2021-04-29
Lo Stato si è svegliato. Adesso pensi anche ai familiari delle vittime
Cesare Bettisti (Antonio Masiello/Getty Images)
Quando, dopo quasi quarant'anni di latitanza, Cesare Battisti fu arrestato in Bolivia, chiesi a Giacomo Amadori di raccontare la dolce vita dei terroristi fuggiti all'estero. In particolare, avevo in mente Giorgio Pietrostefani, ex capo del servizio d'ordine di Lotta continua, inseguito da una condanna a 14 anni e due mesi per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi. Da anni si sapeva che, come molti brigatisti rossi, si era rifugiato a Parigi, protetto dalla cosiddetta dottrina Mitterrand, ovvero dallo scudo offerto dal presidente francese a chiunque avesse commesso reati per motivi politici. Per vie traverse conoscevo perfino i salotti che l'ex rivoluzionario frequentava nella capitale transalpina. Riflettendoci, mi venne il sospetto che addirittura ricevesse una pensione dallo Stato italiano perché, avendo svolto prima di essere raggiunto da una condanna, un lavoro da dirigente delle Officine reggiane, era perfino possibile che lo stesso Stato che intendeva arrestarlo gli versasse un assegno previdenziale. Infatti Giacomo Amadori, da segugio insuperabile, impiegò un paio di giorni ad avere conferma di ciò che temevo: Pietrostefani era un latitante mantenuto dai contribuenti italiani, che ogni mese provvedevano ad accreditare sul suo conto corrente parigino una pensione di 1.500 euro. Panorama, il settimanale che dirigo oltre alla Verità, ci fece la copertina. Era il 30 gennaio di due anni fa quando il volto di Pietrostefani comparve in tutte le edicole, con tiratura in decine di migliaia di copie. E tuttavia, nonostante la notizia fosse scandalosa, e sebbene fosse accompagnata dalle storie di altri latitanti con pensione annessa, nessuno fece nulla. All'epoca, al ministero della Giustizia, quello incaricato di richiedere l'estradizione di persone condannate o ricercate, c'era Alfonso Bonafede, il grillino in carica anche nei giorni in cui il figlio del fondatore dei 5 stelle fu accusato di stupro. Nonostante si trattasse di un uomo approdato al governo sull'onda di una richiesta di «onestà», ossia di legalità, non mi risulta che per un latitante a spese degli italiani si sia scaldato tanto. Non ne sono sicuro, ma credo che l'Inps, guidato da un altro grillino, non si sia attivato neppure per sospendere la pensione di Pietrostefani e degli altri segnalati in quella numero di Panorama. Dunque, non posso che rallegrarmi del fatto che con un ritardo di qualche decennio, lo Stato italiano abbia sentito il dovere di assicurare alla giustizia delle persone che si erano sottratte a una sentenza di condanna. In cuor mio, ho sempre considerato un oltraggio al nostro Paese, ma soprattutto alle vittime del terrorismo e alle loro famiglie, il fatto che i governi non alzassero la voce con alcuni cosiddetti Paesi amici, per ottenere il rispetto delle pronunce dei nostri tribunali. Anche i giornali, le cui redazioni sono zeppe di ex sessantottini, vale a dire di ex rivoluzionari, sembravano disinteressate alla questione, quasi come se la Giustizia, con la «G» maiuscola, valesse solo per alcuni, magari per chi si fosse reso responsabile di cene eleganti, e non per coloro che fossero stati ritenuti colpevoli di assassini politici poco eleganti. Risultato, con un ritardo di almeno trent'anni, c'è un governo che ha intenzione di far rispettare la legge e soprattutto le sentenze. Chapeau a Marta Cartabia, che ci sembra sfuggente sulla riforma della Giustizia, ma che a quanto pare non ha intenzione di riformare delle sentenze passate in giudicato, provvedendo a farle applicare come si conviene in uno Stato di diritto. Chapeau anche a Mario Draghi che, con una telefonata a Emmanuel Macron, ha fatto ciò che i suoi predecessori non sono riusciti a fare per anni. Brigatisti ed ex terroristi sono stati arrestati e speriamo che presto siano riportati nel nostro Paese per scontare la pena a cui sono stati condannati.Una sola ultima preghiera, siccome mi sono occupato spesso di terrorismo e delle sue vittime, un giorno mi è capitato di raccontare che la vedova di un agente ucciso a Firenze da un commando di Prima Linea prendeva una pensione da fame. A memoria, ricordo che era all'incirca la metà di quella garantita a Pietrostefani. Ecco, so che non è nei poteri di un ministro della Giustizia, però forse lo è tra quelli di un presidente del Consiglio: vi prego, riconoscete ai familiari di chi difese lo Stato dal terrorismo una pensione di cui non si debba vergognare. I soldi, come è ovvio, non risarciscono chi ha perduto la persona che amava, ma almeno dimostrano che quel sacrificio non è stato dimenticato.
Benjamin Netanyahu (Ansa)