(Ansa)
Matteo Salvini: «Non molliamo, è un comparto che porta 100 milioni di turisti in Italia». Lo ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dal TTG Travel Experience a Rimini.
Matteo Salvini: «Non molliamo, è un comparto che porta 100 milioni di turisti in Italia». Lo ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dal TTG Travel Experience a Rimini.
Le «vox in spiaggia», come si chiamano in gergo giornalistico le interviste fatte sotto agli ombrelloni, quest’anno sono al centro di un acceso dibattito politico. Gli ombrelloni infatti e il loro prezzo e conseguente prenotazione, continuano adessere luogo e mezzo di scontro tra maggioranza e opposizioni.
«Ritengo vergognoso che, pur di attaccare il governo, certa opposizione diffonda notizie false, danneggiando l’immagine e gli interessi dell’Italia», ha scritto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sui social. «Negli ultimi giorni, tra le diverse uscite, anche la segretaria del Pd, Elly Schlein, ha lasciato intendere che il turismo italiano fosse in crisi. Peccato che, poche ore dopo la sua uscita, i dati ufficiali del Viminale, tratti dalla banca dati “Alloggiati Web” della Polizia di Stato, abbiano certificato l’esatto contrario, con arrivi in crescita e milioni di visitatori nelle nostre strutture ricettive».
Dati confermati dal Viminale. A giugno gli arrivi sono stati 21.680.741 contro i 19.660.297 del 2024 (+10.2%). A luglio sono stati 23.997.082, a fronte dei 22.951.500 dell’anno scorso (+4,5%). Nei soli primi undici giorni di questo mese - dunque senza conteggiare il prossimo weekend di Ferragosto - si sono toccati i 7.944.284 turisti registrati, in crescita del 13,1% rispetto ai 7.021.408 dell’analogo periodo del 2024.
«Alle mistificazioni e alle falsità costruite a tavolino rispondono i numeri e la verità», commenta il premier, che infine conclude: «Chi ama davvero la propria nazione non la scredita davanti al mondo per convenienza politica. Noi continueremo a lavorare per renderla ogni giorno più forte, attrattiva e orgogliosa di sé».
A stretto giro arriva anche la riposta di Schlein, che cita altri dati, quelli del sindacato dei balneari che ha parlato di un calo di presenze del 15% e di Altroconsumo, che ha analizzato un aumento dei costi del 34%. «Giorgia Meloni, invece che rispondere a me, dovrebbe rispondere a quelle famiglie italiane che hanno i salari troppo bassi per andare in vacanza, mentre il suo governo blocca l’adozione di un salario minimo e non fa nulla per contrastare le bollette più care d’Europa», conclude il segretario del Partito democratico.
Tuttavia vale la pena segnalare che sono gli stessi operatori del settore a dire che «le somme della stagione si tirano alla fine», e non prima di Ferragosto. Ad ogni modo questi sono dati che vanno in contrasto con Federbalneari che invece sostiene che a cambiare sono i flussi e il modello di vacanza: «Le vacanze lunghe non sono più la norma. Gli stabilimenti sono pieni nel fine settimana, da maggio a settembre inoltrato».
Ma a smentire Schlein, ci pensano direttamente i suoi (come ormai accade sovente). Roberta Frisoni, assessore al Turismo della Regione Emilia-Romagna (a guida centrosinistra), ha infatti dichiarato: «La nostra costa ha tenuto meglio della concorrenza». A intervenire in difesa dei balneari ci ha pensato anche il sindaco di Riccione, Daniela Angelini (eletta dalla coalizione Pd-M5s), che è scesa in spiaggia per far sentire la sua solidarietà contro quelle che ha definito «falsità sulle tariffe». Non si deve essere parlata con il senatore dem Antonio Misiani, che accusa: «Solo in Corea del Nord si accusa di screditare il Paese chi denuncia i problemi reali», citando «dati oggettivamente negativi».
