2024-07-27
Per la successione di Toti scaldano i motori Edoardo Rixi e il dem Andrea Orlando
Il leghista sottosegretario alle Infrastrutture e l’ex Guardasigilli sono i due candidati più accreditati. Si voterà entro tre mesi, ma dopo questa vicenda il vincitore dovrà fare i conti con la paura delle manette.Il virus è un amministratore eletto due volte dai cittadini, costretto a dimettersi da presidente di Regione dopo 80 giorni di arresti domiciliari. Il rimedio può essere quello di sostituirlo con un ex viceministro, costretto a dimettersi per una condanna di primo grado nel 2019 e assolto totalmente dalla Cassazione a marzo di due anni fa. Già, perché se quello che si sta giocando in Liguria è un duello all’arma bianca tra pm e politici, candidare il leghista genovese Edoardo Rixi al posto dell’indagato Giovanni Toti, dimessosi ieri, può essere il classico gol del pareggio che rimette la palla al centro. E per ironia della sorte, il centrosinistra pensa ad Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia storicamente abbastanza garantista (con i suoi), che la scorsa settimana aveva chiesto le dimissioni di Toti. Nel giorno del passo indietro del presidente ligure, Matteo Renzi sventola per due secondi la bandiera garantista. Poi, nelle sue enews, aderisce al prossimo Campo largo ligure e semina zizzania: «Avrei preferito che Giovanni Toti si dimettesse per ragioni politiche e non giudiziarie. Ma la verità è che i giustizialisti sono forti anche a destra. Perché è evidente che Toti sia stato abbandonato dai suoi colleghi di coalizione, altrimenti avrebbe continuato per la sua strada». La scorsa settimana, il centrodestra ligure aveva organizzato un vertice per decidere come rispondere alla richiesta di dimissioni piovuta ufficialmente dalle opposizioni. L’incontro poi è saltato, ma non c’è dubbio che a Toti sia sembrata una mezza coltellata. Unita al fatto che il reggente Alessandro Piana, di fede leghista, si è espresso contro il trasferimento del rigassificatore di Pioltello a Vado Ligure, idea che invece era sponsorizzata dal presidente. E forse non è un caso se nelle due lettere di Toti, ieri, mancava un ringraziamento esplicito alla propria maggioranza. Giorgia Meloni, a ieri sera, non aveva commentato il gesto di Toti. Ma un mese e mezzo fa, il 30 maggio, aveva affrontato il nodo politico: «Mi piacerebbe in futuro, non solo per Giovanni Toti ma per qualsiasi italiano, che tra quando viene formulata una richiesta di misure cautelari e quando viene eseguita, non passassero mesi per poi magari eseguirla guarda caso in campagna elettorale». Ieri, dal governo si sono levate alcune voci. Se il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva appena ribadito che Toti avrebbe dovuto aspettare una sentenza definitiva, Guido Crosetto, che per primo aveva colto un certo pressing delle Procure, ha ricapitolato i fatti nudi e crudi: «Un cittadino incensurato e tutt’ora innocente si è dovuto dimettere per poter sperare di essere libero e poter ottenere nuovamente i suoi diritti costituzionali». Va da sé, che per il ministro della Difesa, «da questa vicenda esce sconfitta la Giustizia e si palesa una rattristante debolezza della Politica». Duro il Carroccio, che in una nota lamenta: «In Liguria siamo di fronte all’ennesimo tentativo di sovvertire il voto popolare, usando inchieste e arresti. La Lega non si fa intimidire e i cittadini sapranno rispondere democraticamente». Già, il voto come risposta democratica. Da tempo Matteo Salvini ha in animo di candidare proprio Edoardo Rixi, ex capo dei giovani leghisti di Genova e oggi viceministro alle Infrastrutture. Viceministro lo era già nel governo Conte I, quando per una condanna di primo grado nell’inchiesta sui rimborsi facili in Regione fu costretto a dimettersi. Due anni dopo, la Cassazione gli ha restituito l’onore e oggi può essere lui il simbolo di una politica che non teme le procure. Per la cronaca, a Genova lo sapevano anche i muri che l’emergente Rixi era una persona onesta. Dal fronte opposto, Elly Schlein, segretario del Pd, si lascia scappare un «finalmente» e sottolinea che le dimissioni arrivano «in grave ritardo». Il verde Angelo Bonelli fa salvo un certo garantismo e spiega: «Le dimissioni di Toti erano un atto politicamente dovuto per il fallimento delle sue politiche su sanità e ambiente». Adesso ci sono tre mesi per andare al voto e il centrosinistra dovrà trovare un candidato capace di tenere insieme l’apparato piddino, che ama smazzare opere pubbliche e porti, con i «barbari» grillini. Sul tavolo dei segretari c’è il nome dello spezzino Andrea Orlando, profilo ecumenico non tanto diverso dal predecessore Claudio Burlando. Perché alla fine il paradosso ligure, è che chiunque vinca le elezioni e arrivi in piazza De Ferrari, rischia un avviso di garanzia a ogni foglio che sposta.
Simona Marchini (Getty Images)