2023-03-18
Sopra la vecchia guerra di trincea si gioca la partita decisiva dei droni
Un’unità ucraina si avvicina al fronte quand’è buio. E fa volare un dispositivo a rilevazione termica per spiare il nemico. I russi però lo intercettano con un fucile laser: non resta che fuggire prima di diventare un bersaglio.niccolò celestidal fronte Nord di Bakhmut Verso le nove di sera un’unità composta da due soldati bussa alla porta fatta di assi di legno e lamiere. Solo una luce fievole all’interno della casa illumina i loro visi quando questa viene aperta. Entrano, ne riconosciamo uno, siamo entrati con lui a Bucha il 3 aprile scorso, il giorno in cui scoprimmo gli orrori commessi dall’esercito russo. Ci riconosce, il tempo dei saluti e il comandante Baranov dà gli ordini: «Stanotte aspettiamo un attacco, dovrete essere i nostri occhi su queste coordinate...».Da una stanzetta a lato esce «matematico», il suo nome di battaglia è questo perché faceva il professore di matematica all’università di Kiev prima di trovarsi come ufficiale di collegamento nel fango delle prime linee del fronte Nord di Bakhmut, nelle campagne fuori dalla città. Tira fuori da una valigetta nera di plastica rigida un drone arancione, che non avevamo mai visto, tra i tanti modelli usati in questa guerra, poi uno zaino con delle attrezzature e le porge ai due soldati, che le sistemano nelle tasche tecniche attaccate alle cinture e ai giubbotti anti proiettile. Non si cammina sul fronte con le valigette in mano, tutto deve essere attaccato al corpo, le mani devono essere libere per imbracciare il fucile.«Un minuto e fuori», fa cenno l’ufficiale. Il tempo di bere, infilarsi scarponi, controllare le coordinate. «Matematico» accende la luce rossa che ha sul casco, la luce notturna che si vede solo da vicino, non intercettatile dai droni russi. Unica fonte di luce fievolissima con cui precede il gruppo uscendo di casa, ci ritroviamo nel cortile. È buio pesto, è cosi buio che si vedono una miriade di stelle, un cielo limpido e pieno di pallini illuminati, compresa la Via lattea. razzi come stelle cadentiSi parte a piedi verso le trincee della prima linea. Si sentono in lontananza le raffiche di mitragliatrici. Quelle in uscita e la risposta dei russi. Si distinguono grazie al volume con cui le percepiamo: più forti quelle ucraine, a cui siamo più vicini; un poco più deboli quelle dei russi, più in là di qualche centinaio di metri. In cielo intanto si vedono passare i missili, illuminati da un bagliore di luce calda, come stelle cadenti, ma parallele al terreno. Li vediamo scomparire dietro alla collinetta davanti a noi. Se ne vede il bagliore bianco dell’impatto e poi il suono, essendo questo più lento della luce. I ragazzi parlano del più e del meno: problemi di connessione quando chiamano le proprie mogli a Kiev, l’ultimo video di Alina Pash (famosa cantante ucraina) che hanno visto su Tik Tok, e non cambiano discorso neanche quando ci avvinciamo di molto alle trincee. Ora il suono delle mitragliatrici si sente forte, molto forte e molto vicino. Verso le ultime case prima della linea zero deviamo a destra, verso un campo. C’è lo scantinato dell’ultima casa di contadini che coltivavano queste terre. Scendiamo dentro, dove troviamo un cane che ha trovato riparo lì per la notte. Intanto fuori si sente il sibilo dei missili che esplodono in aria, rilasciando centinaia di piccoli ordigni che si spargono sulle linee. Sono le famose bombe a grappolo, che però non esplodono su di noi, ma sulle postazioni, 300-400 metri più avanti. Vladimir e Sergey iniziano il montaggio delle apparecchiature, sempre sotto la supervisione e l’illuminazione predisposta da «matematico», che qui sotto terra - dove non ci possono vedere - ha cambiato il colore della luce in bianca.si passa all’azioneDopo pochi minuti sono pronti, la luce ripassa sul colore rosso e usciamo per portarci verso l’interno del campo, in spazio aperto, perché l’antenna posizionata su un cavalletto - di quelli di plastica, da macchine fotografiche per amatori - possa mandare un segnale chiaro in diretta alla casa da dove proveniamo e dove il comandante aspetta. «Sarebbe troppo bello stare dentro riparati a manovrare il drone», esclamano i ragazzi.Il drone è un drone termico, vede il colore del corpo umano, dei fucili caldi per gli spari, dei motori dei carri armati, con un segnale bianco sulle aree calde e nero su quelle fredde. Decolla, l’operatore porta prima il drone in posizioni di confusione per i radar nemici e poi si dirige verso l’area da controllare, passa sulle postazioni dei compagni, le supera e inizia il pattugliamento dall’alto della zona. L’altro operatore controlla segnali radio e resta pronto a inviare le coordinate di un eventuale obiettivo, mentre «matematico» continua la sua supervisione e chiacchiera ancora del più e del meno. Intanto, sopra di noi, le scie luminose dei missili che passano e il rumore delle mitragliatrici rende questo paesaggio pieno di stelle cosi surreale, che il tempo sembra quasi non passare. La cadenza del tempo ce la dà solo il risultato di ciò che vediamo, probabilmente una struttura. «C’è del caldo lì», forse un animale, «è fermo però, credo sia l’impatto di un missile sul terreno, vediamo se fra poco il caldo si dissolve». Parlano fitto fitto e ora l’argomento è soltanto la missione. Ognuno cerca di interpretare quelle tracce mettendo le proprie conoscenze a disposizione degli altri. Il drone continua la sua corsa sopra il territorio nemico, fino a quando Sergey esclama: «No, no, no... ho perso il controllo sta andando giù!». E Vladimir: «Fallo tornare subito, premi l’emergenza!».Sullo schermo vediamo chiaramente la telecamera del drone che cambia percorso: è in mani nemiche, lo stanno controllando con uno Jammer, un fucile laser che si punta sul drone e che riesce a captarne il segnale. Lo vediamo che atterra in un campo: è perso. Bisogna subito cercare di cancellare la traccia da cui è partito e togliersi il più velocemente possibile, perché i russi cercheranno di ricostruire la traiettoria, come fanno con i colpi di mortaio e d’artiglieria, per poi sparare nell’area individuata.Ora si corre, un’altra volta giù in quello scantinato per ricomporre il resto dell’attrezzatura e poi veloci fino alla base, con ciò che avanza dell’equipaggiamento.rabbia e frustrazione«Ne abbiamo solo un altro, non possiamo certo perdere anche quello stanotte. Costano 10.000 euro l’uno e ci sono stati regalati da un’associazione di volontari polacchi. D’altronde non ce modo di sapere in quali punti dispongono di Jammer, dunque è sempre un rischio. Ormai sono diventati come i bicchieri di carta, usa e getta», esclama «matematico» con la voce tremante dalla rabbia. «Rimane il rammarico di non poter avere occhi sulla notte oggi. Speriamo che vada bene ai ragazzi in trincea e che ce la facciano da soli, con i lori binocoli notturni». Dovranno comunicare questo ai ragazzi nel buio e nel freddo delle trincee, i quali a loro volta saranno costretti a mettere le teste fuori per guardare, esponendosi così ai cecchini.