Ma l’obiettivo della sinistra è chiaro: dare un’accelerata alla Bolkestein. Per questo si parla di «lobby dei balneari» riferendosi alle piccole e medie imprese che hanno in concessione le nostre coste. Imprese, spesso a conduzione familiare. I dem quando criticano i balneari e il governo dimenticano però di dire che la direttiva Bolkestein se venisse applicata, renderebbe le coste italiane ancora più inaccessibili perché inevitabile preda di fondi, pronti a speculare su uno dei nostri asset strategici: il turismo.
Mesi e mesi a tromboneggiare di overtourism. Sciami di turisti che prenderebbero d’assalto le nostre città d’arte e le più rinomate località turistiche. Poi all’improvviso, contrordine compagni. La narrazione cambia. L’ordine di scuderia non è più lo stesso. Ora le spiagge sono vuote. Perché con il governo Meloni tutta l’Italia è più povera; che non lo sai! Niente vacanze perché non c’è un euro in tasca. Quindi non è vero che i balneari fanno affari d’oro, giusto? No, tutt’altro. I balneari strozzano la clientela. Serve la Bolkestein per mettere all’asta le concessioni.
Ma non mi torna qualcosa. Se gli ombrelloni costano un occhio della testa ora che le concessioni, secondo la vulgata eurolirica, sono svendute agli attuali stabilimenti, come faranno domani a costare di meno se le concessioni saranno strapagate? Ma che non lo sai i balneari sono soliti lamentarsi.
Nel frattempo, zitta zitta ma non troppo, una società fortemente capitalizzata con mezzi propri e sede a Milano - operante nel settore dei beach resort - starebbe bussando alla porta degli stabilimenti balneari della Versilia per mezzo di alcuni legali. Una mail inviata a un centinaio di imprenditori sparsi fra Camaiore, Viareggio e Forte dei Marmi. Nella comunicazione non si va troppo per il sottile e si propone «modalità di acquisto con valori di piena soddisfazione, nel pieno rispetto dei dettami della direttiva Bolkestein». Per carità, in un’economia di mercato c’è chi si offre di acquistare a qualcuno che potrebbe voler vendere. O che magari è costretto a vendere, vista la narrazione impazzita di questi giorni.
Sul lato dell’informazione, infatti, abbiamo Dagospia, che riassume la situazione con il suo solito stile: «L’amara realtà di un Paese impoverito: il 30% delle famiglie con figli non si può permettere neppure un giorno di villeggiatura». E per carità, sul fatto che l’Italia sia piagata da una devastante epidemia di povertà, non c’è molto da discutere. Da quando l’Istat conta gli italiani in povertà assoluta (vale a dire dal 2006) questi sono aumentati da 2,3 a 5,7 milioni. Solo che la Meloni con questo fenomeno c’entra ben poco se non, magari, per non avere fatto quanto necessario per invertire la tendenza. Cosa non semplicissima dentro la gabbia delle regole europee. Ma sarà tema di legge di bilancio. Intanto andrebbe ricordato che il dato del 30% cui fa riferimento Dagospia deriva da Eurostat. Che riporta come questa percentuale fosse pari al 50% nel 2012 mentre Monti stava salvando il Paese a suon di tasse e lacrime (della Fornero).
La narrazione apocalittica e a senso unico, ad ogni modo, crolla miseramente andando a vedere come stanno andando veramente le cose sulle nostre coste. Ascoltando, ad esempio, cosa dice la «rossa» Emilia-Romagna, che di sicuro non ha interesse a difendere l’esecutivo di centrodestra (il quale sbandiera numeri che la stampa non riprende: ad esempio i 152 milioni di visitatori nei luoghi della cultura, per un valore economico di 223 miliardi). «In Romagna si prevedono presenze e arrivi turistici con numeri allo stesso livello dello scorso anno», afferma l’assessore regionale al Turismo, Roberta Frisoni. «I segnali risultano positivi lungo tutta la costa. La nostra Riviera si conferma anche nel mese di agosto tra le destinazioni più competitive e ricercate dagli italiani e dagli stranieri».
Parole che fanno a pugni con le paginate dei principali quotidiani che - guarda caso dall’oggi al domani e perfettamente all’unisono - da giorni descrivono le spiagge come deserti africani. E - a volte, le coincidenze - la stessa campagna di comunicazione è in corso anche sui media spagnoli, Abc ed El Mundo in prima linea, in un Paese con un governo di colore diverso, ma con un contesto simile (e poco gradito a Bruxelles) quando si parla di sdraio e ombrelloni. A pensare a un’unica regia europea si fa peccato.
