2018-12-03
Strasburgo spende 33 milioni di euro per racimolare voti anti populisti
In vista delle elezioni 2019 il Parlamento europeo ha investito un mucchio di denaro in propaganda Obiettivo: spingere alle urne gli elettori pro Ue e contrari ai «discorsi nazionalisti e protezionisti».Il deputato dissidente Marco Zanni: «Quelli che spadroneggiano a Bruxelles temono di perdere il potere. L'inganno fallirà come le loro idee».Lo speciale contiene due articoli.Più di settant'anni fa, nel suo breve trattato Manifesto per la soppressione dei partiti politici, Simone Weil scriveva che «lo scopo manifesto della propaganda è la persuasione, non la comunicazione della luce». Un pensiero formulato in un periodo durante il quale i totalitarismi, per garantirsi la sopravvivenza, si trovavano nella necessità di convincere giovani e meno giovani a sacrificare la propria vita in nome di un credo politico. Trovare persone che al giorno d'oggi siano disposte a scommettere in un ideale è sempre più arduo. Un cambiamento del quale i vertici delle istituzioni continentali sono ben consapevoli. Le cifre sono spietate: nelle otto consultazioni per l'elezione del Parlamento europeo svoltesi dal 1979 a oggi, la partecipazione dei cittadini è calata progressivamente. L'affluenza è passata, infatti, dal 61,99% di quarant'anni fa al 42,61% dell'ultimo appuntamento elettorale del 2014. Secondo le rilevazioni dell'Eurobarometro, inoltre, la percentuale di intervistati che ritiene positiva l'appartenenza all'Unione europea si ferma al 62%, un valore di poco superiore a quello di una decina di anni fa. Ciò significa che più di una persona su tre rimane ancora scettica sui benefici della permanenza all'interno dell'Ue. Complice la fuoriuscita del Regno Unito dall'Unione e l'avanzata dei movimenti cosiddetti populisti, in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo in programma il prossimo maggio, a Bruxelles si teme una vera e propria débâcle. Per scongiurare una disfatta in termini di partecipazione, prima ancora che di risultato, gli euroburocrati sono al lavoro da molti mesi per mettere a punto soluzioni efficaci. La pietra angolare della propaganda europea è stata posata già un anno fa, con la diffusione di un dettagliato documento interno contenente la proposta di comunicazione istituzionale del Parlamento europeo per elezioni europee del 2019. Un testo che reca in calce la firma del potente segretario generale del Parlamento europeo, il tedesco Klaus Welle. Destinatari, i membri dell'Ufficio di presidenza, l'organo composto da 5 questori e 14 vicepresidenti (tra i quali gli italiani David Sassoli e Fabio Massimo Castaldo) responsabile delle questioni amministrative del Parlamento. «Ogni cinque anni», così si legge nell'incipit del documento, «le elezioni europee rappresentano un momento chiave nella vita del Parlamento europeo e dell'Unione europea nel suo complesso. Oggi tale affermazione è più vera che mai. Per tale ragione è di particolare importanza che il Parlamento europeo tenga presente il significato delle elezioni europee nel loro contesto più ampio: esse sono l'espressione completa della democrazia europea». E fin qui, toni retorici a parte, niente di trascendentale.Ciò che lascia sconcertati sono, piuttosto, le modalità con le quali si intende attuare l'affermazione di questi principi. «La campagna istituzionale», si precisa sin da subito, «serve a ricordare ai cittadini cos'è il Parlamento europeo, cosa fa, in che modo influisce sulle loro vite e quindi perché è importante partecipare alle elezioni europee». Perciò, si trova scritto più avanti, la campagna deve essere «europea», in quanto «l'affermarsi dei discorsi nazionalisti e protezionisti in numerosi stati membri seduce non solo gli elettori emarginati, ma anche tutti i settori e tutte le classi sociali». «Da tale prospettiva», continua il documento, «la campagna per le elezioni europee dovrebbe mirare non solo a portare gli elettori ai seggi, ma anche a convincerli a sostenere il progetto europeo», pertanto «il Parlamento europeo dovrebbe assumere una posizione chiara e univoca a favore dell'Unione