2024-05-14
L’allarme: a rischio 5.000 posti. Col crollo del mercato delle bibite Iva giù di 200 milioni, più del gettito della nuova imposta. Forza Italia strappa e chiede lo stop fino a fine 2024.Tassare lo zucchero anche se non c’è. Con tanto di effetto indesiderato: scontro politico nella maggioranza, o almeno tra Forza Italia e il Mef a guida Giancarlo Giorgetti. È il principio illogico della sugar tax che, ideata dal governo Conte, si appresta a entrare in vigore fra 47 giorni coinvolgendo tutte le bibite gassate, appunto con o senza zucchero e a insegnare due cose: prima, che il Fisco spesso causa più danni che gettito e, seconda cosa, che la scienza è una pezzuola che si può tirare da un lato e dall’altro. A volte per fare cassa, altre volte per giustificare lo Stato etico. In entrambe i casi il percorso è stato sofferto. È l’ottobre del 2019 quando, dopo il dibattito innescato dall’allora ministro dell’Università Lorenzo Fioramonti sulla necessità di educare i cittadini, arriva l’imposta sul consumo di bevande con zuccheri aggiunti. Da quella data - siamo a gennaio 2020 - parte una tempesta di polemiche, rinvii, pezzi di maggioranza che si staccano e tentativi di tappare i buchi di bilancio con altri balzelli. Passano i mesi e alla fine, con qualche modifica e nessuna miglioria, la manovra arriva all’Aula e diventa legge. L’anno successivo, a seguito di alcuni ricorsi, il Tar del Lazio stoppa l’imposta perché avrebbe violato il principio di uguaglianza tributaria. In effetti la sugar tax va a colpire bevande con zuccheri o edulcoranti compresi quelli di origine naturale e salva invece succhi non fermentati privi di aggiunte; almeno nelle sue prime versioni. Il Tar a giustificare la propria scelta sottolineava proprio l’intento extra fiscale e quindi «educativo» dello schema arrivando alla conclusione di dover accendere il semaforo rosso. Lo scorso marzo, l’iter di valutazione vede il parere finale della Consulta che arriva a conclusioni opposte. «Premesso che la sugar tax», si legge nel dispositivo, «rientra nel novero dei tributi indiretti sulla produzione e sul consumo di certi prodotti ritenuti dannosi per la salute e per la spesa pubblica». Secondo la Corte, «proprio per le specifiche giustificazioni scientifiche, il legislatore ha fatto uso ragionevole dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria». E a chi ispira la Consulta? Naturalmente all’Oms che su questi temi è un esempio perfetto di benchmark al contrario. Come risulta, infatti, dalla relazione illustrativa della disciplina di legge istitutiva della sugar tax, «tale imposta è stata disegnata raccogliendo l’invito dell’Organizzazione mondiale della sanità», si legge sempre nel dispositivo, «contenuto nel suo rapporto del 2015 e in altri studi scientifici». Duole notare che, ogni volta ci sia in ballo l’Oms, il decisore tende a omettere tutta quella scienza che invece prende posizioni opposte. L’elenco di paper scientifici che smentiscono l’Oms è lungo, così come ampia è la letteratura nei Paesi dove la tassa sulle bevande è già realtà. Dal Messico alla Gran Bretagna, due esempi che ci riportano anche alla questione fiscale. Cioè al rapporto tra costi e benefici. Con le ultime modifiche al testo, la tassa prevede un prelievo di 5 centesimi al litro e, quindi, una imposta percentuale di 14 punti. Secondo uno studio di Nomisma (tarato su un prelievo leggermente più alto) visto che la sugar tax colpisce anche le bevande senza zucchero (come quelle definite light o zero), si stima che il mercato subirà una contrazione delle vendite del 16% con un mancato gettito Iva per 275 milioni di euro. Inoltre, tutto questo potrebbe mettere a rischio anche 5.000 posti di lavoro. Non solo, secondo lo studio la sugar tax potrebbe portare a una riduzione di 46 milioni di euro di investimenti da parte delle imprese produttrici del settore per il biennio 2024-2025, senza considerare la riduzione da 400 milioni di euro degli acquisti di materie prime. «Le stime di un calo del 16% di fatturato», spiega Giangiacomo Pierini, presidente di Assobibe, «restano valide. A ciò vanno aggiunti tutti gli oneri burocratici di adempimento, che sono notevoli. Per questo», prosegue, «non riusciamo a escludere l’effetto cascata sui grossisti e giù a valle sul consumatore finale». Insomma, a fronte di un gettito attualizzato di 75 milioni di euro per il semestre, l’esperienza di altri Paesi dimostra che se andrà bene l’incasso sarà dimezzato, ma soprattutto che non si sta tenendo conto del calo di incassi Iva e dei relativi gettiti Irpef. Probabilmente 200 milioni. «Senza contare che nel 64% dei casi a produrre sono piccole e medie aziende, non multinazionali. Si tratta spesso di bevande locali con materie prime del territorio, il cui consumo diminuirà in proporzione così come diminuiranno gli ordinativi di carta e packaging». Il settore, inoltre, è stato tra i più colpiti durante il lockdown, non serve spiegare perché. A ciò si aggiunge il trend negativo. Negli ultimi dieci anni il crollo del fatturato rasenta il 30% e oggi il giro d’affari è la metà rispetto alla media europea. Detto ciò siamo consapevoli che tutto sia fermo in attesa dei parametri del Patto di stabilità che non saranno resi noti prima di fine giugno. O addirittura ai primi di luglio. Da qui la posizione di intransigenza del Mef. Un conto è però il Superbonus un altro è invece una tassa il cui solo effetto sarà far perdere introiti allo Stato e mettere a rischio piccole aziende. Mancano 47 giorni alla scelta finale. La settimana appena iniziata è però decisiva. Ieri sono arrivati gli emendamenti di Forza Italia, il cui obiettivo è rimandare l’imposta all’anno prossimo. Meglio che niente. Il deposito delle modifiche lascerà comunque strascichi politici. Gli azzurri, intervenuti anche sul Superbonus stanno prestando maggiore ascolto alle aziende rispetto ai partner di governo leghisti. O almeno questa è l’immagine che viene trasmessa all’esterno. Siamo in piena campagna elettorale per le Europee, un po’ come giocare a poker. Con la differenza che gli effetti della partita ricadranno sui bilanci dell’industria.
2025-11-04
Addio a Giorgio Forattini, artista maestro della satira: «I migliori comunisti sono i ricchi»
Giorgio Forattini (Ansa)
Il vignettista è morto oggi a Milano e nell’arco di una vita ha assemblato un mosaico fatto di 14.000 caricature che hanno graffiato Papi, leader e capi di Stato. Collaborò con «Repubblica», «Il Giornale» e «Panorama».
All'interno una selezione di strisce riprese dai numeri di «Panorama» degli anni 1992, 1997, 2001, 2003.
Getty Images
L’indignazione per gli slogan cantati da quattro ragazzotti è la prova che la caccia al «male assoluto» è ormai ridicola.
«Pluribus» (Apple Tv+)
In Pluribus, da venerdì 7 novembre su Apple Tv+, Vince Gilligan racconta un mondo contagiato da un virus che cancella le emozioni e il conflitto. Un’apocalisse lucida e inquieta, dove l’unica immune difende il diritto alla complessità umana.






