine satirico e dispregiativo con cui taluni, in Francia, usano chiamare i «français de souche», cioè i francesi «originari», di «ceppo».

Nel dramma dell'emigrazione c'è un dato che non è stato sufficientemente valutato: quello dei bambini scomparsi. Eppure siamo circondati da «buonisti» di tutti i colori politici, in un'Europa ormai caratterizzata dall'esistenza e dalla proliferazione di muri e barriere protettive, più o meno elettroniche, che impediscono sempre di più il passaggio dei «clandestini» da un Paese all'altro. Chi sono gli scomparsi o gli invisibili? E quanti sono?

Secondo Oxfam (un'organizzazione mondiale di difesa dei diritti umani), quest'anno, sino al 31 luglio, in Italia sono sbarcati 13.706 bambini e adolescenti non accompagnati da genitori: più del doppio rispetto all'anno scorso. Circa il 35% di essi si trova in Sicilia (quasi 4.800). Ma il sistema è fortemente «lacunoso e inadeguato». Tanto che almeno 28 bambini ogni giorno scompaiono, nessuno ne sa più nulla. Nei primi sei mesi del 2016 si sono perse le tracce di 5.222 bambini e ragazzi. Sono prevalentemente egiziani (23,2%), somali (23,1%), eritrei (21,1%). Tutte le Ong denunciano il fenomeno, ma rimangono inascoltate.

Nel 2015 i bambini scomparsi non si sono più ritrovati, non solo in Italia, ma anche nel resto d'Europa: oltre 10.000 bambini stranieri diventati invisibili dopo l'arrivo nel Vecchio Continente, secondo l'Europol. E nessuno li cerca. Che fine hanno fatto?

Le voci sono tante, le prove ancora scarse. Anche perché, quando si tratta di «fughe da casa» o sottrazione di bambini da parte di un familiare (in seguito all'incremento del numero di separazioni delle coppie), le segnalazioni non mancano. Ma se qualche minore viene rapito, se i minori fuggono dalle guerre o da catastrofi naturali, tutto diventa più difficile.

Il rischio che bande criminali siano interessate al fenomeno delle sparizioni diventa ogni giorno più alto. Karen Shalev Greene, dell'Università di Portsmouth, ha compiuto una ricerca molto accurata sul fenomeno dei bambini migranti e ha accertato che «questi minori esprimono il desiderio di andare in Germania e, se scompaiono, le autorità presumono che i trafficanti li abbiano portati in Germania attraverso l'Austria». Di fatto questi bambini diventano invisibili e nessuno sa nulla della loro sorte.

Adesso sta provando a capirne di più, in modo artigianale, la Croce rossa, che ha realizzato un database con 300 minori non accompagnati e il loro identikit: uno strumento in grado di riconoscere il volto dei bambini e ragazzi «orfani» inseriti nel sistema. Dai numeri che conosciamo (oltre 10.000 scomparsi, ma se calcoliamo anche gli anni passati sicuramente potrebbero arrivare a decine di migliaia), si tratta di una goccia nel mare. Secondo Missing children Europe, un cartello che rappresenta 30 Ong di 24 Paesi, «muovendosi da Paese a Paese è chiaro che debba esistere un coordinamento a livello europeo». Un coordinamento che ancora non esiste. Quello di Missing è un tentativo generoso, ma ancora molto debole, perché non coinvolge direttamente le istituzioni dei singoli Paesi europei e neppure quelle della sola Ue.

I rischi che corrono i bambini e gli adolescenti sono intuibili: adozioni illegali e compravendita di minori dai trafficanti, riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione minorile, lavoro nero coatto con tanto di «caporali» e, quel che è peggio, anche traffico di organi.

Qualche anno fa, ho denunciato in un libro (Orrori, Sperling e Kupfer editori) molti casi di bambini, soprattutto albanesi, comprati e venduti. A Zapping (un programma di Radio 1 che ho condotto per oltre 18 anni) ho promosso campagne sulle violenze contro i minori e ho trasmesso testimonianze anonime di medici e infermieri, in diretta radiofonica, su casi di espianti e trapianti illegali con organi rubati.

Ma ora la situazione è ancor più peggiorata con l'immigrazione incontrollata e selvaggia, in cui a pagare sono anche i bambini indifesi nell'indifferenza di tutti. Proprio nei giorni scorsi è stato scoperto all'ospedale San Carlo di Milano il caso di un profugo «forse operato senza consenso», vittima del traffico internazionale di organi gestito da bande criminali.

Adesso è in corso negli ospedali milanesi un'inchiesta per accertare se vi siano stati casi simili di vendita di reni e di altri organi anche di bambini. E pensare che la nostra legge punisce direttamente i trafficanti. Il prelievo di organi da una persona vivente a fini commerciali è punito con la reclusione da 3 a 12 anni.

Qualche mese fa alcuni migranti hanno riferito a un pm di Palermo che i trafficanti costringono chi vuol traversare il Mediterraneo, e non ha soldi per farlo, a vendere un organo. Tutto questo avviene nell'indifferenza generalizzata delle istituzioni, compresa quell'Autorità di garanzia per l'infanzia che ha visto per quattro anni come presidente Vincenzo Spadafora, uomo dell'Unicef, ma soprattutto amico di politici come Alfonso Pecoraro Scanio, Francesco Rutelli e poi Matteo Renzi. Quest'ultimo, alla fine, lo ha mollato non riconfermandolo più come garante (200.000 euro l'anno), preferendogli Filomena Albano, giudice del tribunale di Roma. Non credo però che con una magistrata le cose cambieranno molto. Forse questo inutile ente si potrebbe sciogliere, al pari del Cnel. Si risparmierebbero sicuramente un bel po' di milioni di euro.

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