
Il presidente Sergio Mattarella, in visita nelle repubbliche baltiche, dà un'ulteriore sterzata filoamericana alla nostra politica estera. Fedeltà assoluta all'Alleanza atlantica e un segnale a Vladimir Putin. Gli interessi internazionali di Roma e Washington tornano a collimare.Nella cornice della visita di Stato ai Paesi baltici, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sentito il bisogno di sottolineare, già durante la prima tappa a Riga, che la sicurezza assicurata dall'Alleanza atlantica è un bene comune a cui ogni singolo membro ha il dovere di contribuire, ma soprattutto ha enfatizzato che la sicurezza di ciascun Paese della Nato o dell'Unione europea è sicurezza di tutti. Il messaggio di Mattarella è multilivello. Innanzitutto esso è stato lanciato non a caso in una regione in cui la Nato, sinonimo di Stati Uniti d'America, oltre che essere un'istituzione militare è anche un calmante psicologico per i costanti timori che Lettonia, Lituania ed Estonia nutrono nei confronti della Russia. In questi Paesi pochi si fidano dei grandi Paesi europei che nella storia sono sempre stati disposti a sacrificare quelli piccoli per i propri calcoli geopolitici e tanti invece sperano di potersi fidare ancora a lungo della protezione garantita da Washington. Il presidente Mattarella ha scelto il terreno più proamericano esistente in Europa per informare Donald Trump che l'Italia vuole continuare ad essere ritenuta quale alleato fedele che comprende perfettamente il nesso storico esistente tra lo sviluppo dell'Unione e quello della sicurezza garantita dall'ombrello della Nato. Il messaggio è stato esplicitato enfatizzando il totale accordo del presidente con il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, anch'egli presente alla conferenza stampa di Riga e fin dal giorno della sua nomina chiaro punto di riferimento del Quirinale all'interno della compagine di governo. Il cenno a Moavero, incontratosi il 10 giugno col segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, aveva il fine di chiarire che la fedeltà all'Alleanza viene confermata dalla Repubblica nel suo intero ovvero senza alcuna frattura istituzionale. E convalidando l'importanza della Nato e dell'Ue nel Baltico, Mattarella ha anche indirizzato un segnale a Vladimir Putin che certamente non dispiace alle élite americane prima dell'annunciato vertice con Trump: amicizia e collaborazione solo nel chiaro rispetto reciproco.Per mandare un messaggio a Trump e preparare il terreno alla visita del premier Giuseppe Conte alla Casa Bianca, fissata per il 30 luglio prossimo, Mattarella ha preferito andare all'estero, in una regione altamente favorevole agli Stati Uniti, in modo da evitare che le sue parole potessero insabbiarsi nelle sabbie mobili della dialettica politica interna e giungere illibata al vero destinatario.L'amministrazione Trump potrebbe essere la soluzione di molti problemi italiani. Gli interessi internazionali di Roma e Washington stanno ritornando a collimare nella zona euromediterranea e potrebbero presto far dimenticare la perdita di prestigio internazionale dell'Italia avvenuta in seguito alla fase di disprezzo obamiana nei confronti della nostra democrazia. Dopo che Emmanuel Macron ha provato a vendersi - venendo inizialmente perfino accettato - come il possibile partner preferenziale sul Vecchio Continente, Donald Trump ha compreso che sul lungo termine il progetto francese sul futuro dell'Ue continua ad urtare con la visione americana di un continente libero da egemoni, che la Francia per realizzare la propria supremazia avrebbe bisogno ancora per lungo tempo della poco apprezzata Germania e che le idee di Parigi sul riordino del nord Africa non combaciano con quelle degli strateghi del Pentagono.In tale contesto l'Italia ritrova la propria ragion d'essere ritornando alle origini della sua relazione postbellica con gli Usa a cui spera di far ricordare come sia sempre stata un'alleata fedele nel Mediterraneo e come proprio grazie a ciò Washington l'abbia spesso gratificata garantendole un proprio margine d'autonomia nella geopolitica della regione, dalle avventure di Enrico Mattei alla relazione con Gheddafi. Ora che il governo di Conte cerca di imporre a Bruxelles le proprie priorità legate alla questione dell'immigrazione, il che implica anche un pesante confronto sui reali interessi comuni dei Paesi membri ovvero sul futuro stesso dell'Unione, e ora che l'Italia deve ripensare alla propria strategia di presenza nei Balcani e nel Mediterraneo un riavvicinamento tra Roma e Washington potrebbe portare ad apprezzabili risultati tanto in termini di politica estera che di maggiore sicurezza interna. Gli Usa cercano un partner stabile, senza pretese egemoniche sul Vecchio Continente e possibilmente con visioni divergenti da quelle tedesche concernenti il futuro modello di Unione europea, ma soprattutto con reali capacità d'intelligence e sostegno geopolitico nel Mediterraneo allargato. Il nuovo governo italiano ha un'opportunità unica ovvero quella di cogliere la simbiosi con gli interessi americani ed utilizzarli a proprio favore nel confronto con gli altri Paesi nel contesto migratorio e di riposizionamento internazionale. In questi giorni le ambasciate americane di Tallin, Riga e Vilnius invieranno a Washington le parole di Mattarella, Conte dovrà confermarle durante la sua visita a Trump e in seguito molte cose potrebbero cambiare a favore dell'Italia in Libia ed in altri contesti di primario interesse per la nostra diplomazia.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.






