2020-09-11
«Speranza è tornato sui suoi passi. I nostri ospedali mobili un modello»
Attilio Fontana (Pier Marco Tacca/Getty Images)
Il governatore lombardo: «Fa sorridere, all'iniziò elogiò il progetto Fiera, poi è partita la guerra a Guido Bertolaso. Su scuole, lavoro e trasporti è dura: scrissi a Giuseppe Conte per introdurre gli orari scaglionati ma non mi ha risposto».Dopo mesi di attacchi politici e mediatici contro la Lombardia, il governo si orienta verso il modello lombardo. E lo fa proprio su uno dei punti oggetto nel passato recente di una polemica velenosa quanto insensata: gli ospedali leggeri, le terapie intensive mobili, le strutture da spostare dove servono. Quando una decisione del genere fu presa da Attilio Fontana, che si avvalse anche del supporto di Guido Bertolaso, a sinistra ci fu una levata di scudi. Ci fu anche chi arrivò a ironizzare in modo greve e sguaiato («Bertoleso») sul contagio Covid che colpì l'ex capo della Protezione Civile. E adesso invece? Contrordine, compagni! Il piano di riorganizzazione del ministero della Salute prevede infatti quattro strutture mobili da 75 posti (quindi 300 posti complessivi) da spostare, smontandole e rimontandole, dove sarà di volta in volta necessario. E un apposito bando da 54 milioni è stato pubblicato dagli uffici del commissario straordinario Domenico Arcuri. La Verità ne ha parlato con il governatore lombardo Attilio Fontana.Presidente, come funziona? Prima la aggrediscono e poi la copiano? «Eh sì, è una cosa che fa abbastanza sorridere, diciamo che c'è un po' di schizofrenia. Quando comunicai quello che stavamo facendo in Fiera a Milano, sa che mi disse il ministro Speranza?».Prego.«Che era una cosa bella, e che a questo punto lui avrebbe voluto fare qualcosa di analogo anche al Centro e al Sud, per avere tre strutture del genere in tutta Italia».Poi però contro la struttura che lei volle realizzare con l'ausilio di Guido Bertolaso ci fu un autentico inferno.«Infatti si scatenò una guerra, e da allora qualcuno deve aver dimenticato le cose dette prima… Ora però, da quanto leggo, stanno seguendo - guarda caso - esattamente il modello della Fiera di Milano e anche quello di Bergamo».Tra l'altro, mi corregga: allora fu usato denaro privato, senza spese a carico dei contribuenti…«Tutto rigorosamente privato per Milano. Anzi, ne fu raccolto anche più del necessario, al punto che chiedemmo ad alcuni donatori se potevamo usare alcune risorse per altre destinazioni».Illustriamo i vantaggi di queste strutture mobili e leggere: risparmio di denaro, in primo luogo, nel senso che non si costruiscono cattedrali nel deserto.«Esatto, è una struttura che si smonta e si rimonta in poco tempo. Ha la flessibilità per essere trasferita di volta in volta dove ci sono le necessità più impellenti in un dato momento. E nell'ipotesi che resti in un luogo, come nel nostro caso, stabiliremo anche delle destinazioni adatte per i periodi di non utilizzo».E in più con questo tipo di strutture leggere non si alimenta la corsa dei sindaci, in giro per l'Italia, ad avere ospedali Covid permanenti sotto casa.«Assolutamente. E tengo tuttavia a sottolineare, riferendomi in particolare alla Fiera di Milano, che la struttura realizzata lì è tecnicamente di primissimo livello».Quindi nel caso malaugurato di un'altra ondata, la Lombardia non avrebbe bisogno di forniture particolari in termini di terapie intensive.«Certo. Ad agosto le regioni sono state interpellate per la predisposizione di un ulteriore piano sulle terapie intensive, e noi comunicammo la nostra situazione. Quindi ora questo progetto serve essenzialmente ad altri».Anche sull'uso delle mascherine accadde qualcosa del genere. Quando lei la indossò per un video, le dissero che era un irresponsabile. Ora gli stessi che la attaccarono fanno i maestrini pro mascherina.«Adesso molti fanno i professori. Ma all'epoca arrivarono a minacciare azioni legali miliardarie contro di me per quel video. Dissero che avevo gettato discredito sull'Italia, che stavo determinando un danno economico per il paese… Segnalo che in quel periodo il presidente cinese parlava della più grande emergenza sanitaria da anni per il suo paese, quindi non doveva essere difficile comprendere che non sarebbe stata una passeggiata per nessuno».Come si prepara la Lombardia alla ripartenza di settembre? Come si trova un ragionevole bilanciamento tra prudenza sanitaria e rilancio dell'economia?«Finché non sarà disponibile un vaccino, è chiaro che dovremo convivere con il virus. Purtroppo, proprio sul vaccino, le notizie degli ultimissimi giorni (ndr, la sospensione dei test AstraZeneca) non ci fanno ben sperare sui tempi. A maggior ragione ci vuole equilibrio, se non vogliamo far morire l'Italia né di Covid né di fame».Quindi la parola chiave è bilanciamento.«Appunto. Da un lato, dobbiamo accettare qualche ragionevole limitazione delle nostre libertà: mettere la mascherina, il distanziamento, eccetera. Dall'altro, non dobbiamo nemmeno alimentare angoscia. Io stesso, quando la Lombardia era in una situazione delicata, ho sempre ascoltato con attenzione le esigenze delle altre regioni sui tempi di riapertura, e mi sono anche adeguato per non creare danni economici al Paese».Mancano quattro giorni alla riapertura delle scuole. Che situazione vede, tra aule, banchi, docenti e trasporti? «Non una situazione particolarmente bella. Penso in particolare al tema dei trasporti, su cui già lunedì avremo un primo test. Già a maggio scrissi una lettera al presidente del Consiglio suggerendo una graduazione degli orari di inizio delle varie attività lavorative e scolastiche, spalmando l'impatto su 3-4 ore, e quindi distribuendo l'ondata…».E cosa le dissero?«Nessuna risposta».E ora arrivano i guai.«Per reggere, occorre augurarsi che una parte dei cittadini decida di usare mezzi propri, ove possibile. Se la capienza consentita al trasporto pubblico locale è dell'80%, è intuitivo che, qualora gli stessi utenti di prima volessero usare bus e metro, il 20% almeno avrebbe problemi».Lei è stato messo politicamente in croce per quella che alla fine è stata una donazione di camici, con spesa zero per i contribuenti lombardi. Invece, a proposito di banchi, ha letto sulla Verità la vicenda dell'appalto alla società Nexus? 45 milioni per 180.000 banchi a una società con un dipendente? Se una cosa del genere l'avesse pensata o organizzata lei, che sarebbe successo?(Sorride) «Lo lascio dire a voi, non oso nemmeno pensarci. Ma quello che accade è sotto gli occhi di tutti. Altro che due pesi e due misure, qui ci sono sei pesi e sei misure…».