
Lo Stato dividerà tra gli enti locali una cifra che non potrà coprire i servizi già erogati. Sono solo una goccia di quello che serve per assistere i 435.000 clandestini presenti nel nostro Paese.Una volta sbarcati in Italia i migranti non in regola devono essere curati. Sono assistiti negli ospedali come tutti i cittadini. Non potrebbe essere diversamente, anche per una questione di civiltà, campo in cui l'Italia si è sempre distinta, oltre che di umana solidarietà. Tuttavia è lecito domandarsi, proprio per fronteggiare l'emergenza, quanto i migranti pesino sui bilanci della sanità pubblica. Che già non gode di ottima salute economica. Il conto per il 2017 di 30.990.000 euro che lo Stato ripartirà, attraverso l'apposito fondo, tra le Regioni, escludendo quelle a statuto speciale che gestiscono in autonomia le prestazioni ai clandestini.Questi quasi 31 milioni dovrebbero coprire i seguenti servizi, già erogati, agli immigrati non in regola con il permesso di soggiorno: la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a parità di trattamento con le cittadine italiane; la tutela della salute del minore; le vaccinazioni, secondo la normativa e nell'ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle Regioni; gli interventi di profilassi internazionale; la profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.Inoltre sono garantite anche tutte le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o essenziali per malattia e infortunio. Le strutture sanitarie della Campania sono quelle dove, secondo la ripartizione, vengono curati più clandestini: 51.322 per una spesa di oltre 6 milioni di euro. Seguono la Lombardia che per l'assistenza medica a circa 100.000 irregolari riceverà quasi 5,5 milioni, quindi Veneto e Lazio che hanno sopportato entrambe un esborso superiore ai 3 milioni di euro.In realtà questi sono i soldi che lo Stato rifonde alle Regioni, ma non quanto in realtà spendono e soprattutto quanto hanno speso negli ultimi anni. Sono solo una goccia di quello che serve per assistere i 435.000 clandestini presenti nel nostro Paese, oltretutto il numero è sottostimato perché di moltissimi non si conosce neppure l'esistenza. In altre parole le Regioni anticipano le spese che poi devono essere coperte dallo Stato. Ma questo non sempre avviene e comunque, almeno fino a oggi, si è verificato con esasperante lentezza.Basti pensare che la Lombardia per le cure somministrate agli irregolari vanta un credito accumulato di 64.448.000 euro. Come denunciato dal deputato della Lega, Paolo Grimoldi, nel maggio scorso: «Una cifra folle che lo Stato deve agli ospedali lombardi e una storia che si ripete da anni, con rimborsi al contagocce. È una vergogna: mentre i nostri cittadini pagano ticket e tasse, ci sono clandestini che godono di privilegi che mandano in rosso il conto delle nostre Regioni». Lo stesso discorso vale per tutte le altre Regioni: per esempio l'Umbria ha speso 4,5 milioni in quattro anni che non ha ancora ricevuto, mentre otterrà per il 2017 un rimborso di poco più di 600.000 euro. L'Emilia Romagna invece, che incasserà quest'anno 2.800.000 euro, aspetta dal fondo statale ancora 30 milioni.Uno dei motivi per cui i costi sono particolarmente alti è dovuto al fatto che i servizi sanitari sono quasi esclusivamente quelli resi nei pronto soccorso, luogo di cura che gli immigrati irregolari scelgono in massa, anche se avrebbero diritto al medico di base. I clandestini potrebbero infatti richiedere all'Asl il cosiddetto «codice stp», ovvero straniero temporaneamente presente, e farsi assegnare un medico di base. Che siano in pochi a sfruttare quest'opportunità fa lievitare inevitabilmente il costo delle prestazioni. Oltre ad affollare le sale dei centri di primo soccorso, con conseguenti lunghe attese per tutti.Allargando lo zoom a tutti gli immigrati presenti in Italia, secondo un recente rapporto di Itinerari previdenziali, regolari e clandestini, che in totale sarebbero 6 milioni, per la sola sanità richiedono un onere di circa 11 miliardi l'anno. Una cifra esorbitante che non viene certo ripianata dai contributi versati dagli stranieri. Fatto salvo che non si possono negare le cure a nessuno, la domanda è: per quanto potremo permettercelo?
Mattia Furlani (Ansa)
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Giancarlo Tancredi (Ansa)
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