europea e della sua importanza per tutti i cittadini e il loro futuro».Il concetto è chiaro: non si tratta solo di convincere i cittadini a recarsi alle urne, l'obiettivo più importante semmai è riuscire a orientare il voto verso le forze dichiaratamente europeiste. Nessuno spazio per la critica né tantomeno per il dissenso. La propaganda continentale, nel suo delirio autoreferenziale, sostiene con forza solamente ciò «che dà un senso allo stesso Parlamento europeo». Modalità e contenuti sono spiegati nel dettaglio. Occorre «mobilitare gli elettori attraverso una rete», concentrando «l'attenzione sui momenti chiave della campagna» attraverso la creazione di un movimento («Scegli il tuo futuro» viene ritenuto un nome adatto) che veicoli messaggi chiari («Per un'Europa che protegge e responsabilizza»). Altrettanto ben definito è il target, che viene identificato nelle «fasce di popolazione che sembrano essere favorevoli all'Ue e al Parlamento europeo ma che non hanno comunque intenzione di andare a votare il giorno delle elezioni». Tra loro, i giovani (tasso di astensione stimato al 72%), gli studenti (63%) e gli opinion maker (47%). Particolare attenzione è data alla comunicazione mediatica, con il coinvolgimento dei caporedattori e dei direttori dei principali media al fine di sensibilizzarli circa la «importanza storica» della tornata elettorale, la creazione a livello locale di referenti che curino i rapporti con tv, radio e giornali, e l'organizzazione di seminari rivolti a 3.000 giornalisti. Non poteva mancare, infine, la campagna sui social network, sostenuta anche da pubblicità a pagamento, specie nel periodo a ridosso delle votazioni.Non ci vuole un genio per capire che, per dispiegare una tale potenza di fuoco, occorre mettere sul piatto una grande quantità di denaro. Ed è esattamente ciò che ha fatto il Parlamento europeo. Lo scorso gennaio il segretariato generale (la firma in calce è sempre quella del buon Klaus Welle), ha sollecitato gli organi competenti a ratificare lo stanziamento di 33,3 milioni di euro per il biennio 2018-2019, indirizzati a sostenere le spese della campagna istituzionale. Gli stanziamenti sono stati quindi approvati nel mese di aprile dalla commissione Bilancio del Parlamento europeo, con 33 voti a favore (Ppe e socialdemocratici) e solo 5 contrari.Comprendere come sono allocati questi fondi è stato tutt'altro che facile. La documentazione, infatti, non è pubblica e ciò a riprova della scarsa trasparenza con la quale viene gestito quello che, giova ricordarlo, è pur sempre denaro pubblico. L'eurodeputato Marco Zanni, uno dei cinque dissidenti nella votazione dello scorso aprile, ha accettato di fornire alla Verità le informazioni contenute nella risposta di richiesta di accesso agli atti informale indirizzata alla direzione generale della Comunicazione, l'organo che si occupa di curare l'immagine e le relazioni esterne della Commissione europea. Una parte del budget (5,4 milioni, pari al 16%) è destinata, scrive a Zanni il direttore generale, lo spagnolo Jaume Duch, al «potenziamento degli staff degli “uffici di collegamento" (European parliament liaison offices, Eplos) del Parlamento europeo». Questi sportelli, disseminati sul territorio dell'Unione (in Italia ne esistono due, a Roma e Milano), fungono da ponte con il Parlamento europeo e i suoi membri, fornendo alle scuole e agli insegnanti materiali didattici sulla Ue. Sono dunque veri e propri centri nevralgici della diffusione del pensiero europeista. Il rafforzamento di queste strutture, spiega Duch, avverrà tramite «l'assunzione di 50 agenti a contratto in vista del periodo elettorale», che dovranno garantire un costante presidio del Parlamento europeo «sui media tradizionali (audio, video e organi di stampa) e social media». Sempre allo scopo di potenziare gli Eplos e amplificare la diffusione del verbo europeista, altri 7,8 milioni (24% del totale) saranno distribuiti a pioggia ai singoli Stati membri. La quota più consistente dello stanziamento, però, è riservata alle azioni a livello centrale che puntano «all'incremento della consapevolezza circa il