2020-11-03
Sui trasporti l’ennesimo ritardo
La capienza dei mezzi pubblici torna al 50% ma nulla è stato fatto per incrementare il personale e le corse. La misura potrebbe far restare a terra 275.000 persone al giorno.Misure tardive e incomplete rischiano di aumentare i disagi per i cittadini e i danni economici al settore dei trasporti pubblici (Tpl). Il premier, Giuseppe Conte, ieri in audizione alla Camera ha infatti anticipato alcune delle misure che saranno presenti all'interno dell'ultimo dpcm. Tra queste è stata dunque prevista «la riduzione sino al 50% del limite di capienza dei mezzi pubblici locali», al momento fissata all'80%». In tutti questi mesi il settore dei trasporti era stato dimenticato e gli investimenti fatti sono risultati scarsi e insufficienti, tanto da arrivare ieri a prendere la decisione di dimezzare la capienza massima nei mezzi. Secondo un'analisi condotta dall'Associazione dei trasporti (Asstra) a fine agosto emergeva come per soddisfare una domanda di mobilità pari all'85% (rispetto al periodo pre-Covid) «sarebbe stato necessario un incremento del 70% in urbano e 42% in extraurbano delle percorrenze chilometriche con un fabbisogno di autobus e personale di guida insostenibile, sia sotto il profilo economico che tecnico». In pratica, concludeva il report «per sostenere la domanda nelle ore di punta servono circa 20.000 autobus aggiuntivi, 31.000 conducenti per un costo complessivo di 1,6 miliardi di euro». Soldi che non sono arrivati e dunque non è stato possibile incrementare il numero delle corse in modo da evitare l'affollamento sui mezzo pubblici nei mesi successivi. A sottolineare il precario tempismo nella scelta di Conte c'è anche Raffaella Paita, presidente della Commissione trasporti della camera, che in una nota scrive come: «la decisione annunciata dal governo di ridurre al 50% la capienza dei mezzi pubblici è, purtroppo, tardiva e comunque incompleta, perché senza un potenziamento delle corse i cittadini continueranno a soffrire disagi». E infatti il problema era già stato posto all'attenzione dalla stessa Asstra che in un'analisi prodotta ad ottobre aveva osservato come: «In presenza di una riduzione ulteriore del valore del coefficiente di riempimento dei mezzi attualmente consentito (80%) risulterebbe difficile per gli operatori del Tpl continuare a conciliare il rispetto dei protocolli anti Covid e garantire allo stesso tempo il diritto alla mobilità per diverse centinaia di migliaia di utenti ogni giorno, con il conseguente rischio di fenomeni di assembramento alle fermate e alle stazioni». Secondo l'elaborazione nelle ore di punta si rischierebbe di non poter soddisfare circa 550.000 spostamenti ogni giorno (scenario al 50%), arrecando un notevole disservizio quotidiano all'utenza. Esprimendo tale dato in termini di singola persona, significherebbe ad esempio, che con una riduzione al 50% della capienza massima consentita, si impedirebbe a circa 275.000 persone al giorno di beneficiare del servizio di trasporto sia per motivi di studio che di lavoro. Da sottolineare come i dati precisi sul disagio che subiranno i cittadini, ma soprattutto sulle ripercussioni economiche che il settore dei trasporti pubblici avrà sono impossibili da stimare con precisione fino a quando il governo non prenderà delle decisioni nette sulla questione. Ma non finisce qua, perché le limitazioni al trasporto pubblico obbligheranno i cittadini a ricorrere alla mobilità privata. «Ipotizzando che l'utenza trasferisca le proprie abitudini di mobilità dal mezzo pubblico all'autovettura, una riduzione della capienza massima nei mezzi di trasporto potrebbe generare da più di 42.000 a oltre 250.000 spostamenti in auto in più ogni giorno solo nelle ore di punta mattutine». E questo porterebbe, spiega il report, a ripercussioni negative in termini emissioni inquinanti, soprattutto nei grandi centri urbani. Una conseguenza che evidentemente il governo Conte, tanto attento ai temi dell'ambiente, non ha considerato.
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