
No al risarcimento per i concessionari che dovessero perdere le gare. Assobalneari: «Dall’Europa diktat che sa di ricatto».Mettiamola così: per il governo tedesco Unicredit non deve comprare Commerzbank, ma un qualsiasi herr Muller può sbarcare a Ostia Lido e pigliarsi gli ombrelloni. Da Bruxelles è giunta l’ennesima rampogna al nostro governo perché vuole dare gli indennizzi a quei gestori dei lidi che dovessero perdere la concessione. A mettere in mora l’Italia al punto da considerare degli sprovveduti, se non peggio dei furbastri, nove ministri e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è un funzionario italiano: Salvatore D’Acunto, dirigente a Bruxelles del settore mercato interno. Ha dichiarato: «La direttiva servizi, la famosa Bolkestein, ha segnato una svolta decisiva. La necessità di dare piena e corretta attuazione negli ordinamenti nazionali a questo strumento è di primaria importanza per liberare il pieno potenziale dell’economia europea che dipende per più dei 2/3 dai servizi». Lo stesso Frits Bolkestein però quando era ancora commissario europeo - siamo nel 2018 - ha dato un’interpretazione diversa: «Le concessioni balneari sono beni e non servizi e la mia direttiva si applica solo ai servizi. Non capisco», dichiarò alla Camera dei deputati italiana, «come le concessioni possano essere considerate un servizio. Così si mettono a rischio 27.000 piccole e medie imprese. Anche se i concessionari aiutano un turista a trovare un servizio ciò non è rilevante: conta il core business». L’Italia per evitare l’ennesima procedura d’infrazione ha trovato una via: concessioni valide fino al 2027, gare da esperire entro il giugno di quell’anno e indennizzi ai vecchi concessionari eventualmente soccombenti. Ma neanche questo va bene a Bruxelles. La Commissione europea, il 7 luglio, ha inviato una lettera al governo per invitare a correggere il decreto. A Ursula von der Leyen - lo ha dimostrato con la sua inattuabile proposta di nuovo bilancio dell’Ue - non importa nulla della realtà dei fatti e tiene in scarsissimo conto i governi e i Parlamenti degli Stati membri. Il portavoce della Commissione Tomas Regnier ha provato a evitare la polemica dicendo che la missiva Ue è «un invito a trovare una soluzione condivisa», ma non ci crede nessuno. Del resto cosa muove Bruxelles a chiedere lo sfratto dei lidi l’ha spiegato proprio D’Acunto: «La richiesta di una politica di enforcement (applicazione letterale della Bolkestein, ndr) ancora più stringente è univoca, diffusa e pressante e viene da ogni parte: dai due rapporti di Enrico Letta e Mario Draghi, dal Parlamento europeo, dalla Corte dei conti, perfino dal Consiglio europeo e soprattutto dagli operatori economici, a più voci». Peccato che quando si tratta di banche tedesche l’enforcement non conta nulla. Se n’è accorto Fabrizio Licordari - presidente di Assobalneari che aderisce a Confindustria - che tuona: «Ancora una volta da Bruxelles arriva un diktat che sa di ricatto: le proposte del governo italiano sulle concessioni balneari vengono bocciate da funzionari non eletti, che nessuno conosce e nessuno ha mai votato, ma che pretendono di decidere il destino delle nostre coste e delle migliaia di famiglie che da generazioni lavorano per dare al turismo italiano un volto umano, accogliente, vincente. Vogliono farci credere che la Bolkestein sia un obbligo? Falso! È una scelta politica. E se Bruxelles pensa di piegarci con le sue minacce, stavolta si sbaglia di grosso. L’Italia deve alzare la testa. Basta sottomettersi a un’Europa che tratta gli Stati membri come vassalli e non come popoli sovrani. Le nostre spiagge non sono in saldo». Ne sanno qualcosa Leonardo del Vecchio jr, Alessia Berlusconi, Andrea Bocelli, Giorgio Armani e il re degli scopettoni Claudio Giacometti che si sono comprati i bagni di mezza Versilia pagando milioni e che rischiano lo sfratto senza indennizzo. Anche le loro concessioni scadranno, come le 27.000 attive su cui campano almeno 40.000 famiglie con 300.000 dipendenti; hanno un giro d’affari proprio di 2 miliardi e mezzo però alimentano quasi 60 miliardi di turismo balneare. «Diciamo meglio», confida Licordari, «alimentava: oggi abbiamo gli stabilimenti balneari vuoti cinque giorni su sette. I turisti arrivano solo durante il week end. Sulla Riviera romagnola - da Rimini ai Lidi ravennati - il turismo della classe media non c’è più, così come al Sud Italia, nel Lazio e anche in Liguria. Certo le mete vip reggono: sono quelle su cui l’Ue vuol mettere le mani. Del bagnetto non gli interessa nulla. I nostri stabilimenti li abbiamo costruiti in decenni di fatica, pagando le tasse: sono un patrimonio dell’Italia. Il governo ha il dovere morale e politico di resistere: nessuna gara che distrugga l’economia balneare. Se Bruxelles continuerà con il suo atteggiamento da tiranno burocratico, Roma deve reagire». Per ora però partita vinta -per dirla con Licordari - ce l’ha Salvatore D’Acunto, un Von der Leyen boys, «tecnocrati che non conoscono nemmeno la nostra realtà».
Ansa
Dieci anni fa scoppiò il Dieselgate, la truffa di Volkswagen sulle emissioni scoperta dagli statunitensi, già in guerra commerciale con Berlino. Per riprendersi, l’azienda puntò sull’elettrico e ottenne il sostegno di Ursula. Ma ad approfittarne sono stati i cinesi.
Alice Weidel (Ansa)
I Maga sfidano le censure del Vecchio continente: la vice di Alice Weidel e un militante escluso dalle elezioni per sospetti sulla sua «lealtà alla Costituzione» vanno a Washington dai funzionari di Marco Rubio e di Jd Vance.
Paolo Longobardi (Getty images)
Il presidente di Unimpresa: «Va data sicurezza alle transazioni delle pmi che operano in più valute. L’Occidente imponga standard di qualità contro la concorrenza sleale».
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.