2019-07-26
Tabula rasa in Gse: fuori norma gli uomini legati a Di Maio
La Corte dei conti boccia le nomine delle prime linee volute dall'amministratore delegato, Roberto Moneta, indicato dai pentastellati.Quando i 5 stelle erano semplici parlamentari e non controllavano le nomine pubbliche, ogni giorno in Parlamento spuntava un'interrogazione parlamentare. Ora che invece sono al governo, anche se ci sono incarichi sotto osservazione della Corte dei conti, tacciono. È il caso di Gse, il gestore dei servizi energetici che ricade sotto l'egida del ministero dell'Economia di Giovanni Tria, ma che deve confrontarsi anche con il Mise di Luigi Di Maio, che ne definisce gli indirizzi strategici. Trenta miliardi di fatturato all'anno, punto di riferimento per gli incentivi alle rinnovabili, la partecipata è stata terreno di scontro nel settembre scorso tra Lega e 5 stelle per la nomina di presidente e amministratore delegato. A spuntarla sono stati Francesco Vetrò, quota Lega, e Roberto Moneta, quota 5 stelle. Negli ultimi mesi è stata fatta un'infornata di incarichi targati Movimento che ha scatenato i rilievi della magistratura contabile, tra possibili conflitti di interesse e procedure illegittime. È lontano il 2015 quando un gruppo di pentastellati - 8 luglio, con firmatario Andrea Vallascas - attaccava Gse per l'infornata di parenti e amici del segretario dem, Pier Luigi Bersani, o del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Ora a finire sulla graticola sono invece Daniele Novelli, Flaminia Barachini, Stefano Santelli Brilli, Luca Benedetti e Anna Maria Saraceno. Nei giorni scorsi la Corte dei conti, dopo aver preso visione degli approfondimenti richiesti al Gse, ha chiesto alla società di procedere senza indugio adottando i provvedimenti necessari al fine di eliminare la situazione di illegittimità. E ieri pomeriggio c'è stato un primo consiglio di amministrazione. I rilievi mossi negli esposti alla magistratura contabile del Lazio sono molto circonstanziati. Nel febbraio scorso a scrivere al presidente è stato anche il collegio sindacale che sollecitava l'internal audit per verificare la correttezza nelle procedure di nomina. Novelli, capo incentivi della struttura, storico braccio destro del direttore generale Sara Romano del Mise, per esempio, non avrebbe concorso con nessuno per la nomina a dirigente e ci sarebbe stata neppure una valutazione. Per Barachini invece, direttore Promozione sviluppo sostenibile, le criticità sarebbero legate al contratto di lavoro a tempo indeterminato, che avrebbe dovuto affrontare altri passaggi. A questo si aggiungono problemi anche per Santelli Brilli, Benedetti e Saraceno, dove ci sarebbero stati processi di promozione a dirigente senza una fase di «pubblicità» dove vengono illustrate competenze, nel massimo della trasparenza. Non finisce qui. Gli approfondimenti sono ancora in corso anche su altri provvedimenti. Tra i tanti c'è la sottoscrizione da parte di Moneta (ancora dirigente di Enea in aspettativa) di un accordo proprio con Enea, che avrebbe lo scopo di aprire sedi territoriali che comporterebbe un aggravio di costi sempre per il Gse. E tutto questo succede senza prestare attenzione alle indicazioni del ministero dell'Economia e delle Finanze, che in passato ha chiesto di monitorare attentamente i costi, di recente incrementati per l'aumento del numero medio del personale in forza. Nel pianeta gestori di energia si fa anche notare che proprio Novelli era compagno di ufficio di Moneta quando entrambi lavoravano al Ministero, provando insieme a entrare nella Cassa per i servizi energetici senza successo. Il Parlamento tace. Il Gse, del resto, ha un posto per tutti i partiti.