2018-04-04
Su dj Fabo il governo ne fa una giusta e difende la legge contro il suicidio
Finalmente. Ieri, ultimo giorno utile per farlo, il nostro governo si è costituito davanti alla Corte costituzionale nel procedimento sollevato dalla Corte di assise di Milano, alle prese con il processo a Marco Cappato. L'esponente radicale era stato, come noto, rinviato a giudizio per aver accompagnato Fabiano Antoniani (noto come dj Fabo) a morire in una clinica svizzera. Finalmente, dunque, il governo si è svegliato. C'è stato bisogno del grido di allarme da parte del comitato del Family day e del Centro studi giuridici Rosario Livatino. Grazie anche a queste voci si è posta la dovuta attenzione su di un atto dovuto di cui il governo si era però «dimenticato». Siamo di fronte a un momento particolarmente importante: ribadiamo l'assurdità completa di legalizzare, dandogli addirittura valore di protezione costituzionale, l'evento tragico del suicidio. Il suicidio, infatti, è sempre stato considerato come una sconfitta da parte del soggetto che lo pratica, dei familiari e della società tutto. E oggi lo si vorrebbe non solo giuridicamente protetto, ma addirittura costituzionalmente tutelato? Sarebbe, culturalmente e legalmente, un assurdo totale. Per questo anche noi ci siamo costituiti, come comitato e come centro studi, in giudizio presso la stessa Corte costituzionale. Anche con questa veste, dunque, rivolgiamo un forte appello ai supremi giudici: perché ribadiscano i grandi valori su cui si è plasmata la nostra Carta. Il primo dei quali è l'indisponibilità assoluta della vita umana.C'è un particolare in più, estremamente concreto, che toglie ogni astrazione al dibattito e rende l'idea della gravità della questione. Mi chiedo infatti, da medico, come dovremmo comportarci qualora la Consulta sostenesse la legittimità del suicidio come forma di libera autodeterminazione del soggetto. Per essere chiari: in un pronto soccorso, che facciamo in questa non augurabile ipotesi, ovvero se ci troviamo tra le mani un paziente che ha tentato il suicidio e ha una lettera in tasca che garantisce sulle sue intenzioni? Dobbiamo rispettare il suo volere e non fare nulla? O piuttosto saremmo chiamati a completare l'opera? Perché di questo, e non di altro, in concreto si tratta. Se questa fosse la chiave di lettura dei giudici della Corte, un simile atto dovrebbe essere interpretato come alta forma di autodeterminazione, e dunque sarebbe consequenziale anche fare di tutto per completarlo.A una simile prospettiva ci opponiamo e ci opporremmo con tutte le nostre forze. Ieri la scelta del governo ha fatto registrare senza dubbio una tappa vincente da questo punto di vista, ma è evidente che il percorso per bloccare la deriva antropologica in atto è ancora molto lungo. Ma è proprio la missione che ci siamo sempre dati: la tutela continua della vita e della famiglia nella nostra società. Siamo anche convinti, però, che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani la pensi così. Ci sentiamo dunque forti delle loro voci, assolutamente convinti che il buonsenso non accetterà mai che il suicidio diventi un bene tutelato dal diritto.
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