Ma non è finita. «Abbiamo un trend in discesa nella presenza delle nostre spiagge. Ma non certo come viene raccontato dai media», sottolinea Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari. I dati del Viminale intanto parlano per il mese di agosto di una forte «crescita di turisti nelle strutture ricettive del Belpaese». Lo confermano i numeri contenuti nella banca dati «alloggiati Web» che l’Ansa pubblica in anteprima. A giugno gli arrivi sono stati 21.680.741 contro i 19.660.297 del 2024 (+10,42%). A luglio sono stati 23.997.082, a fronte dei 22.951.500 dell’anno scorso (+4,5%). «Nei soli primi 11 giorni di questo mese - dunque senza conteggiare il prossimo weekend di Ferragosto - si sono toccati i 7.944.282 turisti registrati in crescita del 13,1% rispetto ai 7.021.408 dell’analogo periodo del 2024». Il settore del turismo sembrerebbe quindi tenere botta nel complesso.
Ma all’opposizione la realtà non sembra interessare. «Il governo dovrebbe approvare il salario minimo», ripete come un disco rotto Elly Schlein .
I suoi alleati invece hanno già la ricetta che risolverà tutti i mali del Paese. «L’estate 2025 sarà ricordata come una delle più care», dichiara il senatore a 5 stelle Mario Turco, «chiediamo che il governo apra subito il mercato delle concessioni balneari, in linea con la direttiva europea». Perfettamente allineato anche il numero uno di +Europa, Riccardo Magi: «Si prenda atto che il modello è fallito, si apra alle gare come prevede la legge Bolkestein e si metta fine al regime delle proroghe». Occhio quindi a quelli che hanno la soluzione in tasca. Probabilmente sono gli stessi che, seminando il panico, hanno creato il problema.
Mettiamola così: per il governo tedesco Unicredit non deve comprare Commerzbank, ma un qualsiasi herr Muller può sbarcare a Ostia Lido e pigliarsi gli ombrelloni. Da Bruxelles è giunta l’ennesima rampogna al nostro governo perché vuole dare gli indennizzi a quei gestori dei lidi che dovessero perdere la concessione.
A mettere in mora l’Italia al punto da considerare degli sprovveduti, se non peggio dei furbastri, nove ministri e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è un funzionario italiano: Salvatore D’Acunto, dirigente a Bruxelles del settore mercato interno. Ha dichiarato: «La direttiva servizi, la famosa Bolkestein, ha segnato una svolta decisiva. La necessità di dare piena e corretta attuazione negli ordinamenti nazionali a questo strumento è di primaria importanza per liberare il pieno potenziale dell’economia europea che dipende per più dei 2/3 dai servizi». Lo stesso Frits Bolkestein però quando era ancora commissario europeo - siamo nel 2018 - ha dato un’interpretazione diversa: «Le concessioni balneari sono beni e non servizi e la mia direttiva si applica solo ai servizi. Non capisco», dichiarò alla Camera dei deputati italiana, «come le concessioni possano essere considerate un servizio. Così si mettono a rischio 27.000 piccole e medie imprese. Anche se i concessionari aiutano un turista a trovare un servizio ciò non è rilevante: conta il core business».
L’Italia per evitare l’ennesima procedura d’infrazione ha trovato una via: concessioni valide fino al 2027, gare da esperire entro il giugno di quell’anno e indennizzi ai vecchi concessionari eventualmente soccombenti. Ma neanche questo va bene a Bruxelles. La Commissione europea, il 7 luglio, ha inviato una lettera al governo per invitare a correggere il decreto. A Ursula von der Leyen - lo ha dimostrato con la sua inattuabile proposta di nuovo bilancio dell’Ue - non importa nulla della realtà dei fatti e tiene in scarsissimo conto i governi e i Parlamenti degli Stati membri. Il portavoce della Commissione Tomas Regnier ha provato a evitare la polemica dicendo che la missiva Ue è «un invito a trovare una soluzione condivisa», ma non ci crede nessuno.
