Seconda puntata dell’elenco delle pellicole italiane sostenute da Pantalone: l’artista che critica il governo Meloni è protagonista di un’opera costata ai contribuenti 709.000 euro ma che ne ha racimolati solo 21.800. Poi ci sono Michele Placido, Ginevra Elkann, Pietro Castellitto...La prima puntata è stata un successo: The flop, la« serie horror» di dieci episodi che La Verità ha iniziato ieri pubblicando i primi 100 (di 1.000) film prodotti in Italia dal 2018 al 2024 e finanziati (anche generosamente) con fondi pubblici ha fatto, come si suol dire, il botto. Le puntate di questa ipotetica fiction degli orrori (economici), che poi è drammaticamente reale, sono dieci e oggi va «in onda», nella pagina qui accanto, la seconda.Ieri avevamo iniziato con le produzioni partite un nel 2018, oggi proseguiamo con quelle che hanno avuto avvio nel 2019 e nel 2020 e che scontano, quindi, gli effetti nefasti della pandemia da Covid e dei lockdown. Siamo in piena zona rossa, dunque, un termine che ci rimanda ai dpcm di contiana memoria e alla cesura che si è avuta in quella primavera di cinque anni fa: lo stare a casa ha cambiato radicalmente le abitudini e il modo di fruire di un servizio di intrattenimento come quello rappresentato da un film: le sale sono rimaste vuote, si è imposto lo streaming. La domanda, a questo punto, è lecita: Se cambia il mondo, le modalità di accesso alla mangiatoia ministeriale per le pellicole devono rimanere le stesse dei bei tempi andati? Spaccapietre è un film drammatico del 2020, diretto da Gianluca e Massimiliano De Serio. Girato in cinque settimane in Puglia, ha visto costi di produzione pari a 1.8 milioni di euro, 839.000 dei quali coperti da denaro pubblico. L’incasso? Di poco superiore ai 21.000 euro. E buonanotte è un film la cui produzione è iniziata nel 2020 e ha visto la distribuzione nelle sale cinematografiche il 21 aprile 2022, quindi a pandemia finita. Diretto da Massimo Cappelli, ha ricevuto quasi 1,2 milioni di finanziamenti statali che hanno coperto oltre la metà dei costi totali di realizzazione. In coda per andare a vederlo, però, non si sono messi in molti: i biglietti staccati hanno racimolato appena 2.671 euro. Con una media di 10 euro a ticket, significa che sono andati a vederlo poco più di 250 persone. Praticamente la popolazione di un, comunque ampio, condominio. Un figlio di nome Erasmus è un film che ha avuto, oggettivamente, una genesi molto travagliata. La sua uscita nelle sale era prevista per il 12 aprile 2020, slittata poi per il Covid a luglio dello stesso anno. In mezzo, era stato reso disponibile in pay per view su varie piattaforme per quattro settimane. Il cast annovera Ricky Memphis, Paolo Kessisoglu e Luca Bizzarri. Gli ultimi due gestiscono la linea satirica di Di Martedì, il talk di Giovanni Floris, e Bizzarri è diventato famoso come uno dei più «autorevoli» artisti italiani antigovernativi, con prese di posizione pubbliche soprattutto sui social contro il governo Meloni (ma anche contro l’inadeguatezza della sinistra). Il film, girato tra Roma e il Portogallo, è costato quasi 4 milioni di euro, 709.000 dei quali arrivati da Pantalone. Il box office, però, piange: 21.881 euro di incassi. Qui al cinema ci è andato, addirittura, un intero paesotto. A Bizzarri va dato atto che sbertuccia a destra e a manca le stesse persone che poi, alla fine della fiera, gli permettono di lavorare. Non è da tutti. La realizzazione del film di Michele Placido, L’ombra di Caravaggio, ha richiesto oltre 12 milioni di euro, 5 dei quali coperti da aiuti statali. Presentato in pompa magna alla Festa del cinema di Roma nel 2022 (la produzione è iniziata due anni prima), è arrivato nelle sale il 3 novembre dello stesso anno. A vedere le gesta disperate di Michelangelo Merisi, interpretato da Riccardo Scamarcio (nel cast ci sono anche Isabelle Huppert, lo stesso Placido, Micaela Ramazzotti, Lorenzo Lavia, Moni Ovadia e Alessandro Haber, ci sono andati tanti spettatori, ma non abbastanza per coprire le spese: solo 2 i milioni raccolti tra il pubblico.Pubblico che ha evidentemente schivato anche l’opera prima di Ginevra Elkann (sorella minori dei più famosi John e Lapo), Magari. Costato 2,6 milioni di euro, finanziato dalle casse pubbliche per quasi 1,1 milioni, ha staccato ticket per 12.000 euro. Altri due figli d’arte hanno usufruito di papa-Stato: I predatori è una pellicola diretta, sceneggiata e interpretata da Pietro Castellitto (figlio di Sergio). Distribuita nelle sale italiane a partire dal 22 ottobre 2020, è arrivata poi sulle piattaforme streaming l’11 dicembre. Costata 2.1 milioni di euro, metà dei quali coperti dai contribuenti, ha incassato la bellezza di 191.000 euro. Il ragazzo e la tigre è un film con regista Brando Quilici, figlio di Folco. Costato 4 milioni di euro, ha ricevuto ben 1,8 milioni di soldi pubblici. Il box office ha ripagato tanta generosità con 672.000. Rispetto agli altri, un successone.Per fortuna ci sono anche esempi virtuosi. Tolo Tolo è un film del 2020, scritto (insieme a Paolo Virzì), diretto e interpretato da Checco Zalone, al suo debutto alla regia. Uscito nelle sale italiane l’1 gennaio 2020, c’è rimasto fino al 10 marzo, ultimo giorno di apertura dei cinema. A fronte dei quasi 3 milioni di euro pubblici affidati alla produzione (con costi che hanno abbondantemente superato i 21 milioni), il film ha complessivamente incassato 46 milioni di euro.Domani c’è la terza puntata. Preparate i pop-corn.
Marco Risi (Getty Images)
Il regista figlio d’arte: «Il babbo restò perplesso dal mio primo film, poi grazie a “Mery per sempre” iniziò a prendermi sul serio. Mi considerano quello “impegnato”, però a me piaceva anche girare commedie».
Nel riquadro, la stilista Giuliana Cella
La designer Giuliana Cella: «Ho vissuto in diversi Paesi, assimilandone la cultura. I gioielli? Sono una passione che ho fin da bambina».
Eugenia Roccella (Imagoeconomica)
Il ministro della Famiglia Eugenia Roccella: «Il rapporto delle Nazioni unite sulla surrogata conferma che si tratta di una violenza contro le donne e che va combattuta ovunque. Proprio come ha deciso di fare il governo, punendo i connazionali che ne fanno ricorso all’estero».