Emmanuel Macron, anche in funzione elettorale, rilancia sulle centrali, il cui parco impianti è vetusto. Si vorrebbe pure recuperare il ritardo su Usa e Cina. E Berlino otterrebbe la possibilità di sfruttare il Nord Stream 2.
Emmanuel Macron, anche in funzione elettorale, rilancia sulle centrali, il cui parco impianti è vetusto. Si vorrebbe pure recuperare il ritardo su Usa e Cina. E Berlino otterrebbe la possibilità di sfruttare il Nord Stream 2.Lo scorso 9 novembre Emmanuel Macron, con un discorso trasmesso in televisione, ha rilanciato gli investimenti francesi nell'energia nucleare. L'annuncio fa seguito a quanto già anticipato dallo stesso Presidente un mese fa in merito al piano di investimenti France 2030. Ma l'enfasi posta nel discorso dell'altra sera lascia intendere che dagli annunci si stia passando ai fatti.I clamorosi rincari dell'energia degli ultimi mesi hanno mostrato, anche in Francia, quanto sia vulnerabile l'Europa dal punto di vista dell'autosufficienza energetica e quanto politicamente difficile sarà la transizione verso il 100% di fonti rinnovabili. In virtù di un obiettivo aleatorio e non così trascinante (contenere l'innalzamento della temperatura terrestre entro 1,5 gradi da qui al 2050), cittadini e imprese al momento non vedono altro che costi alle stelle e sacrifici. Le risposte dell'Unione europea sul tema degli alti prezzi dell'energia sono state parziali e non sono andate al di là di qualche balbettio su ipotetiche soluzioni future.Oltre alla situazione di alti prezzi dell'energia, l'approccio decisionista di Macron si spiega anche in virtù di altri due elementi. Da una parte l'imminenza delle elezioni presidenziali: la mossa del presidente francese, che non ha di fatto avversari a sinistra, rappresenta politicamente una vera e propria invasione di campo a destra. Sia Marine Le Pen che Eric Zemmour, candidati all'Eliseo alle elezioni del prossimo aprile, hanno più volte criticato le politiche ambientali del presidente in carica e sono scettici nei confronti del green deal europeo. Ma il rilancio del nucleare da parte di Macron spiazza i due avversari, almeno su questo tema, e allo stesso tempo rappresenta il tentativo di rianimare la percentuale di gradimento dell'attuale presidente, da un anno e mezzo inchiodata attorno al 40% Dall'altra parte vi è l'obsolescenza del parco impianti nucleari francese. In termini di potenza disponibile, circa l'88% dei reattori francesi (54.070 MW su 61.370 in esercizio, ovvero 50 reattori su 55) ha 30 anni o più. Di questi, un terzo ne ha 40 o più (17.180 MW su 54.070, ovvero 19 reattori su 50). L'età avanzata degli impianti di produzione elettrica è una caratteristica comune in Occidente e, assieme alla necessità di rinnovamento della filiera tedesca dell'automobile, rappresenta la motivazione industriale del green deal europeo. Secondo i dati Iea, in Europa ci sono oltre 140.000 MW di potenza installata che hanno più di 30 anni di età (38.000 MW ne hanno più di cinquanta). Essendosi sviluppata a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso, in accompagnamento alla straordinaria crescita economica del dopoguerra, l'industria elettrica si trova oggi alle prese con la fine dei cicli di vita degli impianti. Una centrale a carbone ha una vita utile di 45 anni, una nucleare di 40-45, una a gas di 30-35. Sono necessari dunque investimenti molto significativi, anche per sostenere la progressiva elettrificazione dei consumi. Da mesi si discute sulle regole di attuazione della finanza sostenibile dell'Ue, la cosiddetta tassonomia, che introduce alcuni criteri che le aziende devono rispettare nei propri investimenti perché questi ottengano lo status di sostenibilità. Questo regolamento è molto importante perché può indirizzare centinaia di miliardi di euro di investimenti privati e pubblici su aziende e progetti che ottengano la qualifica di sostenibilità. Come è facilmente intuibile, la discussione è soprattutto tra Francia e Germania, la prima sponsor del nucleare, la seconda del gas. Nei giorni scorsi si è registrata la forte presa di posizione della Germania e altri quattro paesi dell'Ue (Austria, Danimarca, Lussemburgo e Portogallo), che in sede di Cop26 si sono espressi in maniera nettamente contraria rispetto a qualsiasi ipotesi di ripresa dell'espansione dell'energia nucleare in Europa. Lo scontro tra la visione francese e quella tedesca è più radicale di quello che può apparire. La Francia è culturalmente assai meno devota della Germania al totem dell'ordoliberismo, cioè il liberalismo economico regolato che molti hanno ribattezzato «economia sociale di mercato» per renderlo digeribile. Ai governanti francesi, storicamente, interessa molto di più l'autonomia e la sovranità nazionale, che in un quadro di Unione non può che diventare sovranità europea. Mentre l'ordoliberismo tedesco vive ossessivamente di regole e le pretende per ogni aspetto del vivere sociale (salvo poi infrangerle quando gli conviene), la Francia ha un atteggiamento più pragmatico e meno dottrinario. Nel rilancio del nucleare francese vi è poi anche una spinta a recuperare il ritardo strategico accumulato dall'Unione europea rispetto ai blocchi economico-militari oggi dominanti, Usa e Cina.Il nuovo governo tedesco intenderebbe accelerare l'uscita completa dal carbone al 2030. Questo significa che per la Germania è assolutamente indispensabile poter usufruire del gas come fonte di energia «sostenibile» fino a che non sarà completato tutto il ciclo di investimenti che porti al 100% di energia verde (scadenza al momento assai indeterminata).Circola da qualche giorno a Bruxelles una proposta sulla tassonomia nella quale l'energia nucleare verrebbe considerata verde a tutti gli effetti, mentre il gas sarebbe classificato come fonte di energia di «transizione». Questa è una categoria intermedia, che raggrupperebbe tutte quelle fonti considerate necessarie temporaneamente e dunque, a certe condizioni, valide ai fini del marchio di sostenibilità. L'europarlamentare francese Pascal Camfin propone invece di considerare entrambe le fonti come «transizione», stabilendo che i nuovi impianti a gas possano essere inclusi nella tassonomia solo qualora vadano a sostituire impianti a carbone, con emissioni sotto i 340 gCO2/kWh e solo fino al 2030. Nonostante la riottosità tedesca, questa potrebbe essere una formula di compromesso accettabile per entrambi: la Francia si assicurerebbe la benedizione del rinnovo del parco nucleare, mentre la Germania incasserebbe la possibilità di sfruttare il nuovo gasdotto Nord Stream 2 per sviluppare impianti a gas, ottenendo che, almeno formalmente, il nucleare non sia considerata una fonte green. A quel punto, resterebbe solo da spiegare la cosa agli ambientalisti.
(IStock)
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