2024-09-19
La politica è una stregoneria: manuale per comunicare nell’era dei meme
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Nel saggio Stregoneria politica, Guido Taietti ci spiega come è cambiata la comunicazione politica nell’era del digitale e come surfare sulla modernità per modificare le cose.Dalla «Bestia» salviniana alle sortite corsare di Elon Musk, dagli immigrati che «mangiano i gatti» di Donald Trump ai meme su Gennaro Sangiuliano, da Alessandro Zan che va a spiegare la sua proposta di legge sul canale Instagram di Fedez alle interferenze dei troll russi: la comunicazione politica sta cambiando, come del resto tutta la società. L’avvento dell’era digitale si fa sentire ovunque, quindi anche nel modo in cui chi fa politica deve destreggiarsi con la comunicazione. Ma se sui vari cambiamenti nel nostro modo di vivere possiamo fare sociologia spicciola, le modifiche al modo in cui la politica comunica con noi hanno a che fare direttamente con il modo in cui viene esercitato un potere: è in ballo più che l’avvento di una moda, c’è di mezzo la nostra libertà.Al nuovo marketing politico è dedicato un originale saggio uscito poco tempo fa. Si chiama Stregoneria politica e l’autore è Guido Taietti (il libro è edito da Altaforte edizioni). Perché stregoneria? Se vogliamo, il termine si pone a metà strada tra la scienza e l’arte, i due poli a cui di volta in volta è stata ricondotta la politica dagli analisti. Per fare politica serve un metodo razionale e documentabile o un’ineffabile savoir-faire? Probabilmente entrambe le cose: il «cavallo di razza» politico non supportato da una strategia efficace decisa a tavolino fa poca strada, e ancor meno ne fa il nerd della politologia che non abbia un briciolo di carisma. Il politico è allora uno «stregone», colui che sa suscitare negli altri qualcosa che loro stessi non pensavano di possedere dentro.Il saggio di Taietti, in verità, inquadra il problema da un’altra angolatura, che è quella di chi vuole fare politica fuori dagli schemi. Mai come in quel caso, possedere i segreti della «stregoneria» diventa necessario (se si hanno i riflettori addosso di default è molto più facile far passare i propri messaggi). C’è ovviamente una connotazione apparentemente diabolica nel concetto di «stregoneria», ma il libro in questione non contiene alcuna denuncia delle storture o delle distorsioni che, artificialmente e violentemente, inquinerebbero un dibattito altrimenti trasparente e razionale. Questa dimensione habermasiana del confronto razionale, semplicemente, non esiste, o comunque esiste in contesti già da sempre falsati da fattori irrazionali, da squilibri di potere, da diseguali potenzialità di accedere ai media, da narrazioni costitutivamente fallaci e così via. E tutti questi aspetti si amplificano a dismisura nell’era del digitale, dove il confine tra vero e falso evapora, dove l’immediatezza e la disintermediazione fanno saltare il banco. In politica oggi sono tutti stregoni. Quindi, a stregone, stregone e mezzo.Taietti fa l’esempio dell’elezione di Trump. Il tycoon, all’epoca, aveva contro tutti i media tradizionali, compresi quelli conservatori. Ha però puntato fortissimamente sui social, sapendo che ormai l’autorevolezza dei media mainstream come unici depositari riconosciuti della verità era ampiamente andata in crisi. Un cambio di passo che i democratici, ancorati alle logiche classiche del potere e al legame incestuoso con i grandi network, non hanno saputo contrastare. Ma c’è di più. È infatti cruciale anche il modo in cui si usano i social media. La vittoria di Trump fu favorita dalla cosiddetta alt right, un insieme di siti, blog, influencer ostili alla visione del mondo liberal. La chiave della comunicazione alt right, prima che il meccanismo si sclerotizzasse, era quella di non prendere praticamente nulla sul serio. Ora, uno può cercare di contrastare più o meno efficacemente un discorso anti immigrazione basato su dati e statistiche, ma cosa fare se invece l’interlocutore ti risponde postando Pepe the Frog, un meme con una rana antropomorfa adottato dalla destra americana? Nulla. Non c’è risposta. È come cercare di confutare una barzelletta. L’alt right ha fatto esattamente questo: ha letteralmente invaso la rete americana e non solo di contenuti che cortocircuitavano la visione del mondo progressista con meme che ridicolizzavano l’avversario senza tuttavia dargli la possibilità di controbattere sensatamente. In questo modo ha creato una sottocultura giovanile che faceva della viralità e della freschezza le sue armi principali. Ovviamente non è solo per merito di Pepe the Frog che Trump è diventato presidente, le spiegazioni tradizionali sull’America profonda dimenticata dai salotti progressisti restano valide, ma in fondo è proprio inventandosi un linguaggio nuovo, irriverente, corsaro che la destra pro Trump ha mostrato la sua estraneità a quei salotti.Il meccanismo dell’alt right, come dicevamo, si è poi inceppato, quando non ha più saputo uscire dal gioco dei meme e i suoi esponenti hanno cominciato a parlare un linguaggio incomprensibile ai più. Qualcosa di simile lo abbiamo visto anche da noi, quando politici che sembravano avere il tocco magico, comunicando in modo sempre efficace e innovativo, hanno nel giro di poco tempo perso del tutto la capacità di esprimere contenuti che non fossero involontariamente comici. La stregoneria, si sa, va padroneggiata senza distrarsi, altrimenti, come ci insegna Walt Disney, le scope cui hai dato vita finiscono per distruggere la casa.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.