2019-04-27
Sottosegretari via col voto del Cdm
Per rimuoverli c'è una procedura: se il presidente propone la revoca, il Consiglio deve esprimersi a maggioranza. C'è il precedente di Vittorio Sgarbi, allontanato dal Cav nel 2002.«Guarderò Armando Siri negli occhi e poi deciderò»: il momento del grande incontro si avvicina, e il premier Giuseppe Conte, come promesso, sta mettendo a fuoco lo sguardo che non perdona. Lunedì prossimo, al rientro dalla Cina, Conte chiamerà Siri a Palazzo Chigi e dopo averlo guardato negli occhi gli chiederà di dimettersi da sottosegretario. Siri, salvo imprevisti dell'ultimo minuto (ovvero salvo che Matteo Salvini gli dica di lasciare), risponderà: «No presidente, la mia coscienza è tranquilla». A quel punto, cosa accadrà? Lo abbiamo chiesto a Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd. Come si revoca l'incarico a un sottosegretario? «Si riunisce il Consiglio dei ministri», spiega Ceccanti, «e il presidente del Consiglio propone la revoca, d'intesa con il ministro coadiuvato. Se c'è dissenso si vota. Se c'è questa delibera, il presidente della Repubblica fa il decreto di revoca, come atto dovuto della decisione del governo. È l'articolo 10 comma 1, della legge 400 del 1988, che prevede questa procedura per la nomina, e si intende pacificamente utilizzabile anche per la revoca». Dunque, se si andasse allo scontro, sarebbe il Consiglio dei ministri a decidere sulla permanenza del sottosegretario ai Trasporti, Armando Siri, al governo. Il premier Conte, d'intesa con il ministro ai Trasporti, Danilo Toninelli (che ha già ritirato le deleghe a Siri) proporrebbero la revoca del leghista. Nel caso non ci fosse unanimità, si andrebbe alla conta. I ministri del M5s, oltre al premier Conte, sono 9: il vicepremier Luigi Di Maio, Alfonso Bonafede alla Giustizia, Riccardo Fraccaro ai rapporti con il Parlamento, Barbara Lezzi al Sud, Elisabetta Trenta alla Difesa, Danilo Toninelli alle Infrastrutture, Alberto Bonisoli ai Beni culturali e al turismo, Giulia Grillo alla Salute e Sergio Costa all'Ambiente. Sei i ministri della Lega: il vicepremier Salvini, Giulia Bongiorno alla Pubblica amministrazione, Erika Stefani agli Affari regionali, Lorenzo Fontana a Famiglia e disabilità, Gian Marco Centinaio alle Politiche agricole, Marco Bussetti all'Istruzione. Leghista anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. I due «tecnici» sono Giovanni Tria all'Economia e Enzo Moavero Milanesi agli Esteri. L'unico precedente di un sottosegretario «licenziato» dal Cdm risale al giugno 2002, quando Vittorio Sgarbi, sottosegretario ai Beni culturali del governo guidato da Silvio Berlusconi, entrò in rotta di collisione con il suo ministro, Giuliano Urbani, sull'ipotesi di mettere in vendita beni del demanio anche di interesse culturale. Urbani, come ha fatto Toninelli con Siri, ritirò le deleghe a Sgarbi, che continuò a rifiutare di dimettersi. Il Consiglio dei ministri, appositamente convocato, votò all'unanimità la revoca dell'incarico di sottosegretario a Sgarbi.