Del resto cosa muove Bruxelles a chiedere lo sfratto dei lidi l’ha spiegato proprio D’Acunto: «La richiesta di una politica di enforcement (applicazione letterale della Bolkestein, ndr) ancora più stringente è univoca, diffusa e pressante e viene da ogni parte: dai due rapporti di Enrico Letta e Mario Draghi, dal Parlamento europeo, dalla Corte dei conti, perfino dal Consiglio europeo e soprattutto dagli operatori economici, a più voci». Peccato che quando si tratta di banche tedesche l’enforcement non conta nulla. Se n’è accorto Fabrizio Licordari - presidente di Assobalneari che aderisce a Confindustria - che tuona: «Ancora una volta da Bruxelles arriva un diktat che sa di ricatto: le proposte del governo italiano sulle concessioni balneari vengono bocciate da funzionari non eletti, che nessuno conosce e nessuno ha mai votato, ma che pretendono di decidere il destino delle nostre coste e delle migliaia di famiglie che da generazioni lavorano per dare al turismo italiano un volto umano, accogliente, vincente. Vogliono farci credere che la Bolkestein sia un obbligo? Falso! È una scelta politica. E se Bruxelles pensa di piegarci con le sue minacce, stavolta si sbaglia di grosso. L’Italia deve alzare la testa. Basta sottomettersi a un’Europa che tratta gli Stati membri come vassalli e non come popoli sovrani. Le nostre spiagge non sono in saldo».
Ne sanno qualcosa Leonardo del Vecchio jr, Alessia Berlusconi, Andrea Bocelli, Giorgio Armani e il re degli scopettoni Claudio Giacometti che si sono comprati i bagni di mezza Versilia pagando milioni e che rischiano lo sfratto senza indennizzo. Anche le loro concessioni scadranno, come le 27.000 attive su cui campano almeno 40.000 famiglie con 300.000 dipendenti; hanno un giro d’affari proprio di 2 miliardi e mezzo però alimentano quasi 60 miliardi di turismo balneare. «Diciamo meglio», confida Licordari, «alimentava: oggi abbiamo gli stabilimenti balneari vuoti cinque giorni su sette. I turisti arrivano solo durante il week end. Sulla Riviera romagnola - da Rimini ai Lidi ravennati - il turismo della classe media non c’è più, così come al Sud Italia, nel Lazio e anche in Liguria. Certo le mete vip reggono: sono quelle su cui l’Ue vuol mettere le mani. Del bagnetto non gli interessa nulla. I nostri stabilimenti li abbiamo costruiti in decenni di fatica, pagando le tasse: sono un patrimonio dell’Italia. Il governo ha il dovere morale e politico di resistere: nessuna gara che distrugga l’economia balneare. Se Bruxelles continuerà con il suo atteggiamento da tiranno burocratico, Roma deve reagire». Per ora però partita vinta -per dirla con Licordari - ce l’ha Salvatore D’Acunto, un Von der Leyen boys, «tecnocrati che non conoscono nemmeno la nostra realtà».
Ci risiamo: i balneari aprono gli ombrelloni non per i turisti, ma per ripararsi dalle incertezze della giustizia. È di queste ore l’ennesima pronuncia di un Tar che, in difformità con altre Corti amministrative, sostiene che le concessioni balneari, in base alla Bolkestein che lo stesso autore ha smentito, sono scadute, vanno messe a gara e che quello che dice l’Europa è legge insormontabile. Siamo a una riedizione in chiave turistica del «lodo Albania»: ciò che il governo fa i giudici smontano. Stavolta non si tratta di migranti, ma di molte ombre e pochissima luce sul diritto a gestire uno stabilimento balneare.