funzionamento e l'impatto del Parlamento europeo sulle vite dei cittadini, e volte a mobilitare gli elettori nel processo democratico attraverso un'efficiente copertura in termini di costi/benefici sui media e i social media». Non stiamo parlando di bruscolini, dal momento che in gioco ci sono ben 20,1 milioni di euro (60% dell'intero importo).Pur mancando sei mesi al voto, la macchina della comunicazione si è già messa in moto. Lo scorso giugno, dunque poco meno di un anno prima delle elezioni, il Parlamento ha lanciato in rete la piattaforma multilingue «Stavolta voto» (www.stavoltavoto.eu). Visitando il sito, è possibile lasciare i propri dati personali per ricevere «comunicazioni sulle elezioni europee e come partecipare», oltre che verificare gli eventi sul territorio. Nonostante le rassicurazioni («tratteremo con la massima cura le informazioni che ci darai», si legge in calce al form di raccolta dati), le politiche sulla privacy sono disponibili solo in lingua inglese. Alla faccia della trasparenza. Un portale multilingue, battezzato «Cosa fa per me l'Europa» (www.cosa-fa-per-me-l-europa.eu) è stato inaugurato poche settimane fa con lo scopo dichiarato di mostrare «l'impatto positivo dell'Ue sui singoli cittadini e sulle comunità locali». Dalla homepage, selezionando una delle tre sezioni disponibili («nella mia regione», «nella mia vita», «in primo piano»), possibile accedere ai singoli programmi regionali e ai progetti sui temi più svariati (salute, istruzione, sicurezza, eccetera).La propaganda continentale, però, non si regge solo sui siti Internet, sugli eventi e sulle condivisioni sui social network. Una parte più oscura, ma altrettanto importante, del sistema persuasivo si basa sull'ossessione circa i rischi causati dalla disinformazione e dalle ingerenze esterne, in particolare quelle russe. A fare il lavoro «sporco» è chiamata la task force di East StratCom, un team creato ad hoc dal Consiglio europeo nel 2015. Tra i compiti di questo gruppo, figura quello di tenere aggiornato un sito (www.euvsdisinfo.eu) che smaschera le presunte bufale in arrivo da Mosca. Particolare importante: i pareri della task force «non rappresentano la posizione ufficiale dell'Unione europea». Benché sul sito ufficiale si legga che il team non disponga di un proprio budget, indiscrezioni del quotidiano britannico The Guardian riportavano l'anno scorso l'assegnazione di un plafond pari a 1,1 milioni di euro. Contattata dalla Verità, la task force di East StratCom non ha risposto alla richiesta di chiarimenti in merito.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/strasburgo-spende-33-milioni-di-euro-per-racimolare-voti-anti-populisti-2622167163.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="mancano-i-risultati-e-provano-a-vincere-con-la-manipolazione" data-post-id="2622167163" data-published-at="1758174847" data-use-pagination="False"> «Mancano i risultati e provano a vincere con la manipolazione» LaPresse Onorevole Zanni, come giudica la strategia dell'Unione europea in vista delle elezioni del prossimo maggio? «Semplicemente vergognosa. Un grande bluff organizzato ad arte per influenzare l'esito elettorale. Il loro inganno tuttavia fallirà miseramente, come hanno fallito tutte le strategie in ambito economico, sociale e di sicurezza fino ad ora proposte da Bruxelles». Crede che il fatto che la strategia verta sulla diffusione a tutti i costi di un'immagine positiva dell'Europa nasconda la paura di una débâcle da parte della compagine europeista? «Certo, è la paura di chi ha fallito nel convincere con i risultati e ora tenta di manipolare la verità; per la prima volta popolari, socialisti e liberali che comandano da sempre a Bruxelles rischiano di perdere il potere, come già avvenuto del resto in molti Paesi europei». Perché ha votato contro in commissione Bilancio alla proposta di stanziare 33,3 milioni di euro alla propaganda europea? «Perché ritengo sbagliato e ingiusto che le istituzioni europee utilizzino il denaro dei contribuenti per cercare, con una campagna di propaganda ridicola, di guadagnare una legittimazione che non sono state