2024-10-21
Spano perde la querela con «Le Iene»
Dopo i servizi sui circoli hard finanziati con soldi pubblici, il neonominato capo di gabinetto di Giuli sporse denuncia. Il giudice lo sbugiarda: «I fatti erano veri».Incurante delle critiche, la settimana scorsa il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha nominato Francesco Spano come suo nuovo capo di gabinetto. L’origine delle polemiche che hanno accompagnato questa decisione è ormai nota: nel 2017 Spano è stato costretto a dimettersi da direttore generale dell’Unar (l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) perché un servizio delle Iene scoprì che l’ente da lui diretto aveva assegnato 55.000 euro di soldi pubblici a una rete di circoli Lgbt (l’Anddos, Associazione nazionale contro le discriminazioni da orientamento sessuale) in cui si tenevano serate a base di sesso, talvolta anche a pagamento. La Corte dei Conti alla fine stabilì che i bandi fossero stati condotti in maniera regolare e non rilevò alcun illecito, nonostante il neonominato capo di gabinetto avesse - a sua insaputa, ha dichiarato - la tessera dell’Anddos. Tanto è bastato ad Alessandro Giuli, che ha già lavorato con Spano al Maxxi e lo considera un suo uomo di fiducia. Tuttavia, è bene ricordare che, dopo il servizio delle Iene e le sue dimissioni dalla direzione dell’Unar, la presidenza del Consiglio intervenne per bloccare il finanziamento alla suddetta associazione, e che quest’ultima poi cambiò il suo nome in Arco (Associazione ricreativa circoli omosessuali) promettendo «cambiamenti profondi» per riabilitarsi. Giorgia Meloni a quel tempo arrivò a chiedere la chiusura dello stesso Unar.La settimana scorsa l’autore di quel servizio, Filippo Roma, ha ripercorso la vicenda intervenendo su Radio Cusano Campus. «Quello che tirammo fuori all’epoca ci lasciò veramente esterrefatti. È vero che l’avvocato Spano non ha subito condanne, ma nemmeno si rivelò all’altezza del suo compito», spiega il giornalista. «Non fu in grado di controllare quello che accadeva in questi famosi circoli Anddos, che ufficialmente avrebbero dovuto svolgere attività di contrasto all’omofobia - come centri di ascolto, promozione culturale -, ma al cui interno c’era tutto tranne che questo. Scoprimmo un mondo di Sodoma e Gomorra: glory hole, dark room, orge». «Addirittura in tre circoli», continua dopo, «scoprimmo che si svolgevano attività di prostituzione, cioè c’erano dei massaggiatori che lavoravano a pagamento - in alcuni casi per 70 euro, in altri 50 - e facevano quello che potremo definire un massaggio completo». La vita sessuale di ciascuno naturalmente rimane un fatto privato, ma il problema qui erano i 55.000 euro di soldi pubblici destinati a un’associazione accusata di favoreggiamento della prostituzione. L’allora presidente dell’Unar si dichiarò all’oscuro di tutte queste attività, anche se soltanto in un secondo momento ammise di avere senza saperlo la tessera dell’Anddos. «Un dirigente pubblico che non è riuscito a scoprire cose del genere è all’altezza del compito che si appresta a rivolgere?», si domanda dunque Filippo Roma nel suo intervento.Dopo l’assoluzione della Corte dei Conti, però, Francesco Spano decise di querelare per diffamazione gli autori del servizio delle Iene che lo portò alle dimissioni. Ebbene, circa due mesi fa un giudice del tribunale di Grosseto ha rigettato integralmente le richieste del querelante, obbligando quest’ultimo al risarcimento delle spese processuali degli imputati (circa 30.000 euro), tra cui risulta l’autore del servizio del 2017, Filippo Roma. La vicenda è stata ripercorsa ieri sera in un nuovo servizio andato in onda sul programma Le Iene (Italia Uno) a firma dello stesso Roma e di Marco Occhipinti. La Verità ha potuto consultare la sentenza, e in essa il giudice afferma che «le notizie narrate nel servizio sono, nella sostanza, vere». È dunque risultato vero che tra le associazioni iscritte al registro dell’Unar ci fosse l’Anddos e che all’interno di quest’ultima, all’epoca dei fatti, ci fossero circoli in cui venivano «praticate attività illecite». «Segnatamente episodi di sesso, sia libero che a pagamento», si legge nella sentenza, «chiaramente rappresentati nei numerosi stralci dei filmati riportati nel servizio».Altrettanto vera è risultata la notizia secondo cui Spano fosse ai tempi socio di Anddos. Su questo, il giudice aggiunge che «il fatto che l’attore non fosse a conoscenza di tale iscrizione, non è sicuramente desumibile dall’esame del documento richiamato dall’attore». Pertanto, il magistrato non riscontra alcun illecito nell’ipotesi di un possibile conflitto di interessi lanciata dal giornalista. Ma se i fatti riportati dalle Iene erano veri, la domanda con cui Roma e Occhipinti concludono il nuovo servizio di ieri sera pare legittima: «Su Spano s’è sbagliata la Meloni a suo tempo o ha preso un abbaglio Giuli oggi?».
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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