2025-08-08
Speranza sbugiardato in commissione Covid
Roberto Speranza (Imagoeconomica)
Ippolito: «L’ex ministro scarica sugli scienziati ma noi davamo solo pareri. Mai discusso di piano pandemico, ha deciso la politica». «Gli ospedali? Li avessimo lasciati a casa, i pazienti avrebbero avuto un esito migliore».Quindi ad essere sbalorditi e disorientati dalle incomprensibili misure adottate dal governo italiano, guidato da Giuseppe Conte nel 2020 per fronteggiare la pandemia da Covid, non erano soltanto i cittadini italiani, ma anche gli esperti. Quelli veri, come il professor Giuseppe Ippolito, già direttore generale per la ricerca e l’innovazione in sanità del ministero della Salute e componente del primo e secondo Cts istituito dal 2020 in poi. I verbali della sua deposizione in commissione Covid, che si è tenuta lo scorso 15 aprile, sono stati desecretati proprio ieri e il quadro che ne è emerso è a dir poco sconcertante. Uno scenario in cui si manifesta in tutta la sua chiarezza il grande inganno portato avanti dal governo e soprattutto dall’allora ministro della Salute Roberto Speranza: fu proprio lui infatti, fin dal 2020, ad assicurare, dentro e fuori le sedi istituzionali, che tutte le decisioni adottate dall’esecutivo per fronteggiare la pandemia - a cominciare da quelle più assurde come il lockdown prolungato, il distanziamento selettivo, la chiusura delle scuole, il coprifuoco e via impazzendo - erano state decise «dagli esperti». Ma la testimonianza di Ippolito smentisce del tutto le dichiarazioni del ministro: non fu la scienza a decidere, ma la politica. Ippolito lo spiega nei primi passaggi della sua audizione: «La task force del Coronavirus non ha un atto di costituzione (…), i partecipanti non sono sempre gli stessi, di volta in volta viene scelto chi far partecipare ed è presieduto dal segretario generale. Le persone che partecipano, a parte i funzionari ministeriali, non sono istituzionalmente coinvolte nelle decisioni da adottare». Sollecitato dalla deputata di Fratelli d’Italia Alice Buonguerrieri, che gli chiede conto del fatto che tanti componenti della task force esprimessero pareri diversi rispetto alle misure poi adottate dal governo, Ippolito risponde: «Era un bailamme di persone che ogni giorno cambiavano». E a subire il caos erano gli italiani.Ippolito ribadisce il concetto replicando a una domanda del presidente Marco Lisei (Fdi) che gli chiede conto del piano pandemico: «Speranza ha detto che si è trattato di una valutazione e decisione dei tecnici di riferimento della task force e poi del Cts. Pertanto, il ministro afferma che la decisione l’avete presa voi». «Il ministro Speranza può dire quello che vuole - si accalora Ippolito - ma io ho raccomandato di seguire le procedure previste e le metodologie del piano pandemico perché, come ho detto, si faceva molto di più. Le decisioni erano dei funzionari del ministero della Salute (…), non ci è mai stato richiesto di dire: adottiamo il piano pandemico; anzi». «Quindi - lo incalza Lisei - mi conferma che non c’è stata una discussione se adottare o meno il piano pandemico del 2006. Me lo conferma?». La replica di Ippolito è perentoria: «Sì».L’ex componente del Cts passa in rassegna punto per punto i passaggi critici della gestione pandemica, a cominciare dalla diagnostica: «Non si riuscì a negoziare un sistema per cui, a mano a mano che i Dpi (dispositivi di protezione individuale, leggi mascherine) scadevano, le Regioni potessero sostituirli in prossimità della scadenza. Questi, quindi, furono acquistati ma, appunto, scadevano». Ancora peggiore la situazione dei ventilatori: «I ventilatori non c’erano - chiarisce Ippolito - tanto che il 17 marzo l’Europa dice: non vi preoccupate, ghe pensi mi, ovverosia che avrebbe fatto un unico ordine per comprare i ventilatori. In realtà, il primo ordine da parte degli Stati membri inviato all’Europa è partito a maggio e la prima consegna di ventilatori è avvenuta a luglio, troppo tardi». Il caos, insomma, non era soltanto italiano ma europeo. Con una differenza: fu soltanto l’Italia ad adottare misure assurde, come ad esempio il divieto