capaci di conquistare con i fatti. Ingannare i cittadini europei utilizzando denaro pubblico è una pratica deplorevole che va combattuta». Spesso l'accesso alle informazioni riguardanti l'utilizzo dei fondi e le attività del Parlamento e della Commissione è difficile e macchinoso. Non ritiene che le istituzioni europee manchino di trasparenza? Come si può migliorare questo aspetto? «Sono sicuramente poco trasparenti, e spesso agli stessi europarlamentari viene negato l'accesso a documenti “riservati". Se si vuole aumentare la credibilità già scarsa delle istituzioni Ue, sarebbe forse il caso di rendere pubblicamente accessibili tutte queste informazioni». Sarà anche per questo che il 38% degli europei non nutre fiducia nelle istituzioni Ue. Cosa c'è di sbagliato nel rapporto tra Europa e cittadini? «L'Ue non solo ha fallito nel dare risposte concrete alle tre grandi crisi che oggi i cittadini devono affrontare (quella economica, quella di sicurezza interna e quella relativa alla gestione dell'immigrazione), ma, con regole e vincoli assurdi, ha spesso aggravato la condizione per i cittadini e le imprese, che percepiscono tutto questo come una intromissione ingiustificata». Pensa che la tensione degli ultimi mesi tra Roma e Bruxelles abbia influenzato un sentimento negativo nei confronti delle istituzioni europee? «I cittadini hanno percepito l'assoluta mancanza di rispetto verso il nostro Paese e un governo democraticamente eletto. Dichiarazioni folli, insensate e persino minacciose da parte di diversi esponenti di spicco dell'Ue hanno certamente influito in maniera significativa, svelando il vero volto dei burocrati di Bruxelles, chiaramente mossi da pregiudizi politici e ideologici. Nonostante la retorica che oggi piace molto ai propagandisti, l'Italia ha sempre dato di più a Bruxelles rispetto a quanto ricevuto. Basta con la falsa credenza che qualcuno stia pagando per noi; sono piuttosto i cittadini italiani che hanno pagato per altri Paesi». Di recente in Parlamento avete discusso di presunte ingerenze russe nel processo democratico europeo. Esiste questo pericolo? «Credo sia un modo di creare e alimentare il mito di un nemico esterno per mascherare i problemi e i fallimenti interni. Con la scusa delle fake news si cerca di silenziare il legittimo dibattito democratico e il diritto di critica, una sorta di censura neanche troppo mascherata. La censura è la mossa disperata di chi non è stato in grado di convincere con i fatti». A sei mesi dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, l'offerta politica non è ancora definita. Crede che le forze cosiddette «populiste» si riuniranno sotto un unico cappello oppure continueranno a correre divise? «Stiamo lavorando affinché non si ripetano gli errori strategici del passato. Vogliamo riunire tutte le forze identitarie che si oppongono a questo modello di Unione europea all'interno di un unico grande contenitore. Sarebbe la sola soluzione per portare l'Ue verso un modello più sostenibile e democratico, nel segno di una cooperazione rispettosa della sovranità degli Stati membri. E oggi, rispetto a cinque anni fa, c'è in Europa un leader che ha la forza e la legittimazione popolare per riunire gli euroscettici: Matteo Salvini. Questo per noi è un grande vantaggio». È ancora possibile rilanciare un «progetto europeo»? Quali sono le sfide che dovranno affrontare il prossimo Parlamento e la prossima Commissione? «È possibile rilanciare un progetto europeo alternativo, su nuove basi, ponendo al centro i cittadini e i popoli europei. Direi che la base di lavoro dovrebbe poggiare su tre pilastri: rimettere al centro della politica europea gli Stati nazionali, decentralizzazione e sburocratizzazione delle istituzioni Ue e protezione dei confini esterni contro l'immigrazione incontrollata. Un programma basato su questi punti potrebbe in breve riportare crescita economica, sicurezza e stabilità nel continente europeo. Queste sono le sfide principali sul tavolo per i prossimi cinque anni, e il governo italiano deve farsi portavoce di questo cambiamento».
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