2022-05-20
La stampa che si stracciava le vesti adesso fa l’elogio del conto in rubli
I media hanno criticato ogni compromesso alle richieste di Mosca. Poi l’Eni l’ha trovato.Vietato pagare il gas russo in rubli. Roba da collaborazionisti di Mad Vlad, oltre che un autogol pazzesco. Parola dei principali quotidiani italiani, da Repubblica al Corriere della Sera, passando per il Sole 24 Ore, e di eurocommentatori del rango di Federico Fubini e del capo di Confindustria, Carlo Bonomi. Poi succede che Eni, due giorni fa, con la benedizione del governo Draghi, apre due nuovi conti corrente «k» in Gazprombank, in euro e in rubli, e gli stessi media si allineano prontamente. «Gas e rubli: vince la realpolitik», titolava due giorni fa il quotidiano della Confindustria, improvvisamente comprensivo. Ancora più sfacciata la piroetta di Repubblica, ieri: «Gentiloni: “Eni non viola le sanzioni”. Pagamento in rubli, il caso è chiuso». Sì, meglio chiuderlo, davvero. Per un mese e mezzo, su questa pretesa di Putin, si sono lette condanne senz’appello e fosche previsioni, forse anche per non turbare il viaggio di Mario Draghi a Washington, la scorsa settimana. Eppure, già due venerdì fa, tra Tesoro e Farnesina si sapeva perfettamente che Claudio Descalzi, ad di Eni, era per pagare in rubli, ma non l’avrebbe mai fatto senza il via libera del governo. Il 28 marzo, Descalzi aveva affermato: «Non pagheremo il gas russo in rubli». Ma aveva anche spiegato il perché, che era poco idelogico e molto pratico: «I contratti prevedono il pagamento in euro e dovrebbero essere modificati per cambiare i termini». Solo che i giornaloni lo hanno preso troppo in parola. Il 15 aprile, il Corriere titola: «Gas in rubli, no dell’Ue allo schema di Putin: ora si rischia il blocco». Il vicedirettore Fubini, spiegava: «Lo scenario di un blocco dei flussi appare dunque, in questo momento, più concreto che mai. Se non c’è ancora certezza sullo stop forzato agli acquisti è solo perché a Bruxelles resta la speranza che il dittatore russo non voglia andare fino in fondo». Lo stesso Fubini, su Twitter, il 24 marzo l’aveva messa giù meno dura: «La mossa di #Putin di chiedere ai “Paesi ostili” (noi europei) il pagamento in rubli per gas e petrolio è un autogol, perché porta a rinegoziare i contratti esistenti. Permetterà ai noi europei di ridurre le quantità previste, magari i prezzi e accorciare i tempi d’uscita». Poi, sempre con un cinguettio, la moralina: «Il secondo merito della mossa di #Putin sui #rubli: toglie il prosciutto davanti agli occhi di molta (purtroppo troppa) gente». Non è da meno Repubblica, che per esempio, il 28 aprile titolava: «L’Ue avvisa le aziende: “Non aprite conti in rubli per pagare il gas di Putin”». Con la corrispondente da Berlino, Tonia Mastrobuoni, che narrava la fermezza di Gentiloni: «Divide et impera: sono nato a Roma e questo era il modello. Qualcuno sta cercando di dividerci e dobbiamo reagire come una cosa sola». Lo stesso giorno, il Sole 24 Ore avvertiva: «Stretta Ue sul gas russo: rischio sanzioni con il conto in rubli. La Commissione europea sposa la linea dura». E osservava che però «il decreto di Mosca è ambiguo». Sarà. Noi, invece, una sola faccia e una sola parola. Il 28 aprile parla come un sol uomo anche Bonomi, capo di Confindustria, a cui è associata anche Eni: «Draghi ha dato linea: siamo con l’Ue, non pagheremo gas russo in rubli», dice al Teatro dell’Opera di Roma, luogo quanto mai appropriato. Il 16 maggio, le prime conversioni. «Gas e rubli, vince la realpolitik: Commissione Ue verso il via libera» (Sole 24 Ore). «Gas russo, l’Eni annuncia l’apertura dei conti correnti «K» in euro e in rubli per i pagamenti», il titolo per iniziati del Corriere. E ieri, ogni cosa è illuminata su Repubblica: «Gentiloni: “Eni non viola le sanzioni”. Pagamento in rubli, il caso è chiuso». Una sola ombra, la precisazione giunta in serata da Bruxelles, a firma del portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer: «Il commissario Gentiloni ieri non ha mai parlato di un secondo conto in rubli. Ha detto che i contratti sono in euro o dollari, che le aziende pagano in euro o dollari e che se pagano in rubli violano le sanzioni». E noi non abbiamo mai detto che si sarebbe pagato in rubli.