dei funerali o, peggio ancora, delle autopsie che, come spiega il senatore Lucio Malan, «non era un vero divieto, ma tutti lo hanno interpretato come tale», peggiorando la situazione e causando «un numero non indifferente di morti». «Era una misura precauzionale, la circolare diceva che non si sarebbero dovute fare, non che non si dovevano fare», risponde sibillino Ippolito, suscitando in aula non pochi commenti. «Quindi chi ha salvato la vita a molte persone lo ha fatto contro le indicazioni del ministero della Salute?», chiede Malan. «Non lavoravo per il ministero e non ho contribuito a questa scelta», replica Ippolito, «All’epoca mi occupavo di ricerca, noi abbiamo fatto le autopsie e le abbiamo anche pubblicate». L’ex direttore generale smonta anche il mito degli anticorpi monoclonali: «Ci sono voluti tre anni per dire che questi anticorpi monoclonali comprati a caro prezzo non hanno abbattuto la carica virale». Chiusura delle scuole: «Sempre col senno di poi - dice Ippolito - il lockdown selettivo delle scuole si poteva anche ipotizzare di farlo diversamente». Sbagliarono, insomma, ma nessuno ha mai chiesto scusa né risarcito bambini, adolescenti e ragazzi. Ospedali: «Hanno fatto da concentratori di casi. Se i pazienti fossero stati lasciati a casa, avrebbero avuto sicuramente un esito migliore». Stoccata anche per le virostar: «C’è fior di letteratura sugli errori della comunicazione, inclusa la miriade di falsi virologi, falsi profeti e falsi esperti di cui anche questo Paese è riuscito a dotarsi».Infine, l’ossequio alla Cina. Dalla testimonianza emerge che erano in molti, allora, a preoccuparsi che la Cina venisse liberata da ogni possibile accusa di esportazione di patologia trasmissibile. «Era la posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità», spiega Ippolito, raccontando che i contatti con Pechino erano gestiti dall’allora viceministro Pierpaolo Sileri del Movimento 5 stelle: «Grazie a lui riuscivamo ad avere anche alcune informazioni; lui, inoltre, è tornato anche con 102 dosi di un farmaco cinese, che poi non è stato utilizzato». E i due cinesi curati a inizio pandemia presso lo Spallanzani di Roma non erano persone qualsiasi: «La signora era la traduttrice del governo e loro hanno offerto, grazie anche all’intervento del senatore Sileri all’epoca, di darci dei consigli e ci hanno mandato anche una presentazione», rivela Ippolito.I commenti dei commissari non si sono fatti attendere: «La desecretazione dell’audizione in commissione Covid di Giuseppe Ippolito costituisce un altro colpo inferto all’allora governo Conte e al ministro Speranza», ha dichiarato Alice Buonguerrieri, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Covid, «Ippolito ha stroncato la dichiarazione che l’ex ministro della Salute pronunciò alla Camera nel 2020 secondo cui sarebbe stata la scienza e non la politica a orientare le scelte governative contro il Covid, poiché ha detto testualmente ai parlamentari commissari: “Noi fornivamo pareri e la politica decideva cosa farci” (…). L’audizione di Ippolito ha inoltre fatto emergere l’improvvisazione dell’allora governo giallorosso, in quanto ha detto che le scelte venivano adottate in assenza di una linea o di una strategia complessiva, ma solo “in base alle necessità” contingenti, e che ad ogni modo gran parte delle iniziative “sono state intraprese tardi e male”. Dichiarazioni, quelle di Ippolito, che confermano ciò che Fratelli d’Italia ha sempre sostenuto, cioè che le decisioni prese durante la pandemia erano prettamente politiche e che la risposta è stata del tutto improvvisata e inadeguata. Dei gravi errori compiuti, pertanto, è la politica che ne dovrà rispondere, primi fra tutti Giuseppe Conte e Roberto Speranza». «La verità - ha aggiunto Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia e componente della commissione Covid - è che ogni iniziativa fu presa in maniera improvvisata e tardiva all’interno di uno scenario alquanto confuso. Tutto ciò è di una gravità inaudita e il governo di allora dovrà politicamente rispondere agli italiani di questa gestione raffazzonata e dilettantesca».