Lepenisti, leghisti e il partito di Viktor Orbán trainano la nuova formazione, la più grossa dopo Ppe e socialisti. Tra gli obiettivi, catalizzare in aula il dissenso (anche interno ai popolari) su temi come il Green deal.
Lepenisti, leghisti e il partito di Viktor Orbán trainano la nuova formazione, la più grossa dopo Ppe e socialisti. Tra gli obiettivi, catalizzare in aula il dissenso (anche interno ai popolari) su temi come il Green deal.Nasce ufficialmente il nuovo gruppo dei Patrioti per l’Europa al Parlamento europeo. Lanciato inizialmente dal premier ungherese Viktor Orbán, vi aderiscono ora 84 eurodeputati di 12 paesi diversi, tra cui la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen e Jordan Bardella.Il gruppo sarà il terzo per dimensioni al Parlamento di Bruxelles, dopo il Partito popolare europeo e il gruppo dei socialisti, superando il gruppo di Renew Europe e il raggruppamento dei conservatori e riformisti (Ecr), di cui fa parte Fratelli d’Italia della premier Giorgia Meloni. Ieri Bardella, ancora a Parigi dopo aver incassato la sconfitta del Rassemblement national alle elezioni francesi, è stato eletto capogruppo. Tra i sei vicepresidenti, eletto Roberto Vannacci, il generale arrivato in Parlamento a Bruxelles dopo essere stato il candidato più votato della Lega alle elezioni europee. L’ungherese Kinga Gál di Fidesz è stata nominata prima vicepresidente. L’ex segretario generale del gruppo Identità e Democrazia, Philip Claeys, sarà il segretario generale del nuovo gruppo.Composita la formazione del raggruppamento. Nel dettaglio, 30 sono i deputati di Rn, 11 quelli ungheresi di Fidesz, 8 quelli della Lega, 7 quelli del partito della Repubblica ceca di Andrej Babis, 6 ciascuno il partito liberale austriaco Fpö, l’olandese Pvv di Geert Wilders e lo spagnolo Vox, più altri piccoli partiti.Proprio l’adesione del partito spagnolo Vox al nuovo gruppo dei Patrioti lascia Ecr con numeri più bassi, facendolo scivolare al quarto posto per numero di deputati (78, due in più di Renew Europe).Minimizza la divergenza politica Nicola Procaccini, co-presidente di Ecr, che afferma: «Anche se apparterremo a gruppi parlamentari diversi, sono certo che ci ritroveremo spesso fianco a fianco anche nel corso della prossima legislatura».Il nuovo gruppo porterà certamente un cambiamento degli equilibri all’interno del Parlamento europeo.È fuori di dubbio che la nascita del gruppo dei Patrioti semplifichi il quadro politico nella palude di Bruxelles, e in un certo senso la creazione del gruppo può apparire un auto-confinamento del gruppo di destra, visto l’esplicito «cordone sanitario» che la sinistra invoca anche per questa legislatura nei suoi confronti.Tuttavia, sarebbe un errore pensare che i Patrioti al Parlamento europeo non toccheranno palla. Al contrario, nei labirinti delle procedure parlamentari in quel di Bruxelles, nelle commissioni, in aula, il gruppo dei Patrioti potrà fare da catalizzatore del dissenso anche di una parte della maggioranza che si sta costituendo.La nuova maggioranza che si va delineando, e che il 18 luglio dovrebbe votare sulla proposta di un secondo mandato a Ursula von der Leyen, poggerebbe su popolari e socialisti, con l’aggiunta dei verdi e dei centristi di Renew. Tuttavia, all’interno del Ppe non mancano i mal di pancia di fronte alla prospettiva di una riedizione di un programma a base di Green deal, ad esempio. Peraltro, i dissensi interni al Ppe sono anche su altre questioni e Von der Leyen non è stata esattamente acclamata, quando si è trattato di candidarla al secondo mandato come presidente della Commissione. Dunque, la presenza di chiare posizioni di destra da parte dei Patrioti sulle tematiche più critiche in Parlamento potrebbe funzionare da sistema di aggregazione del dissenso. Questo renderebbe i lavori nelle commissioni e nei comitati molto più tortuoso e difficile per la nascente maggioranza, per la quale si profila una sorta di Vietnam parlamentare.In merito a Giorgia Meloni, molti commenti, soprattutto italiani, hanno puntato sin qui sul fatto che essendo il suo l’unico governo di destra, questo sia stato isolato in Europa sulle scelte relative alla commissione e che il suo gruppo politico non farà parte della maggioranza a sostegno della nuova Commissione (sempre se Von der Leyen otterrà i voti necessari, il che non è affatto detto). Queste analisi però hanno il difetto di ignorare il fatto che, tolta di mezzo l’ipotesi di una Francia governata da Marine Le Pen, ora per Meloni in Europa si configura un ruolo centrale, da giocare in Consiglio e in Parlamento.Dato il caos in Francia, dove non si sa chi governerà e come, e la debolezza del governo semaforo in Germania, quello italiano è l’unico governo solido tra i grandi paesi. Dunque, il ruolo di Giorgia Meloni si farà assai rilevante nel Consiglio.Al Parlamento europeo, invece, la creazione del gruppo dei Patrioti sarà utile a Meloni per marcare una differenza e allo stesso tempo per accreditarsi come ponte tra un mondo e l’altro. Allo stesso tempo, Ecr potrà giocare da battitore libero nello spazio tra la destra e la maggioranza, scegliendo di volta in volta su quali provvedimenti mettere la firma e su quali invece opporsi.Non è un caso che il leader del Ppe, il tedesco Manfred Weber, negli ultimi giorni abbia teso la mano a Meloni, evidenziando come il rapporto con l’Italia e con Ecr sia fondamentale. Anche perché tra un anno in Germania si vota.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





