2024-08-14
Per chi usa la storia come una clava perfino Spike Lee è un nazista
Polemiche strumentali perché il governo non era al memoriale dell’eccidio. Per cui anche il regista progressista litigò con l’Anpi.Ormai il giochino si ripropone a ogni ricorrenza, ogni volta che c’è una strage nazista da ricordare, ogni volta che si avvicina una data carica di significato per la resistenza italiana. Giornali e politici d’opposizione attendono al varco il governo, pronti a misurarne ogni parola, a valutarne ogni sospiro o silenzio. Sempre per la stessa ragione: occorre dimostrare che l’attuale esecutivo sia in qualche modo compromesso con il fascismo, vero o immaginario. E così la polemica si è sollevata anche per gli ottanta anni della strage di Sant’Anna di Stazzema, paesino della Toscana in provincia di Lucca dove il 12 agosto 1944 i soldati della 16. Ss Panzergrenadier-Division «Reichsführer-Ss» macellarono 560 persone, senza perdere troppo tempo a distinguere fra adulti e bambini. Alla cerimonia commemorativa dell’eccidio non erano presenti esponenti del governo, e ovviamente sono partite le accuse verso la destra revisionista e amica dei nazisti. Tra i più infuriati il governatore Pd della Regione Toscana Eugenio Giani: “Non vedo la presidente del Consiglio, non vedo ministri né sottosegretari”, ha detto. «Sinceramente è una cosa grave e mi sarei aspettato ben altro. Lascia amarezza ed un profondo dispiacere questa assenza». In realtà, alla manifestazione solenne non risulta che fossero presenti nemmeno i vertici del Partito democratico, che se la sono cavata con un comunicato. Che è poi esattamente quanto hanno fatto Guido Crosetto, Ignazio La Russa, Lorenzo Fontana, Elisabetta Alberti Casellati eccetera. Ma nemmeno le dichiarazioni ufficiali sono sufficienti a frenare gli editoriali indignati e gli allarmi per il fascismo di ritorno. Come dicevamo, il meccanismo è ben noto. Proprio la triste vicenda del massacro di Sant’Anna, tuttavia, offre un prezioso spunto, come una piccola lezione collaterale di cui dovrebbero fare tesoro tutti coloro che ancora oggi sfruttano il passato quale arma politica. Nel 2008 sulla strage nazista in Toscana fu girato un film da uno dei più importanti registi della storia di Hollywood, ovvero il grande Spike Lee. Si intitolava Miracolo a Sant’Anna, e aveva al centro una profonda conversione religiosa, a cui si legava un tema appunto politico. Lee, da sempre attento alle questioni che negli Usa ancora chiamano «razziali», voleva raccontare i Buffalo Soldiers, i soldati afroamericani che combatterono durante la seconda guerra mondiale con l’esercito americano nonostante le discriminazioni patite in patria. Probabilmente Spike tutto si aspettava tranne che di essere accusato dall’Anpi di essere un pericoloso revisionista. All’associazione dei partigiani non era piaciuto il ruolo che un combattente della resistenza svolgeva nel film, e lo fece sapere tramite comunicati furenti. La sensazione, in realtà, era che all’Anpi avesse dato molto fastidio il fatto di non essere stata coinvolta nella realizzazione della pellicola in modo da poterne vidimare i contenuti. Comunque sia, Spike Lee non si fece troppo sconvolgere. «Se questo film crea discussione è solo una buona cosa», disse. «È vero, ci sono diverse interpretazioni di quella strage, ma una cosa è certa ed è quella che racconto e voglio raccontare: la 16ª divisione delle Ss il 12 agosto del 1944 uccise a Stazzema 560 civili».E ancora: «Sono davvero dispiaciuto di aver offeso i partigiani, ma non ho alcuna intenzione di chiedere scusa a nessuno. Anche i partigiani non erano amati da tutti, c’erano anche quelli che dopo aver fatto qualche azione scappavano sulle montagne, lasciando la popolazione civile a subirne le conseguenze. È stato un pò così anche per noi americani di colore per la difesa dei diritti civili. Oggi tutti in Italia si dicono partigiani, ma allora (negli anni Quaranta) non era affatto così. Meglio comunque che si discuta di questo, che del Grande Fratello». Spike Lee non può certo essere accusato di simpatie naziste o di razzismo, anche perché ha dedicato tutta la sua opera alla lotta per i diritti dei neri. Per altro aveva riempito il suo film di attori italiani molto impegnati e molto graditi a sinistra. Eppure fu ugualmente accusato di mistificare la storia e di non dare il giusto peso ai partigiani. Certo, la caratura intellettuale del regista americano è decisamente superiore a quella media dei politici italiani, ed è pur vero che un sottosegretario o un delegato qualsiasi non si nega a nessuno, motivo per cui un rappresentante qualsiasi dell’esecutivo non avrebbe sfigurato a Sant’Anna. Se abbiamo ricordato questo piccolo aneddoto, però, non è certo per difendere d’ufficio la destra di governo o per sminuire il dramma di Sant’Anna di Stazzema, ma per dimostrare che a giocare con la Storia si rischia di rimanere scottati, soprattutto quando si cerca di forzarla o di vederne solo una parte a fini politici. Delle vicende del passato, soprattutto di quelle più dolorose e drammatiche, ciascuno (ogni movimento, ogni gruppo sociale, ogni minoranza, ogni cultura politica) tende ad avere una propria interpretazione che si affianca e talvolta trascende la realtà dei fatti. Della Storia ciascuno ha una propria memoria. E di questa memoria, è chiaro, va tenuto conto per non offendere o urtare. Ma se un gruppo pretende di fare della propria memoria una verità assoluta e incontestabile e accusa di razzismo e malvagità chiunque non si prostri al suo volere, allora si esce dal libero confronto e si entra in un territorio vagamente autoritario, e pure un filo squallido. Ricordare l’eccidio di Sant’Anna è sacrosanto, ma evocare il nazismo risorgente per montare un caso politico non fa onore a chi polemizza, e certo non onora la memoria delle vittime.
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La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?