Per pianificare la lotta al virus è fondamentale capire dove è più letale: nelle case, negli ospedali, nelle Rsa? Interpellato dalla «Verità», il ministero ha ammesso di ignorarlo. E pochissime Regioni forniscono i numeri
Per pianificare la lotta al virus è fondamentale capire dove è più letale: nelle case, negli ospedali, nelle Rsa? Interpellato dalla «Verità», il ministero ha ammesso di ignorarlo. E pochissime Regioni forniscono i numeriQuasi tre mesi di attesa per ottenere una non risposta. Riguardo ai decessi da Covid-19, l'Istituto superiore di sanità sposa la linea socratica, ammettendo in sostanza di sapere di non sapere. Lo scorso 18 novembre avevamo inviato al ministero della Salute una richiesta per conoscere il numero dettagliato dei morti a causa del coronavirus, divisi per luogo del decesso. Finalmente, il 5 febbraio, Lungotevere Ripa ha battuto un colpo. «L'Istituto superiore di sanità, cui era stata indirizzata la predetta istanza in qualità di organo tecnico-scientifico ha reso noto di non possedere dei dati relativi al luogo del decesso per Covid-19 (da intendersi come setting: ospedale, terapia intensiva, Rsa, domicilio)», si legge nella lettera firmata da Gianni Rezza, direttore generale della direzione Prevenzione sanitaria del ministero. «Pertanto», conclude la missiva, «non è possibile fornire le informazioni richieste». Una manciata di righe per ottenere le quali abbiamo dovuto sudare le fatidiche sette camicie. Scaduto il termine dei trenta giorni previsto dalla legge entro il quale l'amministrazione pubblica è obbligata a dare un riscontro alla richiesta di accesso civico generalizzato (cosiddetto Foia), avevamo inviato una richiesta di riesame. Ulteriori venti giorni di tempo, al termine dei quali in assenza di risposta l'unica via percorribile sarebbe rimasta quella del ricorso al Tar. E invece, mercoledì 3 febbraio l'Iss ci informava che la risposta alla nostra richiesta di riesame era stata inviata al ministero della Salute, del quale l'Iss fa parte, addirittura il 22 gennaio scorso. Peccato che nella nostra casella di posta elettronica certificata dell'inoltro da parte del ministero non c'era traccia alcuna. Ci sono voluti diversi solleciti telefonici per ottenere quanto in nostro diritto, anche se non era esattamente quanto ci saremmo aspettati di ricevere.Sono almeno due gli interrogativi sollevati dal laconico responso che reca in calce la firma di Gianni Rezza. Il primo riguarda una questione di metodo: perché l'Istituto superiore di sanità non possiede i dati che abbiamo richiesto? Scartiamo a priori il problema della sfera di competenza, dal momento che lo stesso ministero lo ha individuato in qualità di ente deputato a fornire le informazioni richieste. Non solo in capo all'Iss vi è la responsabilità fin dall'inizio della pandemia (circolare ministeriale 1997 del 22 gennaio 2020) della sorveglianza del Covid-19, ma alla stessa struttura spetta il compito di formulare un parere che accompagna la certificazione del decesso (circolare 5889 del 25 febbraio). Periodicamente, inoltre, l'Iss pubblica il report «Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all'infezione da Sars-CoV-2 in Italia», nel quale vengono illustrate le caratteristiche di un campione rappresentativo dei concittadini morti a causa del virus. Possibile dunque che gli uffici di via Regina Elena non possiedano i dati richiesti sul luogo di decesso?Seconda domanda: se l'Iss non ha la più pallida idea di dove muoiano le persone, in base a quale criterio vengono identificate le priorità di intervento in campo sanitario? Come ha giustamente osservato alla vigilia della seconda ondata il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano, «dobbiamo capire da dove vengono i morti per capire dove intervenire: potrebbero essere dalle Rsa, e lì dobbiamo mettere un impegno enorme, ma anche persone che muoiono per essere arrivate in ospedale per le malattie per cui si arriva normalmente e che sono positive al Covid». Risposte che però, stando all'esito della richiesta Foia, l'Iss non sembrerebbe in grado di fornire.Nel frattempo, data la ritrosia del ministero a fornirci le informazioni richieste, abbiamo deciso di interpellare le singole Regioni. Sono solo tre, in realtà, quelle che hanno dato riscontro positivo, inviando lo spaccato dei decessi. Nel Veneto, fino al 12 gennaio 2021, il 54% delle vittime è stata registrata in reparto ospedaliero, il 14% in terapia intensiva, il 26% in Rsa e hospice e il 6% al domicilio. Quasi identica la percentuale dei decessi avvenuti in Toscana in reparto ordinario (55%) e al domicilio (5%), decisamente inferiore quella relativa alle terapie intensive (4%) e alle residenze sanitarie assistenziali (17%), mentre per quasi un quinto dei morti (18%) non è disponibile il dato. Parziali, invece, i dati relativi all'Emilia-Romagna. Nei primi undici mesi del 2020, i deceduti con diagnosi di Covid-19 in istituti di cura pubblici, privati e accreditati sono stati 5.148, dei quali 4.484 in reparto ordinario (87%) e 664 in terapia intensiva (13%). Fermi al primo semestre i numeri delle vittime al di fuori delle strutture ospedaliere. Vale la pena notare, però, che tre quarti sono morti in Rsa/hospice e un sesto presso la propria abitazione. Sospeso almeno fino ad aprile l'invio dagli uffici del Friuli Venezia-Giulia, in attesa che arrivino i dati definitivi. Negativo l'esito da parte della Sicilia, che dichiara di non possedere i dati, e della Liguria, la quale invece motiva il diniego spiegando che ai sensi della delibera Anac del 28 dicembre 2016 l'amministrazione non è tenuta «a rielaborare o aggregare diversamente informazioni già in suo possesso, qualora questo comporti un onere organizzativo o lavoro aggiuntivo». Silenzio, almeno fino a oggi, da tutto il resto d'Italia.
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