2020-05-21
Spesa più cara: siamo in mano agli stranieri
Le associazioni dei consumatori denunciano aumenti nei bar, l'Antitrust indaga sui supermercati. Ma sul conto non pesano tanto i maggiori costi per gli esercenti, quanto la dipendenza dall'estero: non produciamo abbastanza cibo e subiamo le speculazioni.Tra indagini dell'Antitrust su alcuni supermercati e stupita indignazione del Codacons, come di altre associazioni, per il caffè a 2 euro in centro a Milano e la messa in piega quasi raddoppiata, si scopre l'ovvio: che la fase 2 debutta con forti rincari. Attenzione però a guardare il dito senza vedere la luna. I prezzi fuori controllo sono anche un regalo della globalizzazione. Il grano - ne importiamo il 60% di quello tenero che ci serve - da tre mesi sale e tocca a Chicago 513 dollari. L'ultima settimana ha fatto +7,4% e una tonnellata di cereale vale dieci volte quella di petrolio. La speculazione si è spostata sulle commodity alimentari: la soia per animali aumenta del 4%, la carne di maiale, con la Cina che ne mangia quantità enormi e non la produce per via della peste suina, è in continuo rialzo: +5% in un mese. L'Italia scopre di non essere autosufficiente e cosi le nostre importazioni pesano come macigni: i limoni che sono diventati rari come l'oro perché sono disinfettanti naturali passati da 0,70 a 1,50 euro al chilo anche se sono i migliori del mondo coprono solo la metà della domanda. Lo stesso vale per frutta e verdura. I tentennamenti del governo sui voucher per sopperire alla mancanza di manodopera in agricoltura hanno ridotto la produzione nazionale che è marcita nei campi e aperto alle importazioni soprattutto dal Nord Africa, ma con incrementi forti di prezzo.Una settimana fa l'Istat ha certificato: l'inflazione è ferma, non accadeva dall'ottobre 2016. Eppure stiamo per entrare in stagflazione, che è la peggiore infezione dell'economia. I prezzi salgono pur in carenza di domanda. A generare questo strabismo di valutazione è la «fata morgana» del crollo del petrolio. Gli alimentari sono saliti in aprile del 2,8%, i generi di più largo consumo dello 0,8. A compensarli però c'è lo sprofondo (-7,6%) dell'energia. Ma gli italiani mangiano (per ora) due volte al giorno e il pieno alla macchina per due mesi non l'hanno fatto. Nella prima fase del lockdown i prezzi dei generi alimentari sono schizzati in alto con rincari monstre. Le carote da 40 a 80 centesimi, i fagiolini arrivati a 7 euro, le zucchine a 4, il pane è lievitato di 80 centesimi al chilo. Perciò l'Antitrust ha messo sotto osservazione da Lidl (che è un discount) a Conad e Coop in alcune articolazioni regionali, da Carrefour a Eurospin. Le referenze controllate sono 3.800 nei punti vendita del Centro e del Sud - Caltanissetta è la provincia con l'inflazione più alta - visto che nelle zone rosse della pandemia è sembrato tutto regolare. Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, che con Coop ha firmato un protocollo per i prezzi fissi durante tutta l'emergenza Covid, ha spiegato che gli italiani hanno percepito rincari perché hanno comprato più cibi pronti che costano di più. È successo anche che la farina sia aumentata del 30% in concomitanza con un boom di acquisti (+180%) ma perché importiamo grano sempre più caro. Peraltro per tutto questo periodo i supermercati non hanno fatto promozioni e la grande distribuzione ha cominciato a sperimentare la concorrenza delle botteghe di prossimità dove la competizione si fa sulla qualità e sul servizio. L'online che ha fatto furore non è servito a raffreddare i prezzi, anzi: si è vista pasta a 12 euro al chilo! Con la riapertura dei mercati rionali si è già avuta una stabilizzazione dei prezzi, mentre per altri comparti come il latte fresco, le mozzarelle di bufala, il vino, il pesce la chiusura di bar e ristoranti è stata una débâcle. Insomma se i prezzi sono fuori controllo c'è chi fa il furbo, ma ci sono anche problemi legati alla produzione e alla distribuzione. L'agricoltura ricattata dalle aste al minimo ribasso - taluni supermercati schiacciano i produttori fino al sottocosto - non ce la fa a sostenere la domanda. La ministra dell'Agricoltura Teresa Bellanova dice che le fragole costano tanto perché non abbiamo abbastanza migranti per raccoglierle, ma dimentica che le intermediazioni sono peggio dei caporali. La Coldiretti osserva che gli agricoltori hanno venduto in rimessa (-30%), mentre i consumatori pagano prezzi che triplicano dal campo alla tavola. Oggi il Codacons denuncia che i bar stanno esagerando. I rincari medi del caffe sono di 20 centesimi alla tazzina, a Firenze si è arrivati a 1,70, a Vicenza s'è formato un mini-trust tra 50 bar del centro per portare la tazzina a 1,30 euro. Lo stesso vale per i ristoranti che alzeranno il conto e per i parrucchieri che hanno portato il taglio da 15 a 25 euro. Carlo Rienzi - capo del Codacons - è pronto a denunciare tutti: inammissibili aumenti del 53,8% per i bar e del 25% per i saloni di bellezza. Ma i costi sono saliti almeno del 15% per le sanificazioni e i fatturati sono dimezzati per i distanziamenti. Forse gli aumenti sono in parte giustificati. Basta considerare che un bar su tre non ha riaperto, un ristorante su due è chiuso e il 20% di parrucchieri ha la serranda abbassata. Perciò si rischia di guardare il dito dei rincari e non vedere la luna della crisi.