Il Tar della Liguria ha detto che la proroga delle concessioni dei lidi approvata lo scorso anno nel cosiddetto decreto Infrazioni poi convertito in legge con cui Giorgia Meloni riteneva di aver preso il tempo sufficiente per rispondere alla procedura d’infrazione avviata da Bruxelles senza buttare a mare - è il caso di dirlo - 7.000 «bagnini», 30.000 imprese, 300.000 posti di lavoro e un settore che vale circa il 20% del nostro turismo (malcontati sono 14 miliardi diretti che arrivano a 60 con l’indotto) è carta straccia. Il pronunciamento è intervenuto a seguito del ricorso presentato da quattro stabilimenti balneari contro il Comune di Zoagli che aveva rimesso a gara le concessioni sostenendo che erano scadute a fine 2023. Questo termine era stato fissato dal governo Draghi in obbedienza a Bruxelles. Proprio all’Europa si richiamano i giudici liguri sostenendo: «Non esiste alcun accordo scritto tra lo Stato italiano e la Commissione europea che imponga alle amministrazioni locali di estendere le concessioni fino al 2027. Inoltre, anche se tale accordo esistesse, non potrebbe prevalere sulla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha già sancito l’incompatibilità delle proroghe automatiche con il diritto comunitario.» Insomma, stando ai giudici, Giorgia Meloni avrebbe mentito sull’accordo preso con Bruxelles.
«Siamo all’assurdo», commenta Bettina Bolla, anche lei ligure, presidente di un’associazione agguerrita com’è Donne da mare-Base balneare che fa fronte comune con Assobalneari guidata da Fabrizio Licordari, «perché i Tar continuano a emettere provvedimenti contraddittori. Per i giudici del Lazio, del Veneto e della Puglia le concessioni sono valide. Il dottor Antonio Pasca del Tar di Lecce ha sancito che il decreto Meloni che porta le concessioni al 2027 non è una proroga ed è quindi del tutto legittimo. Come si fa a fare impresa con questa incertezza?». Bettina Bolla torna alla carica: «Sono andata di proposito a incontrare Frits Bolkestein che purtroppo è scomparso nei giorni scorsi e ne sono profondamente addolorata perché era un gentiluomo, preparato e intelligente. Parlammo e mi confermò: la mia direttiva con voi non c’entra nulla. Io mi occupo di servizi, voi siete concessionari di beni. Bolkestein l’ha ripetuto alla Camera dei deputati. Siccome il nostro ministero dell’Economia riteneva che le concessioni demaniali fossero concessioni su beni lui era d’accordo di escluderle dal perimetro della sua direttiva. Se anche l’interpretazione autentica viene ignorata non so più di chi fidarmi».
È però certo che esiste un accordo - bollinato dalla presidenza del Consiglio e dalla Ragioneria dello Stato - tra Italia e Commissione europea sulle concessioni balneari. Questo testo che evidentemente i giudici liguri non conoscono è confermato dalla portavoce per il Mercato interno, Johanna Bernsel: «Ci sono stati scambi costruttivi attraverso i quali la Commissione e le autorità italiane hanno raggiunto un’intesa sul quadro legislativo della riforma delle concessioni balneari alla luce del diritto dell’Ue, con una soluzione completa, aperta da attuare entro i prossimi tre anni». La soluzione sta nel decreto Infrazioni - le norme attuative stanno per essere emesse - attraverso cui il governo ha stabilito che le concessioni balneari andranno a gara entro il giugno 2027, che sono in vigore fino a quella data e che i vincitori delle gare dovranno versare un indennizzo economico ai precedenti titolari. Proprio su questa introduzione dell’indennizzo il fronte dei balneari si è spaccato dopo una prima frattura che ci fu l’estate scorsa quando in agosto Sib e Fiba indissero lo sciopero dell’ombrellone mentre gli altri continuarono il dialogo col governo. Il Sib autore dello sciopero, che aderisce alla Confcommercio, è d’accordo sulle gare a fronte degli indennizzi, mentre il gruppo più consistente, riunito attorno ad Assobalneari, invece contesta proprio la natura della Bolkestein.
Resta il fatto che per il quinto anno consecutivo la stagione turistica si inaugura con gli ombrelloni «rinviati a giudizio». Ed è singolare che intanto Spagna e Portogallo - non ancora in procedura d’infrazione; sono stati ammoniti da Bruxelles, ma non si sa perché con loro la Commissione ci va più cauta - abbiano prorogato le loro concessioni per 75 anni. Da loro è davvero stessa spiaggia stesso mare, da noi lido che vai legge che trovi.

