2019-06-14
Strappo Lega-M5s su Radio radicale. Ancora fondi pubblici per salvarla
Il Carroccio vota con tutte le opposizioni l'emendamento del Pd al dl Crescita che stanzia altri 3 milioni di euro a favore dell'emittente. Contrari i 5 stelle. Luigi Di Maio: «Indecente. Salvini ne risponderà davanti ai cittadini».Di tutte le battaglie per cui valeva la pena spaccare la maggioranza gialloblù, quella per Radio radicale era davvero la meno degna. E invece, ieri, nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, la Lega ha votato un emendamento pd al dl Crescita, insieme a tutte le opposizioni (ovviamente +Europa, Forza Italia e anche Fratelli d'Italia), contrariamente al parere del Movimento 5 stelle. La misura concede altri 3 milioni di euro di finanziamenti pubblici all'emittente. Dopo i 9 milioni già stanziati nel 2019. Dopo i 250 milioni che i radicali si sono beccati in un venticinquennio. La mossa, com'era lecito attendersi, ha scatenato l'ira dei grillini. Vito Crimi, che da sottosegretario con delega all'Editoria si era speso per l'eliminazione delle sovvenzioni statali, ha deplorato lo sperpero di «soldi delle tasse dei cittadini che vanno nelle casse di una radio di partito». E si è detto «orgoglioso e contento del mio gruppo, che ha votato convintamente contro questo emendamento, rispettando quanto abbiamo sempre detto in campagna elettorale: che non vogliamo più dare soldi pubblici per finanziare radio, giornali e tv private». Luigi Di Maio, dichiarandosi sorpreso per la scelta del Carroccio (in realtà, Matteo Salvini si era dissociato da tempo dalla battaglia di Crimi), ha avvisato la Lega: «Dovrà rispondere davanti ai cittadini. Dovrà spiegare perché ha appoggiato questa indecente proposta del Pd». E ha commentato: «Negli anni sono stati dati circa 250 milioni di euro di soldi pubblici a Radio radicale. Eppure, non si sa come, Radio radicale oggi dice che gliene servono altri. In questi casi chi fa politica dovrebbe farsi alcune domande: dove sono finiti questi 250 milioni? Che ci hanno fatto? Perché sono stati dati tutti questi soldi a un'azienda privata?». La risposta è facile. Perché non è mai stata bandita una gara d'appalto per i servizi offerti dall'emittente boniniana, che, di conseguenza, ha agito in un regime di sostanziale monopolio. La sensazione, tuttavia, è che le costanti proroghe in favore di Radio radicale e i continui rinvii del bando pubblico siano stati il frutto di una negligenza deliberata da parte dello Stato. Un'indolenza, cioè, trascinata a lungo proprio per assicurare agli amici radicali che le vacche grasse non dimagrissero. Insomma, ufficialmente è colpa della burocrazia farraginosa, però non c'è dubbio che, al partito di Marco Pannella, quest'inerzia abbia fatto comodo. Saremo malfidati, ma lasciateci almeno dubitare che la proposta di indire questa benedetta gara, formulata proprio dalla radio, sia genuina. Della serie: tutti sanno che tanto la gara non si farà. Neppure questa volta. Non nel 2019, nemmeno nel 2020, probabilmente nemmeno nel 2025. Finché la barca va, tu non remare.Ma per quale motivo noi della Verità (quotidiano indipendente, che non prende un centesimo dagli italiani, a meno che costoro non decidano di andare in edicola a comprare il quotidiano) consideriamo ingiusta l'erogazione di fondi a pioggia? Perché pensiamo che, stavolta, tra la Lega e il M5s sia lo schieramento di Di Maio ad avere ragione? Magari perché siamo cattivi e godiamo delle disgrazie degli altri giornalisti? O perché, per principio, vogliamo che Radio radicale chiuda? No. Il punto è che i contribuenti già sovvenzionano Rai Parlamento, che assicura la copertura dei lavori delle Camere. Serve davvero un doppione? Dobbiamo pagare due soggetti diversi, uno dei quali privato, per lo stesso servizio? Crediamo di no. Tanto più che, a quanto pare, l'emittente radicale non riesce a sopravvivere da sola, ma ha bisogno non solo dei contributi che vengono concessi a tutte le radio private, bensì pure dei 10 milioni derivanti dalla convenzione con il Mise. Nonostante i tanti appelli accorati dei democratici, sempre ricolmi di coscienza civile, il destino di Radio radicale pare non interessare veramente né agli utenti né agli sponsor. Tutti si esibiscono nel coro dei «salviamo Radio radicale», ma tutti, per salvarla, vogliono mettere le mani nelle tasche dei contribuenti. Ai sostenitori di Emma Bonino, tanto incline a celebrare i successi del liberismo e soprattutto dell'ordoliberalismo targato Ue, verrebbe da dire: è la dura legge del mercato. Ma i radicali, si sa, sono professionisti nell'arte di lagnarsi per poi lasciarsi consolare da papà Stato. Chiedono +Europa, eppure si lasciano salvare dal denaro dei connazionali. A Napoli lo chiamerebbero chiagni e fotti. Noi vogliamo essere più sobri. E ai radicali ci limitiamo a segnalare che è troppo facile fare i liberisti, se i soldi sono quelli degli altri.
Il ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Ansa)
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il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)